MESOPOTAMIA, MITI

Atrahasis

Atraḫasis (accadico, lett. “il molto saggio”; ma reso anche come AtramḫasīsAtra-ḫasisAtar-ḫasis o Atrahasis), presente nella letteratura in lingua accadica anche come Utanapištim (accadico; lett. “Colui che ha trovato la vita”; reso anche come Ut-napištim o Utnapištim) e, nella letteratura sumerica, indicato con il nome di Ziusudra (sumerico, Zi-u4-sud-ra, lett. “Vita dai giorni prolungati”; reso anche come Ziusura), conosciuto nella successiva letteratura in lingua greca come Xisouthros (nella Storia di Babilonia (Βαβυλωνιακὰ) di Berosso), è il re di Šuruppak (oggi Tell Fara, nella parte centro-meridionale dell’Iraq) e l’eroe dei poemi mesopotamici inerenti al Diluvio Universale, evento mitico a cui lui sopravvisse, e a cui gli dèi consegnarono l’immortalità.

Tavola cuneiforme che riporta il Poema di Atraḫasis, la versione paleobabilonese in lingua accadica del mito del Diluvio Universale. Risalente al XVII sec. a.C., questa tavola è stata rinvenuta a Sippar ed è oggi conservata presso il British Museum di Londra

Di questo poema conserviamo diversi frammenti risalenti a differenti periodi: sette testi di origine paleobabilonese, due di epoca mediobabilonese, circa una dozzina risalenti al periodo neoassiro (con modifiche) e infine due appartenenti al periodo neobabilonese. Partendo da un frammento rinvenuto nel 1874 nella Biblioteca di Assurbanipal (668-627 a.C.) siamo venuti a conoscenza dell’esistenza questa opera. Nel 1956 l’assiriologo danese Jørgen Læssøe (1924-1993) ne ricostruì il testo dimostrando che si era di fronte all’opera religiosa più antica inerente alla “Genesi”. Successivamente, nel 1965, l’assiriologo britannico Wilfred George Lambert pubblicò i frammenti raccolti al British Museum di Londra nel suo Cuneiform texts from Babylonian tablets in the British Museum che consistevano nel testo più antico a nostra disposizione (quindi paleobabilonese), risalente al XVIII secolo a.C. Del testo più antico, paleobabilonese, conosciamo il nome dello scriba autore: Ipiq-Aya (precedentemente identificato con i nomi di Kasap-Aya, Ku-Aya o anche Nûr-Aya), probabilmente originario di Sippar e che operò sotto il regno babilonese di Ammi-ṣadûqa (1702-1682). Il testo si compone di tre tavole, ognuna delle quali si sviluppa per otto colonne, quattro sul fronte e quattro sul retro, ogni colonna si compone di circa 55 righe. L’intera opera si compone dunque di complessive 1.245 righe, di cui solo alcune sono giunte a noi.

  • I Tavola: gli dèi Igigi si ribellano alle dure corvée, gli dèi Anunnaki decidono allora di creare gli uomini affinché li sostituiscano; il dio Enki/Ea e la dea-madre Mummu generano gli uomini, ma dopo 1.200 anni di attività il loro “baccano” convince Enlil a inviargli un’epidemia, ma questa viene vanificata dall’intervento di Enki/Ea.
(AKK) « 1. i-nu-ma i-lu a-wi-lum
2. ub-lu du-ul-la iz-bi-lu šu-up-ši-[i]k-ka
3. šu-up-ši-ik i-li ra-bi-[m]a
4. du-ul-lu-um ka-bi-it ma-a-ad ša-ap-ša-qum
5. ra-bu-tum da-nun-na-ku si-bi-it-tam
6. du-ul-lam u2-ša-az-ba-lu di-g[i-g]i »
(IT) « 1. Quando gli dèi erano uomini,
2. sottostavano alle corvée, portavano il canestro di lavoro;
3. -il canestro di lavoro degli dèi era troppo grande,
4. il lavoro oltremodo pesante, la fatica enorme-;
5. i grandi Anunnaki, i sette,
6. avevano imposto la corvée agli Igigi »
(I Tavola, vv. 1-6; traduzione di Giovanni Pettinato)

Il Poema di Atraḫasis si apre con la condizione venuta ad essere subito dopo la cosmogonia: il dio Cielo, Anu, è salito in cielo; Ea (Enki), è sceso nell’Apsû, il mondo sotterraneo delle acqua abissali, sopra le quali poggia la terra; Enlil ha preso per sé la terra, con tutti gli esseri viventi in essa contenuta. Agli dèi Igigi è stato invece imposto il lavoro sulla terra, ambito in cui regna il dio Enlil. Gli Igigi scavano i fiumi, tra cui il Tigri e l’Eufrate, e i canali. Il pesante lavoro degli dèi Igigi, svolto di giorno e di notte, dura per 2.500 anni. Così, a partire dal rigo 39 della I Tavola del Poema, questi dèi iniziano a rimurginare, finché, uno di loro (di cui non conosciamo il nome, forse Alla) li sprona ad abbandonare il lavoro e a ribellarsi. Gli Igigi danno ascolto al loro compagno e gettano nel fuoco gli strumenti da lavoro, e marciando uniti, si indirizzano verso il santuario di Enlil (l’E-kur, lett. “Casa Montagna”). È passata da poco la mezzanotte e il santuario del dio Enlil è circondato dalla folla tumultuosa degli Igigi. Gli dèi servitori di Enlil, Kalkal e Nusku, osservano preoccupati la scena: il primo chiude la porta del santuario mentre il secondo si decide a svegliare il suo signore avvertendolo del pericolo. Enlil fa quindi portare le armi e barricare le porte, dopodiché fa convocare Anu ed Ea. Giunti gli altri due Anunnaki, Enlil gli espone i fatti e il pericolo che corre, domandandogli se deve provocare la battaglia. Anu gli consiglia di inviare Nusku affinché si conoscano le ragioni di tale rivolta. Nusku si reca dagli Igigi spiegando di essere stato inviato da Anu e da Enlil per conoscere le loro ragioni, gli Igigi rispondono al messo divino che tutti insieme hanno deciso la ribellione e che la ragione di questa risiede nel duro lavoro a loro imposto. Nusku torna nel santuario di Enlil e riferisce agli Anunnaki la risposta degli Igigi. Enlil piange e medita di abbandonare la terra e salire in cielo con Anu, restituendo a lui le competenze divine sulla terra. Anu replica che ben comprende le ragioni degli Igigi, troppo grande è la loro fatica, quindi suggerisce di creare l’uomo (Lullû), quindi fa convocare la dea Mami, la dea madre, affinché operi questa creazione e fa comunicare la sua decisione agli Igigi, i quali, sentendosi sollevati dalle estenuanti corvée, esultano. Mami si rende disponibile alla creazione dell’uomo, ma spiega che senza l’aiuto di Enki/Ea, ovvero delle sue purificazioni, non può procedere. Ea decreta le purificazioni e indica in un dio il sacrificio necessario affinché si possa procedere alla creazione del primo uomo: con la carne e il sangue di un dio, impastati con l’argilla, può venire infatti ad essere l’uomo. Gli Anunnaki decidono di sacrificare il dio Wê (il dio Intelligenza, il dio Spirito) la cui carne consentirà all’uomo di possedere l’eṭemmu. Mammu si prepara quindi all’opera di creazione, per questa ragione gli dèi Igigi decidono di indicare Mammu in qualità di “Signora di tutti gli dèi” (Bêlet-kala-ilî). Ea (o Mammu) mescola l’argilla quindi convoca gli Anunnaki e gli Igigi che sputano sopra l’impasto. L’uomo si prepara a “essere” e gli verrà assegnato il compito che prima spettava agli dèi Igigi: il pesante lavoro sulla terra. Le righe 251-270 della versione paleobabilonese sono andate perdute, segue il racconto nella versione assira del K.7816+ (conservata al British Museum): Ea prepara l’impasto mentre Nintu (Mummu) ripete le formule sacrificali, quindi stacca quattordici pani di argilla collocandone sette alla sua destra e sette alla sua sinistra, separandoli con un muro di mattoni. Sempre una versione neoassira, K 3339 e K 8562, spiega che Mummu taglia i cordoni ombelicali facendo nascere sette coppie tra maschi e femmine che si congiungeranno. Gli uomini costruiscono picconi e zappe e danno avvio al lavoro per cui sono stati creati dagli dèi. Non trascorrono nemmeno 1.200 anni che gli uomini moltiplicatisi producono frastuoni. Enlil non sopporta il loro clamore e ordina che sia scatenata un’epidemia. Atraḫasis è un uomo, il “Grande Saggio”, che si intrattiene volentieri con il dio Ea, il quale ricambia la sua attenzione. Atraḫasis chiede dunque a Ea quanto durerà ancora l’epidemia. Ea consiglia Atraḫasis di convocare i capi dei villaggi e di suggerire loro di non sacrificare più agli dèi, ma solo a Namtar, solo a lui si deve offrire del cibo di modo che, onorato da tali doni, il dio decida di sospendere la peste. In effetti così accade Namtar confuso da tali doni si decide a sospendere l’epidemia ordinatagli da Enlil.

  • II Tavola: fallito il primo tentativo, Enlil invia contro l’umanità la siccità e quindi la carestia; fallito anche questo tentativo, sempre grazie all’intervento di Enki/Ea, Enlil provoca nuovamente la carestia controllandone direttamente gli effetti; Enki/Ea interviene nuovamente, allora Enlil convoca un’assemblea divina e ordina il Diluvio Universale per sterminare definitivamente l’umanità.

Ma il “baccano” degli uomini continua ed Enlil continua a non poter dormire quindi ordina la carestia. Le successive 30 righe, dal rigo 22, di questa II Tavola, sono andate perdute. Ma si possono ricostruire con un frammento, sempre paleobabilonese, rinvenuto a Nippur e siglato come Ni 2552+, oggi conservato al Museo di Istanbul. Si ripete quindi il dialogo tra Enki/Ea e Atraḫasis, questa volta ad essere esclusivamente onorato con le offerte è il dio Adad. Adad onorato e confuso dalle offerte fa piovere sui campi procurando cibo. Anche qui mancano delle righe, anche nel testo di Nippur è difficilmente ricostruibile, tuttavia si capisce che questa volta Enlil è determinato a far cessare il baccano degli uomini e decide di inviare nuovamente la carestia. Però, ora, il re degli dèi decide di far controllare l’esecuzione del suo ordine da Anu oltre che da Adad, e verifica lui stesso gli effetti della siccità, e quindi della carestia, sulla terra. Atraḫasis si dispera per questo nuovo flagello. Frammenti di queste righe fanno supporre che Enki/Ea ascolti i lamenti del Grande Saggio e in qualche modo fa intervenire i Laḫmu, esseri divini marini. Ma il tentativo di Ea questa volta fallisce. La siccità è diffusa su tutta la terra e la piaga della carestia non accenna a terminare. Enki/Ea ritenta, ma non è chiaro come, riuscendo almeno ad attenuare il flagello coinvolgendo nell’impresa anche altre divinità. Questo fatto fa infuriare Enlil che decide di convocare un’assemblea plenaria degli dèi. In questa sede Enlil lamenta la disobbedienza ai suoi ordini, Ea scoppia a ridere (o si infuria) ed Enlil reagisce prontamente all’affronto stabilendo lo sterminio totale dell’umanità: il Diluvio Universale. Esigendo, al contempo, il giuramento solenne degli dèi affinché ciò si realizzi. Enki/Ea si indigna e chiede per quale ragione debba giurare per sterminare le sue “creature”, ricordando che non è compito suo procurare questo, che se ne occupi il dio Enlil.

  • III Tavola: il dio Enki/Ea soccorre Atraḫasis invitandolo a costruire una barca dove rifugiarsi e dove mettere in salvo tutte le specie di animali; Atraḫasis porta a compimento l’opera poco prima del Diluvio Universale; tutti gli uomini periscono e la barca di Atraḫasis approda sulla cima di un monte; gli dèi accorrono intorno alla barca di Atraḫasis, Enlil è furioso ma alla fine, calmato da Enki/Ea, decide di consegnare ad Atraḫasis la vita eterna; nello stesso tempo gli dèi operano delle restrizioni nei confronti del genere umano.

Il dio Enki/Ea non vuole che l’umanità venga sterminata, allora invia un sogno ad Atraḫasis. Le righe 3-10 contenenti l’invocazione di Atraḫasis nei confronti di Enki/Ea sono andate perdute, successivamente i l’eroe del Poema chiede spiegazione del sogno al dio. Enki/Ea parlando per mezzo di una parete, invita Atraḫasis ad abbattere la sua casa e quindi a costruire una barca, suggerendogli di nasconderla affinché il dio Sole, Šamaš (Utu), non la scorga. La barca, precisa Enki/Ea, deve essere grande e solida, dopodiché, avverte il dio, io ti «farò piovere uccelli in gran numero e pesci in ceste» (rigo 35). Atraḫasis convoca gli anziani della città e li avverte che Enlil ed Enki/Ea sono in dissidio, per questa ragione lui, Atraḫasis, devoto del secondo dio (rigo 45), ha deciso di abbandonare la terra, regno di Enlil, per recarsi nel regno di Enki/Ea. Gli artigiani della città lo aiutano a costruire la grande barca, terminata la quale, Atraḫasis inizia a riempire con i suoi beni e con gli esemplari di tutti gli animali. Infine organizza un banchetto. Il tempo sulla città cambia repentinamente, il cielo si oscura e iniziano i primi tuoni. Atraḫasis si rifugia nella barca tappando con il bitume il boccaporto. Il Diluvio Universale si scatena e le «genti morivano come mosche» (rigo 19). Il terribile Diluvio inorridisce anche gli dèi e Enki/Ea è infuriato nel vedere le sue creature sterminate. La dea Mammi si dispera (dal rigo 32 e sgg.) domandandosi come possa «restare qui in questa dimora di dolore»; gli uomini riempiono il mare «come moscerini di fiume,/ come pezzi di legno, eccoli ammucchiati sulla spiaggia». Le prime 29 righe della V colonna sono andate perdute. Il Diluvio ha termine e la barca di Atraḫasis approda sulla cima di un monte, Atraḫasis libera tutti gli animali e sacrifica per mezzo di una fumigazione odorosa agli dèi. Enlil si avvicina alla barca e resosi conto che un uomo è scampato al Diluvio si infuria domandandosi chi abbia tradito il divino giuramento. Anu suggerisce che possa essere stato Enki/Ea il quale a questo punto interviene confessando il suo intervento a favore di Atraḫasis, invitando Enlil a calmarsi e ricordandogli che al colpevole che va indirizzata la punizione. I versi 27-38 sono andati perduti, qui gli dèi dovevano trovare un accordo e quindi concedere l’immortalità ad Atraḫasis. La Tavola riprende con la soddisfazione degli dèi e con Enki/Ea che convoca Mammu, la dea-madre a cui chiede di imporre agli uomini la mortalità e la triplice legge che consiste nella rendere alcune donne infeconde, far imperversare il demone (il demone-Pašittu) che strappa i bambini dalle madri e istituire la consacrazione di alcune di loro (le donne-Ugabtu, le donne-Entu, le donne-Igiṣītu) proibendo loro, in questo modo, di divenire genitrici. Altre 42 righe perdute, poi un inno in onore di colui che ha salvato la stirpe dell’umanità nei giorni del Diluvio Universale.

TESTO COMPATTO DI ATRA-HASIS

Quando gli dèi lavoravano invece degli uomini e sottostavano alla fatica, i carichi erano troppo pesanti,  il lavoro troppo duro, troppo il malessere, perché i grandi Anunnaki avevano aumentato agli Igigi per sette volte il carico di lavoro. Anu, il loro padre, era il re, loro guardiano guerriero era Ellil, loro Ciambellano [sovrintendente] era Ninurta, il loro gendarme Ennugi.

Avevano tirato a sorte; gli dèi, per dividersi le competenze. Anu se ne salì al cielo, Ellil prese la terra per il suo popolo. Lo sbarramento del mare è stato assegnato al lungimirante Enki. Quando Anu era salito al cielo e gli dèi del Apsu erano rimasti sotto, gli Annunaki del cielo obbligarono gli Igigi a sopportare il duro lavoro. Gli dei hanno dovuto dragare canali, hanno dovuto costruire dighe a protezione della terra. Gli dèi scavarono il fiume Tigri e scavarono il fiume Eufrate.       … In profondità … installarono . . . il Apsu … della terra … dentro … alzarono il colmo [degli argini] … di tutte le montagne. Contavano gli anni di carichi .. . la grande palude. Contavano gli anni dei carichi. Per 3.600 anni furono stremati dal duro lavoro, giorno e notte.

Gemevano e mugugnavano l’un l’altro, lamentandosi per la gran  massa di suolo scavato: “Affrontiamo  il sovrintendente [Ciambellano], e chiediamo liberarci da questo nostro duro lavoro! Venite, snidiamo il Guardiano, il consigliere degli dèi, il guerriero dalla sua abitazione.  Dai! snidiamo Ellil, il consigliere degli dèi, il guerriero, dalla sua abitazione.” Poi … il Sovrintendente fece sentire la sua voce e parlò agli  dèi, suoi fratelli: “Venite, snidiamo il consigliere degli dèi, il guerriero, dalla sua abitazione. Venite, snidiamo Ellil, consigliere degli dèi, il guerriero, dalla sua abitazione. Ora, Guerra!

Affrontiamo la lotta e la battaglia!” Gli dèi approvarono il suo discorso, diedero fuoco alle loro attrezzi di lavoro, ammucchiarono le zappe per il fuoco, dei loro canestri ne fecero falò. Si eccitarono. Quando raggiunsero il cancello della dimora del guerriero Ellil, era notte, poco dopo mezzanotte, la casa era circondata, il dio non si era accorto. Quando raggiunsero il cancello della dimora del guerriero Ellil, era notte, oltre mezzanotte, Ekur fu circondato, Ellil non si era accorto. Intanto Kalkal che stava all’erta, e l’aveva chiuso, aprì uno spiraglio e guardò il cancello. Kalkal corse a svegliare Nusku.

Ascoltarono il rumoreggiare degli Igigi. Poi Nusku corse a svegliare il suo padrone, lo fece alzare dal letto: “Signor mio, la tua casa è circondata, una folla preme alla vostra porta! Ellil, la vostra casa è circondata, una folla preme alla vostra porta! Ellil fece portare le armi nella sua abitazione. Ellil alzò la voce e parlò al visir Nusku: “Nusku, sbarra la tua porta. Prendi le tue armi e mettiti di fronte a me. Nusku sbarrò la porta prese la sue armi e si mise di fronte a Ellil. Nusku alzò la sua voce e parlò al guerriero Ellil: “O mio Signore, la tua faccia è pallida come Tamarisco! Perché hai paura dei tuoi propri figli?”

“O Ellil, la tua faccia è pallida come tamerici! Perché hai paura tuoi propri figli? Fai avvertire Anu di scendere giù  per far venire Enki in tua presenza”. Egli lo fece avvisare e Anu scese giù. Fece portare Enki in sua presenza, Anu, re del cielo era presente, Enki re  dell’ Apsu attendeva. I grandi Anunnaki erano riuniti. Ellil si alzò e pose la questione.

Ellil fece sentire la sua voce e parlò ai grandi dèi: “E’ contro di me che si sono rivoltati? Debbo ingaggiare battaglia …? Cosa ho visto con i miei occhi? Una folla che si accalcava alla mia porta!” Anu fece sentire la sua voce e parlò al guerriero Ellil: “Fai uscire Nusku per sapere dalle parole degli Igigi chi ha circondato la tua porta.

Una disposizione … ai tuoi figli … Ellil fece sentire la sua voce e parlò al visir Nusku: “Nusku, apri la porta. Prendi le tue armi e stai davanti a me! Nell’assemblea di tutti gli dèi. Inchinati, quindi dritto, dì a loro: “Vostro padre Anu, il vostro guardiano-guerriero Ellil, il vostro Ciambellano Ninurta E il vostro controllore dei canale Ennugi mi hanno mandato a domandare, chi è il responsabile dell’insurrezione? Chi è il responsabile dei combattimenti? chi ha dichiarato guerra? Chi vi ha fatto accorrere alla porta di Ellil?”

Ellil … “Ognuno di noi ha dichiarato guerra! Abbiamo smesso di scavare. Il Carico di lavoro è eccessivo, ci sta uccidendo! Il nostro lavoro è troppo duro, la fatica enorme! Così ognuno di noi dèi ha accettato di presentare una denuncia a Ellil”. Nusku prese le sue armi, si girò  e tornò da Ellil: “Mio signore, tu mi hai mandato a … Sono andato … Ho spiegato …

Dicendo: “Ognuno di noi dèi ha dichiarato guerra. Abbiamo messo fine allo scavo. Il carico è eccessivo, ci sta uccidendo! Il nostro lavoro è troppo difficile, la fatica è troppa, così ognuno di noi dèi ha accettato di lamentarsi con Ellil!”.  Ellil ascoltò quel discorso. Le sue lacrime scorrevano. Ellil frastornato, parlò cautamente, rivolto al guerriero Anu:

“Nobile, Io salirò con te nel cielo. Prenditi le tue competenze, riappropriati dei tuoi poteri. Mentre gli Anunnaki sono seduti davanti a te, convoca un’altro Dio e incaricalo delle mie competenze”.  Anu fece sentire la sua voce e parlò al dio suo fratello: “Di cosa ci possiamo lamentare? Il loro lavoro era davvero troppo pesante, la loro fatica enorme. Ogni giorno la Terra risuonava. Il segnale di allarme era abbastanza forte, abbiamo continuato a sentire il rumore. … ora dobbiamo …[ottemperare a una] incombenza …”

” . . . Nintu la dea grembo è presente. Che la dea grembo crei dei figli, per far loro sopportare il carico degli dei!” Chiamarono la dea, nominata levatrice degli dei, la saggia Mami. “Tu sei la dea-utero, devi essere il creatore del genere umano! Crea un mortale, che può portare il giogo! Fagli portare il giogo, il lavoro di Ellil. Fai che possa sopportare il carico di lavoro degli dei!”.  Nintu fece sentire la sua voce e parlò ai grandi dèi: “Io non ho il potere di fare ciò, solo con l’aiuto di Enki è possibile la sua realizzazione; è proprio egli che può rendere pura ogni cosa che egli mi dia dell’argilla, in modo che io possa fare ciò”. Enki aprì (allora) la sua bocca e disse ai grandi dei: “Il primo, settimo, e quindici del mese farò una purificazione mediante lavaggio. Poi un Dio dovrà essere sacrificato. E gli dei si purificheranno mediante immersione. Nintu deve mescolare l’argilla con la sua carne e il suo sangue. Poi un dio e un uomo saranno mescolati insieme nell’ argilla. facci sentire il rullo dei tamburi per sempre dopo, lascia che uno spirito entri in esistenza dalla carne del dio, lasciate che lo proclami come il suo segno di vita, e che lo spirito esista per non dimenticare il dio sacrificato”. Hanno risposto ‘sì’ in assemblea, i grandi Anunnaki che assegnano le sorti.

Al primo, settimo, e quindici del mese si purificarono mediante lavaggio. Geshtu-E, un dio che aveva intelligenza, fu sacrificato in quella assemblea. Nintu mescolò l’argilla con la sua carne e il suo sangue.

Sentirono il rullo di tamburi per sempre dopo. Un spirito venne in esistenza dalla carne del dio, e lei lo proclamò come suo segno vivente. Lo spirito esisteva per non dimenticare il dio ucciso. Dopo aver mescolato argilla, lei chiamò gli Anunnaki, i grandi dèi. Gli Igigi, i grandi dèi, sputarono sull’argilla. Mami [allora] fece sentire la sua voce e disse ai grandi dèi: “ho svolto perfettamente il lavoro che mi avete ordinato di fare. Avete sacrificato un dio insieme con la sua intelligenza. Io vi ho sollevato dal vostro duro lavoro, ho imposto il vostro duro lavoro sull’uomo.

così avete dato sofferenza all’uomo, così avete dato sofferenza al genere umano. Ho rotto la catena e vi ho concesso la libertà.” Loro ascoltarono il discorso di lei, e si sentirono liberati dall’ansia, e le baciarono i piedi: “Abbiamo usato chiamarti Mami, ma ora il tuo nome sarà La signora di tutti gli Dei”. Il lungimirante Enki e la saggia  Mami entrarono nella stanza del destino.

Le dee-grembo furono adunate. Egli estrasse l’argilla in sua presenza; Lei cominciò a recitare uno scongiuro, Enki, rimanendo in sua presenza, la fece recitare fino a quando ebbe finito il suo scongiuro. Ella divise l’argilla in quattordici pezzi, e li dispose sette pezzi sulla destra, e sette sulla sinistra.

Tra di loro sistemò un mattone. Preparò una canna, la aprì per tagliare il cordone ombelicale. Chiamò le sagge e sapienti dee-grembo, sette e sette. Sette crearono maschi, sette crearono femmine , per le dee-grembo è il creatore del destino.

… a due a due, … a due a due in sua presenza. Mami ha fatto queste regole per le persone: Nella casa di una donna che sta per partorire, deve essere posto un mattone  per sette giorni. Nintu, la saggia Mami deve essere onorata. La levatrice possa gioire nella casa della donna che partorisce e quando la donna dà alla luce il bambino, la madre del bambino si deve tagliare [il cordone ombelicale].

Un uomo con una ragazza … … Il suo seno. Una barba si può vedere sulla guancia di un giovane. Nei giardini e per le vie una moglie e il marito si scelgono l’un l’altro. Le dee grembo sono state adunate, e Nintu era presente. Hanno contato i mesi. E’ chiamato il decimo mese il periodo del destino. Quando arrivò il decimo mese, lei si accostò a un gruppo e ne aprì i grembi materni.

Il suo volto era felice di gioia. Copertasi il capo, funse da levatrice, indossò la cintura, e disse una benedizione. Fece un disegno nella farina e vi poggiò giù un mattone: Io stessa l’ho creato, le mie mani l’hanno fatto.

La levatrice si rallegrerà in casa della consacrata. Ogni volta che una donna dà alla luce e la madre del bambino si sgrava, venga posto un mattone per nove giorni. Nintu la dea grembo siano onorati. Si chiameranno loro … “Mami”. Lei è … la dea grembo. prepara il pannolino.

Quando il letto viene preparato nella loro casa, una moglie e il marito si scelgono a vicenda. Inanna si rallegrerà del rapporto moglie-marito in casa del suocero. La celebrazione ha una durata di nove giorni, che sarà chiamato  “Ishhara”. Il quindicesimo giorno, il tempo fissato del destino verrà chiama …

Un uomo … Pulire la casa … Il figlio al padre

… Si sedettero e … Portava … Vide … Ellil …

Presero  in mano … fecero nuove zappe e picconi. Costruirono grandi dighe, per sfamare la gente e sostenere gli dèi.

Erano trascorsi 600 anni e meno di 600, e il paese era rumoroso come il muggito di un toro. Il dio si inquietò per il loro frastuono, Ellil ascoltò il loro clamore. Si rivolse ai grandi dèi: “Il rumore del genere umano è divenuto troppo, Non prendo il sonno per loro baccano. Date ordine che la suruppu-malattia [un’epidemia] li faccia fermare.

Ora c’è stato un Atra-hasis, il cui udito era aperto al suo dio Enki. Lui parlava con il suo dio e il suo Dio parlava con lui. Atrahasis fece sentire la sua voce e parlò al suo signore: “Per quanto tempo gli dei ci faranno soffrire? Ci faranno soffrire di malattie per sempre?”.  Enki alzo la sua voce e parlò al suo servo:

“Chiama gli anziani, gli uomini seniori! Avvia una insurrezione in casa tua, e lascia che gli araldi lo proclamino … Fai che producano un grande rumore nel paese: che non venerino i tuoi dèi, non preghino le vostre dee, ma cercate la porta della Namtara. Portate pane cotto in sua presenza.

L’offerta di farina potrebbe raggiungerlo. Potrebbe vergognarsi, dati i tegali, e alleggerire la mano”. Atrahasis accettò l’ordine. Riuniti gli anziani alla sua porta. Atrahasis fece sentire la sua voce e parlò agli anziani: “Ho chiamato gli anziani, gli uomini seniori! Avviate una rivolta ognuno in casa propria, lasciate che gli araldi la proclamino … Fate che producano un gande rumore nel paese: che non venerino i vostri dèi, né preghino le vostra dee, ma cercate la porta della Namtara. Portate pane cotto in sua presenza.”

Ed egli per la vergogna,  dati i regali. alzò la sua mano. La malattia suruppu li ha lasciati. Gli dèi sono tornati alle loro offerte normali, e le loro sembianze sono tornate sane.

Testo Integrale http://www.terralab.it/esoterica/AtraHasis.htm)

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