
L’Arca dell’Alleanza (in ebraico ארון הברית, ʾĀrôn habbərît, pronuncia moderna /aˌʀon habˈʀit/), secondo la Bibbia, era una cassa di legno rivestita d’oro e riccamente decorata, la cui costruzione fu ordinata da Dio a Mosè, e che costituiva il segno visibile della presenza di Dio in mezzo al suo popolo. L’Arca è descritta dettagliatamente nel libro dell’Esodo (25, 10-21; 37, 1-9): era una cassa di legno di acacia rivestita d’oro all’interno e all’esterno, di forma parallelepipeda, con un coperchio (propiziatorio) d’oro puro sul quale erano collocate due statue di cherubini anch’esse d’oro, con le ali spiegate (cherubini di tradizione ebraica, diversi da quelli di tradizione cristiana). Le dimensioni erano di due cubiti e mezzo di lunghezza, un cubito e mezzo di larghezza e altezza, ovvero circa 110×66×66 cm. Ai lati erano fissate con quattro anelli d’oro due stanghe di legno dorato, per le quali l’arca veniva sollevata quando la si trasportava. All’interno della cassa erano conservati un vaso d’oro contenente la manna, la verga di Aronne che era fiorita e le Tavole della Legge. (Ebrei 9:4;). Tuttavia, al momento dell’inaugurazione del Tempio di Salomone non conteneva altro che le Tavole della Legge (Deuteronomio 10, 1-5; 1 Re 8, 9; 2 Cronache 5, 2-10).
Il compito di trasportare l’arca era riservato ai leviti: a chiunque altro era vietato toccarla. Quando Davide fece trasportare l’arca a Gerusalemme, durante il viaggio un uomo di nome Uzzà vi si appoggiò per sostenerla, ma cadde morto sul posto (2 Samuele 6, 1-8, 2 Cronache 13, 9-10).
Secondo la tradizione l’arca veniva trasportata coperta da un telo di pelle di tasso coperto da un ulteriore telo di stoffa turchino (Num. 4:6) e, quando il popolo ebraico si fermava, veniva posta in una tenda specifica, definita “Tenda del Signore” o “Tenda del convegno” senza che venisse mai esposta al pubblico, se non in casi eccezionali. Inoltre la leggenda vuole che l’arca, in alcune situazioni, si adornasse di un alone di luce e che da essa scaturissero dei lampi di luce divini, delle folgori, capaci di incenerire chiunque ne fosse colpito e nel caso non avesse rispettato il divieto di avvicinarvisi; infine, tramite l’arca, Mosè era in grado addirittura di parlare con Dio che compariva seduto su un trono fra i due cherubini che ornavano il coperchio e che rappresentano l’angelo Metatron e l’angelo Sandalphon.
L’Arca nella Bibbia
«10 Faranno dunque un’arca di legno d’acacia; la sua lunghezza sarà di due cubiti e mezzo, la sua larghezza di un cubito e mezzo e la sua altezza di un cubito e mezzo.
11 La rivestirai d’oro puro; la rivestirai così, sia dentro che fuori; le farai al di sopra una ghirlanda d’oro, che giri intorno.
12 Fonderai per essa quattro anelli d’oro, che metterai ai suoi quattro piedi: due anelli da un lato e due anelli dall’altro lato.
13 Farai anche delle stanghe di legno di acacia e le rivestirai d’oro.
14 Farai passare le stanghe negli anelli ai lati dell’arca, perché servono a portarla.
15 Le stanghe rimarranno negli anelli dell’arca e non ne saranno sfilate.
16 Poi metterai nell’arca la testimonianza che ti darò.
17 Farai anche un propiziatorio d’oro puro; la sua lunghezza sarà di due cubiti e mezzo e la sua larghezza di un cubito e mezzo.
18 Farai due cherubini d’oro; li farai lavorati al martello, alle due estremità del propiziatorio;
19 fa’ un cherubino per una delle estremità e un cherubino per l’altra; farete in modo che questi cherubini escano dal propiziatorio alle due estremità.
20 I cherubini avranno le ali spiegate in alto, in modo da coprire il propiziatorio con le loro ali; avranno la faccia rivolta l’uno verso l’altro; le facce dei cherubini saranno rivolte verso il propiziatorio.
21 Metterai il propiziatorio in alto, sopra l’arca; e nell’arca metterai la testimonianza che ti darò.
22 Lì io mi incontrerò con te; dal propiziatorio, fra i due cherubini che sono sull’arca della testimonianza, ti comunicherò tutti gli ordini che avrò da darti per i figli d’Israele.
23 «Farai anche una tavola di legno d’acacia; la sua lunghezza sarà di due cubiti; la sua larghezza di un cubito e la sua altezza di un cubito e mezzo.
24 La rivestirai d’oro puro e le farai una ghirlanda d’oro che le giri intorno.
25 Le farai una cornice alta quattro dita; e a questa cornice farai tutt’intorno una ghirlanda d’oro.
26 Le farai pure quattro anelli d’oro e metterai gli anelli ai quattro angoli, ai quattro piedi della tavola.
27 Gli anelli saranno vicinissimi alla cornice per farvi passare le stanghe destinate a portare la tavola.
(Esodo 25,10-27)
Durante la peregrinazione degli Israeliti nel deserto, l’arca rimase sempre nel loro accampamento, spostandosi insieme a loro. Dopo l’entrata del popolo ebraico nel paese d’Israele, la Tenda del convegno fu eretta a Silo (Giosuè 18, 1) e vi rimase fino al tempo di Samuele. A quel tempo gli Israeliti decisero di portare l’arca in battaglia contro i Filistei perché assicurasse loro la vittoria, ma vennero sconfitti e l’arca fu catturata dal nemico (1 Samuele 4, 1-11). Scoppiò però una grave pestilenza tra i Filistei a causa della presenza dell’arca tra loro, per cui dopo sette mesi decisero di restituirla agli ebrei (1 Samuele 5-6). L’arca fu quindi posta nella città di Kiriat-Iearim (1 Samuele 7, 1) e vi rimase finché il re Davide la fece trasferire nella città di Davide, ossia la rocca di Gerusalemme (2 Samuele 6). Infine trovò la sua collocazione definitiva quando Salomone, figlio e successore di Davide, la fece collocare nel Debir (il Sancta Sanctorum) del Tempio di Gerusalemme da lui fatto costruire (seconda metà del X sec. a.C., 1 Re 8, 1-9). Da quel momento l’Arca sembra essere custodita nel Tempio di Salomone; ma essendo riposta nel Sancta Sanctorum, inaccessibile ai fedeli e alla maggioranza dei sacerdoti (soltanto un gruppo di Leviti selezionato poteva accedere alla sala dov’era conservata), non ci sono testimonianze oculari. L’unica citazione della sua presenza (o di una sua copia) ci viene da Re Giosia (datata 621 a.C.) che invita i Leviti a ricollocare l’Arca nel Tempio (da dove non è chiaro).Successivamente, con l’arrivo dei Babilonesi e la conquista di Gerusalemme (inizi del VI sec. a.C.), dell’Arca già non vi è più traccia. Nel passo che parla del saccheggio degli arredi sacri del Tempio (2 Re 25, 8-17), vengono elencati in modo minuzioso tutti gli oggetti che furono portati a Babilonia, ma non si fa menzione alcuna dell’Arca dell’Alleanza. Secondo il libro di Esdra, Ciro, re dei Persiani, restituì gli arredi sacri (538 a.C.), che evidentemente erano stati custoditi a Babilonia durante l’esilio, ma ancora una volta non viene nominata l’Arca (1, 7-11).
Antica rappresentazione dell’Arca dell’Alleanza
Esiste una parte nel Talmud, trattato Baba Batra 14a, in cui si discute se all’interno dell’arca vi siano i resti delle prime tavole rotte; si chiede poi anche della bacchetta di Mosè, l’olio dell’unzione e la manna oltre alle seconde tavole dei dieci comandamenti, la cui presenza risulta certa.
Nella storia antica i filistei di allora derubarono, prendendola ingiustamente.
Persino il Tabernacolo, il Mishkan, venne devastato.Secondo le fonti poi l’olio (o una sua parte) venne nascosto per essere restituito (cfr Messia), in passato la manna venne mostrata da un profeta in un vasetto, anche se non si sa se poi sia stata riposta nuovamente all’interno dell’arca, mentre anche sulla bacchetta vi sembra essere segreto; anche il ramo di mandorlo, fiorito e che sui fiori fece frutto per Aronne, venne nascosto da re Giosia.
L’Arca dell’Alleanza: mezzo di comunicazione e arma?
Il rabbino Moshe Levine nel suo lavoro (Le Tabernacle) afferma che l’Arca, in base al racconto biblico, è assimilabile a un condensatore elettrico costituito da due armature (l’oro dentro e fuori) separate da un dielettrico (il legno interno). Era infatti costituita di tre elementi:
- una lamina interna d’oro puro, che sappiamo essere un ottimo conduttore;
- uno strato intermedio di acacia, il cui legno funge da isolante, resiste all’umidità e garantisce una lunga durata nel tempo;
- un altro strato d’oro come rivestimento esterno.
Per spostarla, i Leviti – gli unici autorizzati a farlo – passavano due stanghe dorate negli anelli e dal bordo al suolo la conduzione poteva avvenire per presa di terra naturale, scaricandosi senza pericolo.
Un simile condensatore sarebbe stato in grado di accumulare anche notevoli quantità di energia statica i cui utilizzi potevano essere diversi e spesso anche pericolosi, se posti in mano a chi non ne conosceva le caratteristiche e gli effetti.
Li sperimentò a sue spese il povero Uzzà, che osò toccarla durante un trasporto e morì fulminato; Davide ne fu talmente colpito e terrorizzato che non volle trasferire l’Arca presso di sé, ma la fece portare in casa di Obed-Edom di Gat (2sam 6,2-11).
In Gs 3,4 si raccomanda al popolo di tenersi alla distanza,decisamente notevole,di 2000 cubiti, cioè circa un chilometro.
Le istruzioni di Yahweh proseguono con un elemento che dovrà essere posizionato sopra l’Arca efungere da supporto per i cherubini: il [kapporet], «propiziatorio». Presenta le stesse dimensioni dell’Arca e dovràessere realizzato interamente in oro puro. Il vocabolo ebraico viene tradotto normalmente con il termine italiano «propiziatorio», ma il significato primo della radice è quello di «coprire e proteggere». Innanzitutto siamo autorizzati a pensare che si trattasse della copertura (coperchio) dell’Arca e che,per estensione di significato, abbia poi successivamente assunto la funzione con la quale è normalmente conosciuto, quella di “coprire i peccati”, nel senso di rimettere le colpe, anche a seguito di sacrifici propiziatori come quelli compiuti nel rito solenne dell’espiazione, celebrato annualmente dal Sommo sacerdote (Lv 16,14-15).
Ma, fuori da ogni interpretazione e attribuzione successiva, lo scopo originario viene spiegato con precisione dallo stesso Yahweh, L’Elohim ordina a Mosè(Es 25,18-20):
18 Farai quindi due cherubini d’oro; li farai lavorati al martello alle due estremità del propiziatorio;
19 fa’ un cherubino a una delle estremità e un cherubino all’altra estremità; farete i cherubini di un sol pezzo col propiziatorio alle sue estremità.
20 E i cherubini avranno le ali spiegate in alto, in modo da coprire il propiziatorio con le loro ali; saranno rivolti l’uno verso l’altro, mentre le facce dei cherubini saranno volte verso il propiziatorio.
L’inserimento dei cherubini definisce un elemento di differenziazione rispetto ai modelli o disegni di arche simili a questa presenti in Egitto: queste ultime infatti avevano di norma una copertura semicilindrica o costituita da due elementi spioventi mentre l’Arca biblica aveva un coperchio piatto dotato di una cornice.
L’altra caratteristica che la differenziava dai modelli egizi era costituita dall’insieme delle stanghe che, laminate com’erano di oro,costituivano una sorta di continuum con il resto dell’Arca, anch’esso rivestito di oro. Le stanghe per il trasporto non dovevano mai essere tolte e probabilmente questo aveva un valore funzionale nella conduttività di un sistema che pare proprio avere le caratteristiche di un generatore e/o condensatore elettrico.
Nel versetto successivo Yahweh precisa nuovamente che i due cherubini andavano posizionati alle estremità del cosiddetto «propiziatorio» –evidentemente era un particolare tecnico di non poca importanza –e poi prosegue spiegando che le loro ali dovevano coprire il coperchio dell’Arca.
Si evidenzia qui chiaramente la funzione fondamentale del vocabolo [kanaf] sempre tradotto con «ali».
Queste estremità si stendono per coprire e proteggere:
«Cover and conceal from view, covering, protecting» chiarisce il già citato Etymological Dictionary.
I due cherubini sono piazzati certamente l’uno di fronte all’altro, ma in relazione al loro posizionamento rispetto al propiziatorio poniamo una questione. Tutte le traduzioni bibliche e tutte le rappresentazioni iconografiche dell’Arca posizionano invariabilmente i cherubini “sopra” il propiziatorio, ma il testo non è così esplicito in questo senso; dice infatti che essi:
- sono posizionati «alle estremità» del propiziatorio;
- sono rivolti «verso» il propiziatorio;
- le loro ali si stendono per coprirlo.
Lo ripete anche in Es 37,7-9:
- fece i due cherubini alle estremità del propiziatorio;
- fece un cherubino «da estremità da questa» e l’altro cherubino «da estremità da questa» del propiziatorio (cioè uno per parte);
- i cherubini erano «stendenti le ali da al di sopra»;
- i cherubini erano «coprenti con ali loro sopra il propiziatorio»;
- i cherubini erano posti uno di fronte all’altro;
- le facce (parti frontali) dei cherubini erano «verso» il propiziatorio

Non possiamo quindi essere certi del fatto che queste due strutture fossero poste sopra il coperchio e, alla luce della funzione che svolgevano per il [kavod] vista in precedenza, siamo stimolati a pensare che in realtà potessero avere un posizionamento esterno rispetto al propiziatorio: non è facile avere certezze in merito. L’insieme di propiziatorio e cherubini è stato oggetto di numerose interpretazioni simboliche, che si possono sintetizzare nella loro presunta funzione di manifestare la presenza spirituale di “Dio”, una specie di dimora virtuale che doveva perpetuare il senso della pienezza divina, sempre presente anche quando non vi era piùMosèa fungere da intermediario e da portavoce.
Ma la descrizione che ne fornisce il passo dell’Esodo si presenta come decisamente più funzionale; non giustifica l’interpretazione simbolica e neppure evidenzia l’utilizzo con finalità espiatorie.
È lo stesso Yahweh che spiega a Mosè l’impiego che egli intende farne (Es 25,22):
22 Là io ti incontrerò, e da sopra il propiziatorio, fra i due cherubini che sono sull’arca della testimonianza, ti comunicherò tutti gli ordini che avrò da darti per i Figli d’Israele.
Gli dice anche [dibbarti itcha], cioè «parlerò con te», proprio da quella struttura: il propiziatorio con gli elementi chiamati cherubini a esso sovrapposti aveva chiaramente lo scopo di consentire l’incontro e la comunicazione tra l’Elohim e Mosè.
Siamo quindi in presenza di un luogo fisico, in cui avviene un contatto, e di un oggetto attraverso cui si parla: non ci sono dubbi sulle parole di colui che avrebbe potuto parlare e farsi intendere sempre e dovunque.
Leggendo il passo comprendiamo che questo “Dio” ha la necessità di comunicare verbalmente con Mosè già abbiamo evidenziato nella scheda sul passo di Geremia che egli stesso negava la possibilità di comunicare attraverso vie inusuali come i sogni, e considerava quindi veritiera la sola comunicazione fatta con l’uso della parola udibile. Egli usa la voce, si esprime in una lingua comprensibile a Mosè e, quando non gli è possibile essere personalmente presente, lo fa attraverso un apparato la cui fabbricazione doveva seguire regole precise.
Ipotesi sul destino dell’Arca
Il fascino esercitato da un tale manufatto ha, nel tempo, generato una molteplicità di ipotesi sul destino dell’Arca. Di seguito ne sono presentate alcune.
Ipotesi biblica
Secondo la Bibbia (in un testo, però, ritenuto non canonico da Ebrei e Riformati), l’Arca dell’Alleanza sarebbe stata nascosta dal profeta Geremia all’interno del monte Sinai (cfr 2Mac 2,4-8).
Ipotesi storica
La maggior parte degli storici e degli archeologi ipotizzano che il manufatto sia andato perso prima del VI sec. a.C., o per cause accidentali (es. un incendio) o a causa di un saccheggio. Essendo fatta principalmente di materiali deperibili (legno), l’Arca potrebbe essere andata distrutta in un incendio, e il fatto potrebbe essere stato tenuto comprensibilmente nascosto dalla classe sacerdotale. Nei tempi antichi, era comune il divampare di piccoli e grandi incendi, in città realizzate con abbondante uso di legno, paglia e stoffe, e per la continua presenza di fiamme libere. Altra possibilità è che il manufatto, realizzato con oro, sia stato rubato, distrutto e disperso dalle truppe che nei secoli hanno più volte saccheggiato il Tempio di Gerusalemme.
Esegesi ebraica sulla presenza dell’Arca
Secondo quest’affermazione del Talmud si ritiene che l’Arca sia ancora situata nel luogo originario del Sancta Sanctorum: infatti già re Salomone, poiché profetizzò la futura distruzione del Tempio, fece costruire un luogo sotterraneo in cui nasconderla in seguito nel caso di attacchi nemici; la tradizione ebraica vuole che re Giosia l’abbia poi nascosta 22 anni prima della distruzione del Tempio fatto costruire da re Salomone. Si insegna infatti che anche durante gli anni del secondo Tempio di Gerusalemme essa non fu all’interno del Sancta Sanctorum ma sempre in un luogo sotterraneo del Tempio non mancando comunque la sua funzione di santità. Si ritiene infatti che la Gloria divina si sia rivelata durante il periodo del primo Tempio ma non durante quello del secondo sebbene fosse comunque presente.
Ipotesi etiope
Secondo un’antica tradizione contenuta nel testo sacro etiope Kebra Nagast (il Libro della Gloria dei Re), l’Arca sarebbe invece stata donata dal Re Salomone a Menelik I (seconda metà del X sec. a.C.), il figlio da lui avuto dalla regina di Saba, leggendaria fondatrice della nazione etiope (secondo un’altra versione, Salomone volle donare a Menelik una copia dell’Arca, ma questi la scambiò di nascosto con l’originale).Vi è ancora oggi una chiesa cristiana di rito copto in Etiopia a Axum nella quale i religiosi etiopici sostengono di conservare l’Arca; tale affermazione non può però essere verificata in quanto, essi dicono, l’Arca è un oggetto così sacro che a nessuno può essere permesso di vederla. L’unica persona a cui è concesso questo privilegio è il suo custode: egli vive in solitudine nella cappella dove sarebbe riposta l’Arca senza avere contatti col mondo, e alla protezione della reliquia dedica la sua intera vita.
La Cappella di Axum dove sarebbe conservata l’Arca dell’alleanza originale
Il 19 giugno 2009 il patriarca della Chiesa ortodossa etiopica Abuna Paulos, in una conferenza stampa tenutasi all’Hotel Aldrovandi a Roma, cui ha partecipato anche il principe Makonnen Haile Selassie, presunto nipote dell’imperatore d’Etiopia Hailé Selassié I, e il duca Amedeo D’Aosta ha dichiarato che “…L’Etiopia è il trono dell’Arca dell’Alleanza. L’Arca dell’Alleanza è stata in Etiopia per tremila anni e adesso è ancora lì e con la volontà di Dio continuerà ad essere lì. È per via del miracolo che è arrivata in Etiopia. L’ho vista con senso di umiltà, non con orgoglio, come quando si va in chiesa. È la prima volta che dico questo in una conferenza stampa. Ripeto l’Arca dell’Alleanza è in Etiopia e nessuno di noi sa per quanto tempo ancora. Solo Dio lo sa. Tutto quello che si trova nell’Arca è descritto perfettamente nella Bibbia. Lo stato di conservazione è buono perché non è fatta da mano d’uomo, ma è qualcosa che Dio ha benedetto. Ci sono molti scritti e prove evidenti sulla presenza dell’Arca in Etiopia. Non sono qui per dare delle prove che l’Arca sia in Etiopia, ma sono qui per dire quello che ho visto, quello che so e che posso testimoniare. Non ho detto che l’Arca sarà mostrata al mondo. È un mistero, un oggetto di culto.
Il defunto Imperatore d’Etiopia Hailé Selassié I si vantava che tra il Tesoro Imperiale vi fosse la famosa Arca. Pertanto alcuni ipotizzano:
- che l’Imperatore abbia messo al sicuro, in qualche banca svizzera, la parte più importante del Tesoro Imperiale;
- che il manufatto sia stato sequestrato segretamente dagli Italiani quando occuparono l’Etiopia nel 1936
Ipotesi Zimbabwe
Sulle orme delle ipotesi che individuano nel Sudafrica la collocazione delle leggendarie miniere d’oro di Re Salomone, il professor Tudor Parfitt, docente presso la School of Oriental and African Studies di Londra, è del parere che l’Arca dell’Alleanza si trovi in Zimbabwe e che sarebbe stata portata lì da Gerusalemme. A supporto di ciò ci sarebbero le proprietà, a detta sua simili a quelle dell’Arca, dell’oggetto sacro della tribù dei lemba, una specie di tamburo di nome ngoma lungundu. Inoltre i lemba avrebbero discendenze dirette israelite
Ipotesi egizia
Nel 925 a.C., durante il regno di Roboamo, il faraone Sesac (?-Sisach-Soshenq I-Sheshonq I ?) invase la Palestina, conquistò Gerusalemme e mise al sacco il Tempio, “..portando via ogni cosa…”[. A quel tempo la capitale del Basso Egitto era Bubasti, vicino a Tanis. Nell’improbabile caso che l’Arca sia ancora integra, potrebbe essere seppellita presso queste città.Se l’Arca fosse sfuggita agli egiziani, potrebbe non essere sfuggita al saccheggio del Tempio avvenuto tra il 797 e il 767 a.C. ad opera di Gioas, Re di Israele, della Samaria . In tal caso il manufatto potrebbe essere nascosto da qualche parte in Palestina.
Ipotesi del Monte Nebo
Secondo il secondo libro dei Maccabei (2, 1-8), il profeta Geremia sottrasse l’Arca alla distruzione portandola via da Gerusalemme e nascondendola sul Monte Nebo (fine VII sec. a.C.). Il libro dei Maccabei riporta però fatti avvenuti più di tre secoli prima, e quindi potrebbe essere influenzato da leggende e/o interpolazioni successive. Questo brano del libro dei Maccabei, e in particolare il riferimento che l’Arca rimarrà segreta finché Dio non avrà riunito la totalità del suo popolo e si sarà mostrato propizio, ha legato l’Arca alla promessa escatologica della salvezza del popolo ebraico.
Ipotesi babilonese
Se Geremia non avesse messo in salvo l’Arca, questa sarebbe stata alla mercé delle truppe babilonesi (597/588? a.C.) quando, su ordine di Nabucodonosor II, conquistarono Gerusalemme e saccheggiarono il Tempio. In questo caso, se ancora integra, potrebbe essere seppellita a Babilonia.Come già citato però, nell’elenco del materiale saccheggiato l’Arca non è citata, per cui si suppone che all’arrivo dei Babilonesi questa era in realtà già scomparsa
Fonti: (Mauro Biglino, Non c’è Creazione Nella Bibbia)