
“Il testo è formato di 278 righe incise su una tavoletta a sei colonne, di proprietà dell’University Museum di Filadelfia ‘. Il tema è quello del «paradiso», a dire il vero, non del paradiso terrestre in senso biblico, ma di quello che fu sistemato per gli dei stessi, sulla terra di Dilmun.”
“Esiste, dice il poema, una regione chiamata Dilmun. È un paese «puro», «netto» e «risplendente», ”
“un «paese dei viventi», dove non regna né la malattia né la morte:
A Dilmun il corvo non getta il suo grido,
L’uccello-s’tfùfa non getta il grido di ucceìlo-ittidu,
Il leone non uccide,
Il lupo non s’impadronisce deU’agnello.
Sconosciuto è il cane selvatico, divoratore di capretti,
Sconosciuto è il…, divoratore di grano.
Chi ha male agli occhi non dice: «Ho male agli occhi»;
Chi ha male alla testa non dice: «Ho male alla testa»;
La donna vecchia non dice: «Sono una donna vecchia»;
L’uomo vecchio non dice: «Sono un uomo vecchio».
Chi passa il Fiume2 non dice:…
Attorno a lui i sacerdoti in pianto non si aggirano,
Il cantore non emette alcun lamento,
nei dintorni della città3 non pronunzia alcuna lamentazione.
”
“Tuttavia qualcosa manca a Dilmun: l’acqua dolce, indispensabile agli animali e alle piante. Enki, il gran dio sumerico dell’acqua, ordina perciò a Utu, il dio del sole, di far scaturire l’acqua dolce dalla terra e di irrigarne abbondantemente il suolo. Dilmun diventa così un rigoglioso giardino, in cui i verzieri si alternano con le praterie. Ninhursag, la grande dea-madre dei Sumeri,”considerata in origine la dea madre. “Ha fatto spuntare otto piante in questo paradiso degli dei, dopo aver dato vita a tre generazioni di dee, generate dal dio dell’acqua.”
“La dea Ninmu4 è uscita sull’argine,
Enki, tra le paludi, si guarda intorno, si guarda intorno.
Egli dice al suo messaggero Isimud:
«Non abbraccerò io la bella giovanetta?
Non abbraccerò io la bella Ninmu?».
Isimud, suo messaggero, gli risponde:
«Abbraccia dunque la bella giovinetta,
Abbraccia la bella Ninmu.
Per il mio re, io farò soffiare un forte vento».
Tutto solo, Enki monta su un battello,
Una seconda volta, egli vi…
Egli stringe a sé Ninmu, l’abbraccia,
Versa il seme nel suo grembo:
Ella riceve il seme nel suo grembo, il seme di Enki.
Un giorno avendo fatto il suo primo mese,
Due giorni avendo fatto i suoi due mesi,
Nove giorni avendo fatto i suoi nove mesi, i mesi della maternità, Ninmu, come la panna —…. come la panna —…, come la buona, la meravigliosa panna,”

“Dà alla luce la dea Ninkurra.
Messe similmente al mondo le altre dee, Ninhursag crea le otyo piante. Ma Enki, curioso certamente di conoscerne il sapore, le fa cogliere dal suo messaggero Isimud. Questi le presenta al padrone, che le mangia una dopo l’altra.
Enki, tra le paludi, si guarda intorno, si guarda intorno.
Egli dice al suo messaggero Isimud:
«Io voglio decretare la sorte di queste piante, voglio conoscerne il ‘cuore’.
Che pianta è questa, per favore? Che pianta è questa, per favore?». Isimud, suo messaggero, gli risponde:
«Mio re, è la pianta-albero», gli disse.
La taglia per Enki, che la mangia.
«Mio re, è la pianta-albero», gli dice.
La coglie per lui, che la mangia.
«Mio re, è la pianta-mala-erba-della strada (?)», gli dice.
La taglia per lui, che la mangia.
«Mio re, è la pianta-d’acqua», gli dice.
La coglie per lui, che la mangia.
«Mio re, è la pianta spina», gli dice.
La taglia per lui, che la mangia.
«Mio re, è la pianta-cappero», gli dice.
La coglie per lui, che la mangia.
”
“Mio re, è la pianta…», gli dice.
La taglia per lui, che la mangia.
«Mio re, è la pianta-cassia», gli dice.
La coglie per lui, che la mangia.
Mal ne incoglie a Enki, perché Ninhursag, in preda alla collera, lo maledice e lo vota alla morte. Poi, per esser sicura di non lasciarsi commuovere e di non tornare sulla propria decisione, lascia il dio e scompare.
Enki decretò dunque la sorte di queste piante e conobbe il loro «cuore».
Ma allora Ninhursag maledisse il nome di Enki:
«Fino a che egli non sia morto, mai più lo fisserò con l’Occhio-della-Vita!».
La salute di Enki comincia quindi a deperire; otto parti del suo corpo sono colpite da malattia. Ora, mentre egli va perdendo rapidamente le sue forze, i grandi dei, in lutto, siedono nella polvere. Enlil, il dio delParia e il re degli dei di Sumer, sembra incapace di far fronte alla situazione. A questo punto interviene, non si sa perché, un nuovo personaggio: la volpe. Questa dichiara a Enlil che, dietro un ragionevole compenso, ricondurrà indietro Ninhursag. Enlil accetta. Come la volpe faccia per raggiungere il suo scopo non lo sappiamo, data la lacuna del testo[…]”“Certo è che Ninhursag ritorna tra gli dei. Al suo arrivo, Enki è al colmo del male. Ella lo fa sedere accanto a sé, gli chiede quali parti del corpo lo facciano soffrire. Enki gliele indica a una a una e Ninhursag crea otto divinità per guarire le otto malattie.
Ninhursag fa sedere Enki accanto a sé:
“Fratei mio, dove hai male?
— Il mio… mi fa male.
— Al dio Abu ho dato vita per te.
Fratei mio, dove hai male?
— La mia mascella mi fa male.
— Al dio Nintulla ho dato vita per te.
Fratei mio, dove hai male?
— Il mio dente mi fa male.
— Alla dea Ninsutu ho dato vita per te.
Fratei mio, dove hai male?
— La mia bocca mi fa male.
— Alla dea Ninkasi ho dato vita per te.
Fratei mio, dove hai male?
— Il mio… mi fa male.
— Alla dea Nazi ho dato vita per te.
Fratei mio, dove hai male?
— Il mio braccio mi fa male.
— Alla dea Azimua ho dato vita per te.
Fratei mio, dove hai male?
— La mia costola mi fa male.
— Alla dea Ninti ho dato vita per te.
Fratei mio, dove hai male?
— Il mio… mi fa male.
— Al dio Enshag ho dato vita per te.
Questo è il mito sumerico”
(Fonti dalla rete)