
La questione delle traduzioni e interpretazioni di Zecharia Sitchin dalle lingue sumera e accadica è sempre difficile da affrontare. Più volte nei miei articoli e nei miei libri mi sono trovato a scriverne perché finora, salvo un paio di casi in sospeso, sono riuscito a dimostrare che le sue traduzioni non erano inventate ma trovavano almeno un riscontro in documenti e/o lessici ufficiali della materia. L’ultima volta mi sono occupato della particella -KI nel termine Anunnaki, e stavolta voglio affrontare e chiarire una volta per tutte la spinosissima questione del termine DINGIR. Per farlo non possiamo prescindere il ricordare cosa scriveva lo stesso Sitchin nel suo “Il pianeta degli dei” nel 1976:
Diamo un’occhiata, infine, al segno pittografico che indicava gli “dèi” in lingua sumerica. La parola era composta da due sillabe: DIN.GIR. Abbiamo già visto che cosa significava il simbolo di GIR: un razzo pinnato a due comparti, DIN, la prima sillaba, significava “virtuoso”, “puro”, “luminoso”. Unite, dunque, le due sillabe DIN.GIR indicavano il concetto di “virtuosi degli oggetti luminosi, appuntiti”, o, più esplicitamente, “i puri dei razzi fiammeggianti”. Questo era il segno pittografico per din. Viene subito in mente un motore a reazione che sprigiona fiamme dalla parte posteriore, mentre quella anteriore è stranamente aperta. Proviamo ora a “scrivere” dingir combinando i due segni pittografici: scopriremo che la coda del gir pinnato si inserisce perfettamente nell’apertura frontale del din! (figure 84, 85). Ed ecco dunque lo sbalorditivo risultato: ci troviamo davanti a una vera navetta spaziale con razzo propulsore, munita di un modulo di atterraggio perfettamente agganciato.
Ed ecco qui le figure citate da Sitchin:

Ebbene qui non voglio assolutamente entrare in merito all’aspetto riguardante i “razzi fiammeggianti” ma fare un discorso prettamente linguistico e documentale. Mi preme farlo perché l’opinione diffusa riguardante questo termine e quanto Sitchin ha scritto in merito è che le asserzioni dell’autore azero siano pura invenzione. Da dove viene questa convinzione? Se prendete un qualsiasi lessico di lingua sumera o accadica trovate che DINGIR era scritto con un altro simbolo, che si leggeva foneticamente AN, di cui riporto qui sotto l’evoluzione:

I due segni sono completamente diversi, ma a parte il discorso della somiglianza (si tratta chiaramente di segni non confondibili) il punto focale è: il termine DINGIR era scritto / letto solo come termine intero o aveva una resa sillabica che ne giustifica la scrittura usata da Sitchin, e cioè DIN.GIR? In effetti il problema del termine Dingir verte su tre punti distinti:
- I glifi riportati da Sitchin esistono? Hanno quel significato?
- I glifi riportati da Sitchin, se esistenti, sono collegati al termine Dingir?
- Il termine Dingir poteva essere scritto con resa sillabica o era solo una lettura di un unico e singolo glifo?
Per comodità di trattazione inizierò la mia analisi dal terzo punto. Sulla questione interviene l’ amico e studioso Biagio Russo, uno dei più rigorosi e precisi studiosi che abbia avuto il piacere di conoscere. Russo per indagare sulla questione ha contattato un emerito professore di assirologia, il prof. Claudio Saporetti, il quale ha definito la scrittura sillabica DIN.GIR come un “errore grave”. Effettivamente, quando scrissi il mio articolo relativo a questo termine (“Analisi del termine DINGIR”), cercai materiale relativo alla questione per ben otto mesi, e non riuscii mai a trovare nessun riferimento alla scrittura sillabica. Ma notando la somiglianza dei glifi riportati da Sitchin con i simboli di DI(N) + GIR trovati in una delle liste di segni in mio possesso (pur stilizzati) mi convinsi che Sitchin aveva probabilmente invertito i valori sillabici dei due glifi ma che il suo discorso era più che corretto. In quell’occasione però non condussi un analisi linguistica ma mi limitai a notare la curiosa somiglianza dei due glifi nella versione che aveva nella mia lista di segni con il reperto della tomba di Hui che, secondo Sitchin mostra un ‘razzo’. Supposi fosse anche per questa somiglianza che Sitchin mentalmente collegò il termine ai ‘razzi fiammeggianti’, ma mi ripromisi di ritornare sull’argomento. E dunque colgo l’ occasione di questo articolo per mantenere la promessa. Lo scrittore Gaston Maspero a fine del XIX secolo pubblico una monumentale opera in 12 volumi, intitolata “Storia d’ Egitto, Chaldea, Siria, Babilonia e Assiria”, che racchiudeva il frutto delle sue esplorazioni e delle sue ricerche condotte sia sul campo che nelle biblioteche; quest’opera fu edita niente po’ po’ di meno che dal prof. Archibald Henry Sayce, eminente pioniere dell’assirologia linguistica, docente all’Università di Oxford, paradossalmente ricordato più per i suoi studi sulla civiltà e linguistica ittita che per i suoi contributi all’assirologia. Nel 3° volume, parte C, del suo libro, Maspero riporta una tavoletta bilingue molto curiosa, dove troviamo (per ben 2 volte, il termine DINGIR in resa sillabica, non di due, ma di 3 segni:

Abbiamo dunque stabilito che Dingir si poteva scrivere in maniera sillabica; rimane la questione: 2 o 3 sillabe? La domanda trova una probabile risposta solo tenendo conto del fatto che la lingua assira era sillabica e di due delle proprietà di scrittura di tale lingua a cui appartengono i glifi della tavola sopra mostrata. La prima proprietà è che i segni potevano essere scritti in fila (come nell’esempio sopra) o essere ‘uniti’ per formare nuovi segni che potevano avere una lettura derivata e/o una completamente nuova. A titolo di esempio riporto alcuni segni dalla lista di segni standardizzata nel 2006 dall’ICE (Initiative for Cuneiform Encoding) l’ ente che si è occupato della produzione e dell’aggiornamento in formato elettronico dei più completi cataloghi di segni cuneiformi neoassiri, elenchi che sono il riferimento per le opere elettroniche contenenti caratteri di questo periodo storico-linguistico.

Nella riga 20 abbiamo il segno denominato ITI definito come UDxESH, mentre nella riga 21 abbiamo una sua variante chiamata ITI2 (scritto con la prima I accentata) definita come ITIxBAD. In ultima colonna, quella che mostra quali segni sono stati utilizzati per creare le due versioni di ITI, abbiamo che ESH è definito U+U+U per la riga 20, questo perché, alla riga 711, ESH è definito come “3 volte il segno U”

Questo modo di unire i segni, come detto, produceva omofoni (come nel caso di ITI e ITI2) con diversi segni e nome completamente diverso dai due segni che li compongono, ma anche segni con nome proprio che conservavano i due (o più) segni dei nomi che li componevano, come nell’esempio seguente:

nel quale i segni di MASH e di U sono uniti per formare GIDIM2 con resa sillabica MASH2.U. Verifichiamo cosa succede nel caso di DIN, DI e IN:

Possiamo vedere che DI e IN corrispondono alla resa grafica della tavola di Maspero.

DIN invece è parecchio diverso dall’ unione dei due singoli segni, anche se presenta la ‘punta’ e il cuneo verticale di DI sommati al lungo cuneo orizzontale di IN. Come dipanare la matassa? Ci viene in aiuto la seconda proprietà di cui tenere conto: alcuni segni erano tra di loro intercambiabili, pur se scritti e letti diversamente. Per esempio DE2 (chiamato generalmente SIMUG) era intercambiabile nelle liste e negli scritti con DU3 (GAG/KAK) nonostante questi simboli fossero completamente diversi:

Questo perché è assodato che DE2 era una forma dialettale di DU3/KAK. Possiamo dunque ipotizzare che intercambiabilità simili intervenissero anche nel caso di DIN o dei due DI e IN? Per cercare di rispondere dobbiamo ora affrontare i primi due punti della discussione: l’ esistenza o meno dei due segni riportati da Sitchin e il loro significato. A confermare la tesi di Sitchin ci pensa il “Material for a sumerian lexicon with full syllabary and cuneiform signs” di John Prince, autorevole etimologo e linguista di fine XIX secolo. A pagina 73 e 74 del suo libro egli riporta:

>Riporta cioè come DE2 il segno che secondo Sitchin sarebbe DIN, specificando che esso sarebbe una forma dialettale di DU2 e DU3, e connesso a DI, DIM, DU, SI, SIMUG e UMUN. Secondo Prince questo segno ha i molteplici significati di ‘emettere bagliore’, ‘splendere’, ‘essere luminoso’. Alla pagina sucessiva Prince riporta le varie occorrenze di DI nelle sue varie forme, quella grafica corrispondente a DE2 e quella omofona con segno diverso:

Questa ultima versione corrisponde graficamente al DI della tavola di Maspero, e di questa Prince ci dice che significa “giudizio – giudice” e che il segno sembra indicare “dirigersi, essere corretto” da cui il concetto di “giudice – giudicare”. Il libro di Prince non contiene una voce per DIN, ma contiene una voce per GI.IR che conferma il simbolo che Sitchin riporta per GIR:

Il simbolo originale aveva il significato di “irrompere” da cui derivano “illuminare, illuminante” con un paragone con i fulmini. Questo simbolo indicato da Prince sillabicamente GI.IR nei cataloghi attuali è reso come una unica sillaba GIR2 ed è esattamente quello indicato come GIR nella tavola di Maspero:

ma sappiamo che nella notazione utilizzata attualmente GIR2 è indicato come: NGIR2 (es: “Sumerian Lexicon” di J.Halloran).

Ecco secondo me da dove viene la N di DI+IN+GIR, che più correttamente andrebbe scritto DE2.NGIR2 o DU3.NGIR2.La tavola di Maspero dunque risulta essere la resa sillabica del termine DE2.NGIR2 (DU3.NGIR2) espressa tramite i 3 segni delle sillabe che lo compongono. A titolo di conferma della identificazione di GIR2 come GI.IR e quindi dell’equivalenza della forma sillabica con quella classica (entrambi sono tradotti come ‘dio’) riporto quanto presente nel libro dello stesso Prince per la voce DINGIR:

Dunque, con buona pace di molte persone:
- i simboli che Sitchin ha riportato nel suo libro esistono e sono rintracciabili almeno su un lessico ufficiale
- resta da stabilire con certezza se DE2/DU3 possa essere un cognato o sostitutivo di DIN
- esistono almeno 2 esempi di scritta sillabica di DINGIR
- la notazione attuale DINGIR sarebbe più corretta come DE2.NGIR2 e corrisponde alla resa sillabica DI.IN.GIR
- DI.IN.GIR scritto con i 3 segni distinti nella tavola di Maspero corrisponde esattamente alla resa sillabica del termine DE2.NGIR2 / DINGIR
Pur con tutte le verifiche del caso sul punto 2, secondo me l’analisi di Sitchin esce a testa alta anche da questa prova.
Articolo di Alessandro Demontis