Da sempre ci è stato insegnato a riconoscere la parola “benedizione” con l’accezione prettamente spirituale ma già dalle prime conferenze l’Amico Mauro Biglino ci apriva gli occhi su un significato che, ristretto al determinato contesto preso in esame, di spirituale non aveva alcunché.
La prima volta che ci troviamo al cospetto di questa parola è in Genesi 1:22, quando Dio benedice le creature del mare e gli uccelli, dicendo loro di essere fruttiferi e moltiplicarsi sulla Terra (quindi concede alla Terra una dazione di beni materiali come uccelli, pesci etc.).

Andando avanti nella storia arriviamo ad una delle benedizioni più lampanti che ci mostrano in maniera inequivocabile la concessione di beni tangibili… la benedizione di Isacco che è convinto di benedire il suo primogenito Esaù ed invece , ingannato dalla moglie Rebecca, benedice il secondogenito Giacobbe (Genesi 27, 4-29). La trama si complica quando Esaù rivendica una benedizione anche per se ma il padre mortificato gli confida che non ha più niente da dargli (Genesi 27,37). Ma se la benedizione non è un riferimento materiale , come mai Isacco dice che non ha più niente da dargli?
Fin qui nessuna novità, Mauro ci ha spiegato affondo e nei particolari il concetto ma il discorso assume un valore ancor più straordinario quando a portare avanti lo stesso tema è un affermato e stimato teologo ed esegeta biblico… Sergio Quinzio.
Quinzio nel suo “La sconfitta di Dio” (edito da Adelphi nel 1992 sempre consigliato da Mauro) afferma che nell’Antico Testamento quando si parla di benedizione si fa riferimento ad una concessione in forma materiale prendendo in esame , oltre al già citato passo di Genesi, il racconto sviluppato nel libro di Giobbe al quale Yahweh rende , in virtù della sua fedeltà, pecore ,cammelli, bovini, asini e addirittura i figli che aveva perso (Giobbe 42,12). C’è da dire che la parola ebraica בּרכה (berâkâh) che, nel corso delle vocalizzazioni prima e delle traduzioni poi, è diventata “benedire” trova la sua radice in “brk” la stessa radice di “berekh” ovvero ginocchio. Da ciò si può coerentemente pensare che il significato , oltre all’aspetto prettamente liturgico della posizione da assumere, rivestiva l’auspicio di una forma di concessione materiale e “sessuale” (con il termine ginocchio si faceva riferimento anche ai genitali).
Ma Quinzio si spinge oltre, dando lo stesso significato alla medesima parola quando viene usata nel Nuovo Testamento e ci spiega che poiché le promesse messianiche tardavano ad arrivare, proprio in questo periodo e per questi motivi detta parola iniziava ad essere contemplata sotto l’aspetto spirituale cambiandone totalmente i connotati. Infatti se prima si pensava alla concessione di beni materiali, poi si è andata sviluppando l’idea messianica di una concessione di beni “spirituali” come la salvezza dell’anima e questo per non cedere all’evidente sconfitta di quel Dio che tanto aveva promesso ma che allo stesso tempo aveva disatteso tutte le aspettative… d’altronde bisogna evidenziare che nel Nuovo Testamento “benedizione” traduce la parola greca εὐλογία (eulogia) e εὐλογέω (eulogeō), che è il “parlare bene di”, “raccomandare”, da cui ne deriva il nostro “elogio”; per cui dalla veterotestamentaria concessione di beni materiali nel corso del tempo si è passati alla mera , ma ancor oggi attuale, raccomandazione.
Il concetto viene oltremodo confermato da Giuseppe Laras, Rabbino Capo della Comunità ebraica di Milano, che ci spiega che addirittura nel Trattato delle benedizioni del Talmud babilonese vi è scritto che chiunque goda di qualcosa di questo mondo senza aver recitato la benedizione commette peccato di appropriazione. Ovvero, allorquando per esempio ci si accinge a mangiare qualsiasi cosa , se non si recita la benedizione (“Benedetto Tu, o Signore Dio nostro, Re del mondo, che hai creato, che hai fatto… etc. etc. a seconda o dei frutti o delle cose che vengono mangiati) si è ritenuti alla stessa stregua di un ladro.
E perché questa affermazione così categorica? Perché nel momento in cui si gode delle risorse del mondo bisogna subito collegare queste risorse a Colui che le ha date, al PADRONE di queste risorse; e quindi, goderne senza aver benedetto, ringraziato Dio è un qualche cosa che viene definito come appropriazione indebita. Abbiamo dunque visto come nel corso della storia ed a cavallo di due delle più importanti religioni monoteiste la benedizione, che viene vissuta come un momento di elevata spiritualità, con i suoi acclarati gesti liturgici, in fondo non era altro che una concessione di beni materiali che si è poi tramutata in una sorta di richiesta di “un’occhio di riguardo”… la tanto nota “raccomandazione”. Raccomandazione ad appannaggio dapprima del solo popolo eletto ma che con l’avvento del cristianesimo è diventata uno dei pilastri di una religione che fa leva sulla fede incondizionata che porta il credente alla speranza di vedere realizzate giustizia e pietà che sente e vuole irrinunciabili e che pone al di sopra non solo di ogni conoscenza ma della propria vita.
Articolo di Ch Achean
