
Gli “specialisti” derisero Heinrich Schliemann, il commerciante tedesco che meno di un secolo fa pretese di andare alla ricerca dell’antica Troia prendendo per buone le indicazioni dell’Iliade e dell’Odissea, che secondo gli studiosi erano un miscuglio di miti e leggende senza fondamento. Ma fu proprio Schliemann, il “dilettante”, a scoprire Troia. Forse è proprio quello l’atteggiamento giusto: condurre le ricerche avendo sott’occhi i testi antichi, e sforzarsi di prenderli sul serio anche quando ciò che narrano appare inverosimile.

È quel che hanno fatto nel 1978 uno studioso di sanscrito, David Davenport, cittadino britannico nato in India, e il giornalista italiano Ettore Vincenti, dopo la lettura del Ramayana. Poema epico e contemporaneamente testo sacro indù, centomila strofe (è il più prolisso libro di poesia esistente), il Ramayana è, come nel resto l’altro poema nazionale, il Mahabharata, un confuso racconto di guerre e di battaglie avvenute in un’antichità indefinita e leggendaria lungo la valle dell’Indo.
La cosa che più colpisce nella lettura è che queste battaglie non sono combattute con lance e spade”, racconta Ettore Vincenti. Eccone un esempio: il brano è tratto dal Mahabharata:
“Il valoroso Aswatthaman (un personaggio), risoluto, toccò l’acqua e invocò l’arma Agneya (da Agni, “fuoco”). Puntandola verso i suoi nemici visibili e fuori vista, sparò una colonna esplosiva che si aprì in tutte le direzioni e provocò una luce brillante come fuoco senza fumo, a cui seguì una pioggia di scintille che circondò completamente l’esercito dei Partha”.
Ed ecco gli effetti dell’arma:
I quattro punti cardinali furono coperti di buio.., un vento violento e cattivo cominciò a soffiare. Il sole sembrò girare in senso contrario, l’universo sembrò febbricitante. Gli elefanti, scorticati dal calore, si misero a correre terrorizzati. Persino l’acqua si mise a “ribollire e gli animali acquatici mostrarono un’intensa sofferenza”.
Qualche centinaio di versi più oltre, il Mahabharata descrive gli effetti di un’altra arma, della “Narayana”:
“I guerrieri… furono visti togliersi le armature e lavarle nell’acqua”.
“Queste descrizioni”, dicono Davenport e Vincenti “richiamano alla memoria in modo impressionante gli effetti di esplosioni atomiche e di bombe al fosforo”.
“In realtà”, spiega David Davenport “nel Ramayana vengono descritte parecchie armi che, per quanto possano sembrare fantastiche, somigliano molto ad armi modernissime. Il glossario delle armi del Mahabharata stilato dall’illustre sanscritista indiano Hari Prasad Shastri parla per esempio dell’arma Kamaruchi, “freccia intelligente, che va dove vuole”, in cui senza troppa fantasia si può vedere un missile telecomandato. O della Murchchdhana, “arma che causa la temporanea sospensione di tutte le sensazioni”; forse un gas nervino.
E l’arma Nadana, “che produce gioia”, non potrebbe essere un gas esilarante. E la Shabdaveditva, “freccia che segue i suoni ed è capace di colpire gli oggetti nascosti“, non può ricordare un missile capace di orientarsi automaticamente dietro le onde sonore degli aerei nemici”. Sì, perché nei testi indù si parla abbondantemente di aerei.
“Il termine sanscrito è vimana“, spiega Davenport “che letteralmente significa ‘uccello artificiale abitato‘. I libri sacri dicono che i vimana possono volare e li descrivono come vere e proprie macchine. Vien detto anche che al loro interno “non fa né troppo caldo né troppo freddo, l’aria vi è temperata in ogni stagione’: è impossibile non pensare alla climatizzazione delle cabine dei nostri aerei“.Gli increduli possono scuotere il capo. David Davenport ed Ettore Vincenti hanno fatto qualcosa di più costruttivo.
Nel Ramayana (Uttara Kanda, cap. 81) si parla di un rishi (un “sapiente”) che, adirato contro gli abitanti di una città chiamata Lanka, dà un preavviso di sette giorni; al termine dei quali promette “una calamità, che cadrà come fuoco dal cielo”. Ebbene: testo sacro alla mano, i due si sono recati in India per identificare questa Sodoma orientale. Davenport e Vincenti ritengono, per motivi linguistico-geografici che sarebbe troppo lungo spiegare, di aver identificato l’antica Lanka (“isola”) nella città di Mohenjo – Daro, centro della “civiltà di Harappa”, fiorita (e improvvisamente estinta) attorno al 2000 avanti Cristo.
Mohenjo-Daro, nome moderno (significa “luogo della morte”) era chiamata qualche secolo fa “Isola” (Lanka), perché era circondata da un braccio secondario del fiume Indo, oggi prosciugato. Gli scavi archeologici, condotti soprattutto dai britannici, una trentina d’anni fa, hanno messo in luce una realtà misteriosa e sconvolgente.
“Gli ultimi abitanti di Mohenjo-Daro sono periti di una morte subitanea e violenta”, ha scritto l’archeologo Sir Mortimer Wheeler. Nelle macerie della città sono stati trovati 43 scheletri evidentemente il grosso della popolazione aveva fatto in tempo a sfollare): si tratta di persone colte da una morte istantanea mentre attendevano alle loro faccende. Una famigliola composta da padre, madre e un bambino, è stata trovato in una strada, schiacciata al suolo mentre camminava tranquillamente. “
Non si tratta di sepolture regolari”, ha scritto l’archeologo John Marshall, “ma probabilmente del risultato di una tragedia la cui natura esatta non sarà mai nota”. Un’incursione di nemici è esclusa, perché i corpi non presentano ferite da arma bianca. In compenso, come ha scritto l’antropologo indiano Guha, “si trovano segni di calcinazione su alcuni degli scheletri. È difficile spiegare questa calcinazione…”.
Tanto più che gli scheletri calcinati sembrano meglio conservati degli altri. è un mistero per cui Davenport e Vincenti hanno arrischiato una spiegazione, di cui hanno reso minutamente conto in un libro che hanno scritto insieme: 2.000 a. C.: distruzione atomica (Sugarco editore, Milano).
“L’antica Lanka è stata spazzata via”, sostengono “da una esplosione assimilabile ad una deflagrazione nucleare”. Le prove? “Abbiamo individuato chiaramente sul posto l’epicentro dell’esplosione”, spiega Davenport.
“È una zona coperta da detriti anneriti, resti di manufatti di argilla. Abbiamo fatto esaminare alcuni di questi detriti presso l’Istituto di Mineralogia dell’Università di Roma: risulta che l’argilla è stata sottoposta ad una temperatura altissima, più di 1.500 gradi, per qualche frazione di secondo. C’è stato un inizio di fusione subito interrotta. è escluso che un normale incendio o il calore di una fornace possano produrre questo effetto. Inoltre, le case dell’antica città sono state danneggiate con tanto minor gravità, quanto più sono lontane dall’epicentro. Nei pressi dello scoppio, gli edifici (in mattoni, con piani superiori in legno che sono andati completamente distrutti) sono stati rasi al suolo. Un po’ più lontano restano muretti alti un metro e mezzo; nei punti più lontani della città le mura rimaste in piedi superano i tre metri”.
È l’inequivocabile effetto di un’esplosione avvenuta a qualche metro da terra. “L’ipotesi che il disastro sia stato provocato da un’esplosione di tipo nucleare”, dice Ettore Vincenti “é rafforzata da una leggenda che abbiamo raccolto da un abitante del luogo. Egli ci ha raccontato che “i signori del cielo”, adirati con gli abitanti dell’antico regno dove ora c’è il deserto, hanno annientato la città con una luce che brillava come mille soli e che mandava il rombo di diecimila tuoni.
Da allora chi si arrischia ad avventurarsi nei luoghi distrutti viene aggredito da spiriti cattivi che lo fanno morire”. David Davenport ed Ettore Vincenti non si nascondono che la loro ipotesi appare del tutto inverosimile. “è difficile credere”, dicono “che una civiltà di quattromila anni or sono, capace di costruire missili, ‘macchine volanti’ e bombe atomiche, sia scomparsa senza lasciare tracce. Una civiltà tecnologica sarebbe anche una civiltà industriale: quindi una civiltà che lascia montagne di rifiuti e di rottami.
Anche fra quattromila anni i resti della nostra attuale cultura tecnologica dovrebbero essere visibili: se non altro per la grande quantità di macerie, ruderi di cemento, spazzatura di vario genere. Niente di tutto quanto si trova nella città di Mohenjo-Daro : la quale era una città prospera ed avanzata, con pozzi disposti razionalmente ed un progredito sistema di fognature, ma certamente non inserita in un sistema tecnologico paragonabile al nostro.
Le poche armi ritrovate sono lance e spade, non certo fucili e pistole”. E allora? “Si impone l’ipotesi extraterrestre”, dice Vincenti. “I ‘signori del cielo’ che distrussero l’antica Lanka erano forse esseri giunti da ‘altrove’. Colonizzatori spaziali che si sono comportati come tutti i colonizzatori: con brutalità e prepotenza. Forse, aggrediti dagli abitanti di Mohenjo-Daro, hanno voluto infliggere loro una punizione esemplare. A suon di bombe atomiche”.

Il mercurio nucleare
In seguito alle rilevazioni effettuate in quella regione da alcuni studiosi sovietici, riguardanti vaste zone con porzioni di terra vetrificata, Jacques Bergier ha ipotizzato che il mercurio sia servito per produrre energia nucleare e che la civiltà del deserto sia stata distrutta da una guerra combattuta utilizzando veicoli aerei e esplosivi di inaudita potenza, di cui parlano anche i sacri testi indù.
Diverse antiche pagine della letteratura indiana difatti descrivono macchine in grado di volare utilizzando l’energia prodotta dal riscaldamento del mercurio, precedentemente posto in una caldaia. L’Harsa-Carita di Bana racconta di una macchina del cielo (Akasa Katha) costruita da uno Yavana (Barbari Stranieri). Macchine menzionate anche nel Brihat-Katha scritto da Buddhasvamin. Sul modo di impiego dell’energia prodotta dal mercurio vi sono diversi pareri. Desmond Leslie ha suggerto che potesse avere a che fare con il volo degli UFO, mentre la descrizione delle ali, per Richard Tompson, fa presupporre che il motore a mercurio alimentasse un meccanismo atto a muovere le ali, ma non il velivolo; dello stesso parere sembra Roger Bacon.
Ramachandra Dikshitar afferma, nel Samarangana, che il Vimana possiede “due ali splendenti e una propulsione ad aria”. Forse simile a quella a reazione. L’antico testo di astronomia Surya-Siddhanta descrive un modello meccanico di un sistema planetario che ruota per mezzo di un motore a mercurio, il cui schema era segreto. Era quindi conosciuto un tipo di motore per produrre energia rotatoria. Non solo, il mercurio, elemento largamente usato dall’Imperatore Giallo, viene utilizzato per ricavare l’energia necessaria a muovere i Vimana.
Ma torniamo all’Imperatore Giallo.
Una delle tante leggende cinesi riguarda cinque imperatori celesti, reggitori del mondo, incaricati di comandare nei cinque settori della Terra, in base al loro colore. L’imperatore verde ad Est, quello bianco ad Ovest, quello rosso a Sud, l’imperatore nero a Nord, e quello giallo, in cinese Huang Ti, al Centro. Una leggenda che forse anche l’imperatore Giallo conosceva e che lo spinse a cercare quell’immortalità che infine ha poi ottenuto, anche se in un modo diverso da quello da lui immaginato.

VIMANA: Tecnologia di Velivolo dell’Antica India
Ciò che sappiamo dei veicoli volanti dell’antica India deriva da antiche fonti indiane, testi scritti che ci sono arrivati attraverso i secoli.
Non c’é dubbio che la maggior parte di questi testi sia autentica; molti sono gli stessi famosi testi epici indiani, e ce ne sono veramente a centinaia. La maggior parte di essi non è ancora stata tradotta in inglese dall’originale sanscrito. L’imperatore indiano Ashoka creò la “Società Segreta dei Nove Uomini Ignoti”: grandi scienziati indiani che avrebbero dovuto catalogare tutte le scienze.
Ashoka mantenne il loro lavoro segreto perché aveva paura che la tanto evoluta scienza catalogata da questi uomini, derivata dagli antichi testi indiani, potesse essere usata per il fine malvagio della guerra, alla quale Ashoka era fortemente contrario essendosi convertito al Buddismo dopo aver battuto un esercito nemico al termine di una sanguinosa guerra. I “Nove Uomini Ignoti” scrissero un totale di nove libri, probabilmente uno ciascuno. Uno di essi si intitolava “I Segreti della Gravità!”.
Questo libro noto agli storici, che non lo hanno mai visto in “controllo della gravità”. Probabilmente si trova ancora da qualche parte, custodito in una biblioteca segreta in India, in Tibet o altrove (forse persino in Nord America). possiamo facilmente capire il desiderio di Ashoka di mantenere segrete queste conoscenze, ammesso che esistano. Immaginiamo se i nazisti lo avessero avuto a disposizione per costruire delle armi durante la seconda guerra mondiale… Ashoka, inoltre era a conoscenza di guerre devastanti nelle quali erano stati utilizzati veicoli particolarmente avanzati e “armi futuristiche” che avevano distrutto l’antico “Impero Rama” dell’India, diverse migliaia di anni prima.
Solamente pochi anni fa i cinesi hanno scoperto alcuni documenti sanscriti a Lhasa, in Tibet, e li hanno spediti alla University of Chandrigarh, perché venissero tradotti. Recentemente, il Dr. Ruth Reyna, di quell’università, ha detto che i documenti contengono istruzioni per la costruzione di navi spaziali interstellari! Il loro metodo di propulsione, ha detto la dottoressa, era “anti-gravitazionale” e basato su un sistema analogo a quello del “laghima”: “una forma centrifuga abbastanza forte da contrastare la forza gravitazionale”, sconosciuto potere dell’ego, presente nella struttura fisiologica dell’uomo.
Secondo l’ Hyndu Yogis, è questo “l’anghima” che permette ad una persona di levitare. Il Dr. Reyna ha affermato che a bordo di queste macchine, che nel testo erano chiamate “Astra”, gli antichi potrebbero aver inviato una missione di uomini verso qualsiasi pianeta, secondo quello che si legge nel documento, che si ritiene abbia migliaia di anni. Si diceva, inoltre, che i manoscritti rivelassero il segreto dell’antima”: “il copricapo dell’invisibilità”, e del “garima”: “come diventare pesanti come una montagna di piombo”.
Naturalmente gli scienziati indiani non presero i testi molto sul serio, ma poi cominciarono a credere di più nella loro validità quando i cinesi annunciarono che avrebbero utilizzato certi dati per la ricerca necessaria al loro programma spaziale! Questo è stato uno dei primi casi in cui un governo ha ammesso di fare ricerche sull’antigravità. I manoscritti non dicevano con certezza se fossero mai stati fatti viaggi interplanetari ma menzionava, tra l’altro, il progetto di un viaggio sulla Luna, sebbene non sia chiaro se questo viaggio sia stato veramente compiuto.
Ad ogni modo, uno dei grandi testi epici indiani , il “Ramayana”, contiene la storia molto particolareggiata di un viaggio sulla luna a bordo di un Vimana (o “Astra”), ed in effetti descrive una battaglia sulla luna con un “Asvin” (un veicolo di Atlantide). Questa non è altro che una piccola prova, ottenuta di recente, della tecnologia-anti-gravitazionale e spaziale utilizzata dagli indiani. Per capire veramente questa tecnologia, dobbiamo andare indietro molto più indietro nel tempo: al cosiddetto “Impero Rama” dell’India settentrionale e del Pakistan, che si sviluppò almeno quindicimila anni fa nel subcontinente indiano e fu nazione ricca di tanti grandi e sofisticate città, molte delle quale devono essere ancora ritrovate nei deserti del Pakistan e dell’India settentrionale ed occidentale.
Rama esistette, sembra, accanto alla civiltà di Atlantide, in mezzo all’Oceano Atlantico, e venne guidata da “illuminati Re-Sacerdoti”, che erano i governatori delle città. Le sette più grandi città-capitali dell’Impero Rama erano conosciute nei testi classici Hindu “Le sette Città Rishi”. Secondo gli antichi testi indiani, la gente aveva delle macchine volanti chiamate “Vimana”.
Gli antichi testi epici indiani descrivono il Vimana come un veicolo circolare a due piani, dotato di vari oblò e di una cupola, proprio come ci immaginiamo un disco volante. Il Vimana volava alla “velocità del vento” ed emetteva un “suono melodioso”. C’erano almeno quattro diversi tipi di Vinama: alcuni a forma di disco, altri come lunghi cilindri (“veivoli a forma di sigaro”).
Gli antichi testi sui Vimana sono numerosi, e ci vorrebbero molti libri per riportare tutto quello che dicono. Gli antichi indiani, che costruirono questi apparecchi, scrissero interi manuali di volo sul modo di guidare i vari tipi di Vimana, molti dei quali (testi) esistono ancora, ed alcuni sono stati tradotti in inglese. Il “Samara Sutradhara” è un trattato scientifico che parla di ogni possibile aspetto del volo su di un Vimana. Ci sono 230 strofe che riguardano la costruzione, il decollo, il modo di viaggiare con andatura di crociera per migliaia di chilometri, gli atterraggi convenzionali cosi come quelli d’emergenza e, persino, eventuali collisioni con gli uccelli.
Nel 1875 venne rinvenuto in tempio indiano il Vaimanika Sastra, un testo del quarto secolo avanti Cristo scritto da Bharadvajy il Saggio, utilizzando quali fonti testi ancora più antichi. Esso trattava del funzionamento dei Vimana e comprendeva informazioni sulla manovrabilità, sulle dei velivoli dai temporali e dai fulmini e su come cambiare la propulsione da un’alimentazione ad “energia solare” ad una priva di energia; il che suona come “anti-gravità”. Il Vaimanika Sastra (o Vymaanika-shaastra) ha otto capitoli di diagrammi che descrivono tre tipi di velivoli, compresi gli apparati che non possono prendere fuoco né rompersi.
Il testo, inoltre, cita 31 elementi fondamentali di queste macchine e 16 materiali con cui sono costruite che assorbono luce e calore; motivo per il quale venivano ritenuti adatti per la ricostruzione dei Vimana. questo documento è stato tradotto in inglese e si può avere scrivendo alla casa editrice:
VYMAANIDA-SHAASTRA AERONAUTICS di Maharishi Bharadwaaja, ed edito, stampato e pubblicato da Mr. G.R: Josyr; Mysore, India, 1979 (sfortunatamente non abbiamo l’indirizzo).
Il signor Josyr è il direttore dell’International Academy of Sankrit Investigation situata a Mysore. Non sembra esserci dubbio che i Vimana fossero dotati di qualche dispositivo di “anti-gravità”. I Vimana decollavano in senso verticale, ed erano capaci di volteggiare in cielo come i moderni elicotteri o i dirigibili. Bharadvajy il Saggio parla di non meno di 70 autorità 10 esperti di viaggi aerei nell’antichità.
Queste fonti sono oggi disperse. I Vimana erano custoditi in un Vimana Griha, una specie di hangar, e si dice che venivano a volte alimentati da un liquido giallognolo, ed altre da una specie di composto di mercurio, anche se gli scrittori sembrano avere idee confuse a questo riguardo. È probabile che gli ultimi scrittori riguardo i Vimana agissero solamente in quanto studiosi-osservatori, ispirandosi a testi più antichi, e perciò che facessero compresibilmente confusione sul principio dell’alimentazione dei Vimana. Il liquido “bianco-giallognolo” fa pensare alla benzina, e forse i Vimana avevano un gran numero di diverse fonti di propulsione, compresi i “motori a reazione”.
E’ interessante notare che i nazisti svilupparono i primi motori a reazioni per le loro “bombe volanti” V-7. Hitler e la dirigenza nazista erano straordinariamente interessati all’antica India e al Tibet e mandarono spedizioni in entrambe questi paesi, ogni anno a partire dagli anni ’30, e forse fu da questi popoli che i nazisti ottennero una parte delle loro conoscenze scientifiche. Secondo il Dronaparva, una sezione del Mahabharata, e il Ramayana, uno dei Vimana descritti era a forma di sfera, ed era portato ad una grande velocità da un potente vento generato dal mercurio.
Si muoveva come un UFO, andando su, giù, avanti e indietro come desiderava il pilota. In un’altra fonte indiana, il Samar, i Vimana erano “macchine di ferro, compatte ed eleganti, con una carica di mercurio che veniva sparata fuori, dalla parte posteriore, nella forma di una fiamma rombante”. Un altro lavoro chiamato Samaranganasutradhara descrive come venivano costruiti i veicoli. E possibile che il mercurio avesse qualcosa a che fare con la propulsione o, più probabilmente, con il sistema di guida.
Curiosamente, scienziati dell’ex Unione Sovietica hanno scoperto quelli che essi chiamano “antichi strumenti usati su veicoli per la navigazione cosmica” in alcune grotte del Turkestan e del deserto del Gobi. I ” dispositivi” sono soggetti emisferici di vetro o porcellana, che finiscono in un cono con una goccia di mercurio all’interno. E evidente che gli antichi indiani volavano su questi veicoli per tutta l’Asia, probabilmente fino ad Atlantide, e persino, a quanto pare, fino al Sud America. Uno scritto trovato a Mohenyodaro, in Pakistan, (ritenuta una delle “Sette Città Rishi dell’Impero Rama”) e non ancora decifrato, è stato ritrovato anche in un altra località: l’Isola di Pasqua!,
Anche il testo ritrovato nell’Isola di Pasqua, chiamato lo “scritto di “Rongo Rongo”, è indecifrato, ed è straordinariamente a quello di Mohenjodaro. L’Isola di Pasqua era una base aerea lungo la rotto dell’Impero Rama. In un testo ritrovato in Tibet, a non poca distanza, si parla di un carro infuocato:”Bhima volò via con il suo carro radioso come il sole e fragoroso come il tuono… Il carro volante splendeva come una fiamma nel cielo di una notte d’estate…avanzava maestosamente come una cometa…era come se brillassero due soli. Quindi il carro saliva e tutto il cielo si illuminava”.
Nel Mahavira di Bhavabhuti, un testo Jain dell’ottavo secolo, scelto tra tradizioni e testi ancora più antichi, leggiamo: “Un carro aereo, il Pushpaka, trsporta molta gente alla capitale di Ayodhya. Il cielo è pieno di stupende macchine volanti, scure come la notte ma illuminate da luci di un bagliore giallognolo”. I Veda, antichi poemi Hindu, ritenuti i testi indiani più antichi, descrivono i Vimana di varie forme e dimensioni:”l’ahnihotra-vimana” con due motori, i “vimana elefanti” con più motori, e altri modelli chiamati martin-pescatore, ibis e con nomi di altri animali. Sfortunatamente i Vimana, come la maggior parte delle invenzioni scientifiche, venivano utilizzati soprettutto per la guerra. Gli abitanti di Atlantide usavano le loro macchine volanti, i “Vailixi”, un tipo di velivolo simile ai Vimana, per cercare di conquistare il mondo, stando a quanto dicono i testi indiani. La gente di Atlantide, conosciuta come “Asvin” nei testi indiani, a quanto pare era persino più progredita tecnologicamente di quanto fossero gli indiani, ed aveva un temperamento più guerriero.
Sebbene non si sappia l’esistenza di nessun testo antico che parli dei Vahilixi di Atlantide, ci è giunta qualche informazione attraverso fonti esoteriche ed occulte che offrono una descrizione di queste macchine violanti. Simili, se non identici ai Vimana, i Vahilixi erano generalmente “a forma di sigaro”, ed erano sott’acqua così come nell’atmosfera o, addirittura nello spazio. Altri veicoli, propio come i Vimana, erano a forma di disco, e potevano anch’essi sott’acqua. Secondo un articolo che EKLAL Kueshana, autore di “The Ultimate Frontier”, scrisse nel 1966. i Vailixi furono realizzati per la prima volta ad Atlantide 20.000 anni fa, e i più comuni erano “a forma di disco con sezione generalmente trapezoidale, con tre serbatoi emisferici per il motore posti nella parte inferiore”:
Utilizzando un sistema antigravitazionale meccanico attivato da motori che sviluppano, all’incirca, una potenza di 80.000 cavalli”.
Il Ramayana, il Mahabharata ed altri testi parlano della terribile guerra che ebbe luogo circa 10.000 o 12.000 anni fa tra Atlantide e l’impero Rama, in cui vennero utilizzate armi di distruzione che i lettori non si sarebbero immaginate fino alla seconda metà di questo secolo. L’antico Mahabharata, una delle fonti che trattano dei Vimana, ad un certo punto parla della terrificante distruttività della guerra:”…(l’arma era) un singolo proiettile carico di tutta la potenza dell’universo. Una colonna incandescente di fumo e fiamma, sfavillante come migliaia di soli che sorgono in tutto il loro splendore…Un fulmine di ferro, un gigantesco messaggero di morte, che riduce in polvere l’intera razza dei Vrishnis e dei Andhkas…i cadaveri erano talmente carbonizzati da essere irriconoscibili.
I capelli e le unghie caduti; le stoviglie rotte senza una ragione apparente, gli uccelli diventati bianchi…dopo alcune ore tutti gli alimenti erano diventati infetti…per scappare dal fuoco i soldati si gettavano nei torrenti per lavare il corpo e gli indumenti…” Sembrerebbe che il Mahabharata stia descrivendo una guerra atomica! Riferimenti come questo non sono isolati; al contrario, battaglie in cui si usa uno straordinario assortimento di armi e di velivoli sono comuni in le opere epiche indiane. Una di queste descrive addirittura una battaglia tra Vimana e Valix sulla Luna!
Il brano appena riportato descrive molto accuratamente come sarebbe una guerra atomica e quali effetti della radioattività sulla popolazion. Buttarsi in acqua è l’unico sollievo. Durante gli scavi della città di Rishi di Mohenjodaro, fatti nel secolo scorso, gli archeologi trovarono scheletri che giacevano lungo le strade, e qualcuno degli studiosi rimase come se fosse stato colpito da qualche grande maledizione. Questi scheletri sono tra i più radioattivi mai ,ritrovati alla pari di quelli di Hiroshima e Nagasaki.
Città antiche le cui mura di pietra e di mattoni sono state letteralmente vetrificate, cioè fuse, possono essere trovate in India, Irlanda, Scozia, Francia; Turchia e in altri paesi. Non c’è nessuna spiegazione logica per la vetrificazione delle fortificazioni di pietra e delle città, eccetto quella dell’esplosione atomica. Inoltre, a Mohenjo-Daro, una città ben pianificata, sviluppata su di un reticolato, dotata di un impianto idrico più evoluto di quello usato in Pakistan e nell’India moderni, le strade erano piene di “mucchietti neri di vetro”.
Si scoprì che queste masse di vetro erano pentole di terracotta fuse e causa di un calore molto intenso! Con il cataclisma che ha provocato lo sprofondamento di Atlantide e la distruzione di Rama, entrambi a causa delle armi atomiche, il mondo collassò in una specie di “età della pietra”, e la storia moderna ricominciò solamente diverse migliaia di anni più tardi. Eppure sembra che non tutti i Vimana e i Vailixi di Rama e di Atlantide siano scomparsi. Costruiti per durare migliaia di anni, molti di loro dovrebbero essere ancora funzionati, come sostenuto dai “Nove Uomini Ignoti” di Asoka e nel manoscritto di Lhasa. Che la società segrete o “fratellanze ” di esseri umani ed “illuminati” volessero difendere queste invenzioni e la conoscenza della scienza, della storia ecc…, non sembra sorprendente. molti famosi personaggi storici come Gesù, Budda, Lao Tzu, Confucio, Krishna, Zoroastro, Mahavira, Quetzalcoatl, Akhenaton, Mosé e molti altri inventori di epoche piè recenti e, ovviamente, tanta altra gente che probabilmente rimarrà anonima., forse furono membri di organizzazioni come quelle.
E interessante notare che quando Alessandro il Grande invase l’India, piè di duemila anni fa, i suoi storici scrissero che ad un certo punto venne attaccato da “scudi volanti infuocati” che si lanciavano contro il suo esercito terrorizzando la cavalleria. Questi “dischi volanti” non usarono nessuna bomba atomica né arma laser contro i soldati di Alessandro, forse per magnanimità, ed egli fini col conquistare l’India. Molti scrittori lasciano intendere che queste “fratellanze” custodiscono alcuni dei loro Vimana e Vailixi in grotte segrete situate in Tibet o in qualche altra località dell’asia Centrale, e si ritiene il deserto del Lop Nor, nella Cina occidentale, sia il centro di un grande mistero intorno agli UFO.
Forse e qui che molti velivoli sono ancora custoditi, in basi sotterranee come quelle che gli Americani, i Britannici, e i Sovietici hanno costruito in tutto il mondo nei passati decenni. Dopo la scomparsa di Atlantide e dell’Impero di Rama, aeromobili anti-gravitazionali, frutto di civiltà evolute in epoche remote, potrebbero essere custoditi ed utilizzabili in luoghi accessibili agli iniziati. Molti ricercatori dell’enigma UFO tendono a trascurare un fatto di grande importanza: si dà per scontato che molti dischi volanti siano di origine aliena, o forse militare governativa, non prendendo in considerazione che potrebbero invece provenire da Atlantide o dall’antica India.
Ciò che sappiamo sugli antichi velivoli indiani risale a fonti remote: testi scritti che ci sono giunti attraverso i secoli. Non c’è dubbio che molti di tali testi siano autentici; esistono letteralmente centinaia di epiche indiane, molte delle quali non sono nemmeno state tradotte in inglese dal sanscrito.

Dai documenti custoditi a Lhasa
L’imperatore indiano Ashoka diede inizio alla “Società segreta dei nove uomini sconosciuti”: grandi scienziati indiani che avrebbero dovuto catalogare tutte le scienze. Ashoka tenne segreto il loro lavoro perché temeva che le scienze avanzate catalogate da questi uomini, estratte dalle antiche fonti indiane, sarebbero state usate per malvagi scopi di guerra, a cui Ashoka si opponeva fortemente, essendosi convertito al buddismo dopo aver sconfitto un esercito rivale in una battaglia sanguinosa.
I “nove uomini sconosciuti” scrissero un totale di nove libri, presumibilmente uno a testa. Uno dei volumi si intitolava “Il segreto della gravità!” ed era conosciuto dagli storici anche se non l’avevano mai visto; dato che trattava principalmente del controllo della gravità, si può immaginare perché Ashoka volesse tenere segreta tale conoscenza. Egli sapeva anche di guerre devastanti in cui erano stati usati veicoli avanzati e altre “armi futuristiche” che avevano distrutto l’antico “Impero di Rama” indiano diversi secoli prima.
Solo pochi anni fa i Cinesi hanno scoperto dei documenti sanscriti a Lhasa, in Tibet e li hanno inviati all’università di Chandrigarh per essere tradotti. In merito, la dottoressa Ruth Reyna dichiarava che i documenti contengono istruzioni per la costruzione di astronavi interstellari! Il loro metodo di propulsione, a suo avviso, era “anti-gravitazionale” e si basava su un sistema analogo a quello della “laghima”, il potere sconosciuto dell’ego esistente nel carattere fisiologico dell’uomo “una forza centrifuga abbastanza forte da neutralizzare tutta la spinta gravitazionale”.
Secondo gli Yogi Hindu sarebbe la “laghima” a permettere all’uomo di levitare. La dottoressa Reyna ha detto che a bordo di queste macchine, che nel testo venivano definite “Astras”, gli antichi indiani avrebbero potuto inviare un distaccamento di uomini su qualsiasi pianeta, almeno stando a questo documento, probabilmente ultra secolare. Sembra che i manoscritti abbiano rivelato anche il segreto di “antima”, “della cappa dell’invisibilità” e di “garima”, ovvero “come diventare pesante come una montagna di piombo”. Non sorprende che gli scienziati indiani dopo aver snobbato i testi in questione, abbiano cominciato a cambiare parere quando i Cinesi hanno annunciato che avrebbero incluso certe parti dei dati nel loro programma spaziale.
Questo è stato uno dei primi casi di ufficiale ammissione governativa sulla ricerca anti-gravità. Il manoscritto non specificava che fosse mai stato fatto un viaggio interplanetario, ma tra le varie cose menzionava un viaggio pianificato sulla Luna, nonostante non sia chiaro se sia stato mai effettuato. Comunque, una delle grandi epiche indiane, il Ramayana, tratta una storia dettagliata di un viaggio verso la Luna in un Vimana (o Astra) e infatti parla di una battaglia sulla Luna con una nave aerea “Asvin” (o Atlantidea”). Questa è solo una piccola prova della tecnologia anti-gravità e aerospaziale usata dagli Indiani.
Quattro tipi di velivoli
Per comprendere veramente la tecnologia, dobbiamo tornare ancora indietro nel tempo. Il cosiddetto “Impero di Rama” dell’India settentrionale e del Pakistan, sviluppatosi almeno 15.000 anni fa nel sub continente indiano, era una nazione composta da molte grandi città. Rama esisteva parallelamente alla civiltà Atlantidea nel medio oceano Atlantico, ed era governato da sacerdoti-re illuminati. Le sette grandi capitali di Rama erano conosciute nei testi classici indu come “Le sette città Rishi”.
Secondo gli antichi testi indiani i suoi abitanti avevano delle macchine volanti chiamate Vimana, descritte come velivoli circolari a doppio ponte, con oblò e una cupola, come immagineremmo un disco volante. Volava con la “velocità del vento” ed emanavano un “suono melodioso”. C’erano almeno quattro tipi diversi di Vimana; alcuni a forma di disco volante, altri come lunghi cilindri (aeronavi a forma di sigaro”).
Gli antichi testi indiani sui Vimana sono numerosi, e ci vorrebbero interi volumi per raccontare ciò che hanno da dire. Gli antichi indiani, che costruirono queste navi, hanno scritto interi manuali di volo sul controllo dei vari tipi di Vimana, molti dei quali sarebbero ancora esistenti, ed alcuni sono stati anche tradotti in inglese. Il Samara Sutradhara è un trattato scientifico che affronta da ogni possibile angolazione il viaggio aereo a bordo di un Vimana.
Ci sono 230 stanze che trattano la costruzione, il decollo, l’attraversamento di migliaia di chilometri, atterraggi normali e forzati, e anche possibili collisioni con uccelli. Nel 1875, il Vaimanika Sastra, un testo del quarto secolo a.C. scritto da Bharadvajy il Saggio, usando anche testi più antichi come fonte, fu riscoperto in un tempio in India. Trattava dell’operatività dei Vimana ed includeva informazioni sul governo del timone, precauzioni per lunghi voli, protezione dell’aeronave dalle tempeste e dai lampi e come passare dalla guida a “energia solare” ad una fonte ad energia libera che sembra “anti-gravità”. Il Vaimanika Sastra (o Vymaanika-Shaastra) ha otto capitoli di diagrammi, che descrivono tre tipi di velivoli, inclusi apparati ignifughi e super-resistenti.
Menziona inoltre 31 parti essenziali di questi veicoli e 16 materiali di cui sono costruiti, che assorbono luce e calore; caratteristiche che li rendevano adatti alla costruzione dei Vimana. Sembra non sussistere dubbio che i Vimana fossero alimentati da qualche sorta di anti-gravità. Potevano infatti effettuare il decollo verticale e fluttuare nel cielo, come un moderno elicottero o un dirigibile. Bharadvajy il Saggio si riferisce a non meno di 70 autorità e 10 esperti di viaggio aereo nell’antichità.
Queste fonti sono ormai perdute. I Vimana venivano alloggiati in un Vimana Griha, una specie di hangar e a volte si diceva che fossero riforniti da un liquido bianco-giallastro, o da una specie di composto di Mercurio, anche se le informazioni in proposito non sembrano troppo chiare. è probabile che gli scrittori postumi, nel descrivere i Vimana, si siano serviti di testi precedenti, e si siano confusi sul principio della loro propulsione. Il liquido bianco-giallastro sembrerebbe benzina, e forse i Vimana avevano diverse fonti di propulsione, inclusi motori a combustione o anche gettoreattori.
È interessante notare che i nazisti avevano sviluppato i primi pulsoreattori pratici per i loro missili V-8. Hitler e la sua accolita di studiosi nazisti di esoterismo si interessarono all’antica India e al Tibet, dove inviarono numerose spedizioni, a partire dagli anni ’30, al fine di riscontrare tangibili prove alle loro teorie: fu forse proprio così che i nazisti ottennero alcune delle loro informazioni scientifiche. Secondo il Dronaparva, parte del Mahabarata e del Ramayana, un Vimana descritto aveva la forma di una sfera e volava ad altissima velocità su un vento mitico generato dal Mercurio.
Si muoveva come un UFO, andando su e giù, all’indietro e in avanti, seguendo i desideri del pilota. In un’altra fonte indiana, il Samar, i Vimana erano “macchine di ferro, ben congiunte e lisce, con una carica di Mercurio che usciva dalla parte posteriore in forma di una fiamma rumorosa”.
Scheletri radioattivi
Un’altra opera chiamata Samaranganasutradhara, descrive la progettazione dei i veicoli. è possibile che il Mercurio avesse qualcosa a che fare con la propulsione, o più probabilmente con il sistema di guida. Curiosamente, gli scienziati sovietici hanno scoperto quelli che chiamano “strumenti antichi usati in veicoli navigatori cosmici” in grotte del Turkestan e del deserto del Gobi.
Gli “apparecchi” sono oggetti semisferici di vetro o porcellana, che finiscono a cono con una goccia di Mercurio all’interno. è evidente che nell’antichità gli Indiani volavano in giro per l’Asia, forse ad Atlantide e perfino in Sud America.
Sfortunatamente i Vimana, come molte scoperte scientifiche, venivano usati per la guerra. Gli Atlantidei usavano le loro macchine volanti “Vailixi”, un tipo di velivolo, per provare letteralmente a soggiogare il mondo, se dobbiamo credere a quello che dicono i testi indiani. Gli Atlantidei, conosciuti come “Asvins” erano apparentemente tecnologicamente più avanzati degli Indiani, e certamente di temperamento più agguerrito. Sebbene non si sia a conoscenza di testi sui Vailixi atlantidei, alcune informazioni sono state ottenute da fonti “occulte” e esoteriche che descrivono le loro macchine volanti. Simili, se non identici ai Vimana, i Vailixi erano, in genere, sigariformi, ed avevano la capacità di muoversi sott’acqua, nell’atmosfera o nello spazio, indifferentemente. Il Ramayana, il Mahabarata e altri testi parlano della terribile guerra che vide opposti, fra dieci o ventimila anni, Atlantide e Rama, e l’uso di terribili ordigni di distruzione inimmaginabili fino alla seconda metà di questo secolo.
L’antico Mahabarata descrive le terrificanti caratteristiche distruttive della guerra: “… (l’arma era) un singolo proiettile caricato con tutto il potere dell’universo. Una colonna incandescente di fumo e fiamme brillante come mille soli si sollevò in tutto il suo splendore… una saetta di ferro, un gigantesco messaggero di morte che ridusse in cenere l’intera razza dei Vrishnis e gli Andhakas… i cadaveri erano così bruciati da essere irriconoscibili. I capelli e le unghie caddero; le ceramiche si ruppero senza ragione, e gli uccelli divennero bianchi… dopo qualche ora tutte le riserve di cibo erano infette… per sfuggire a questo fuoco, i soldati si lanciarono nei corsi d’acqua per lavare se stessi ed il loro equipaggiamento…”.
Sembra che il Mahabarata stia descrivendo una guerra atomica! Riferimenti del genere non sono isolati: battaglie con l’uso di un fantastico schieramento di armi e velivoli sono comuni in tutte le epiche indiane. Una di queste descrive addirittura un conflitto sulla Luna tra Vimana e Vailixi!

La su menzionata sezione descrive dettagliatamente un’esplosione atomica e gli effetti della radioattività sulla popolazione. Saltare nell’acqua sarebbe stata l’unica tregua. Quando gli archeologi trovarono i resti della città di Mohenjo Daro, gli scheletri giacevano per strada e alcuni di loro si stringevano le mani, come se fossero stati colti all’improvviso da un tremendo destino. Questi resti umani risultano tra i più radioattivi mai trovati, alla pari con quelli di Hiroshima e Nagasaki.
Antiche città i cui muri e mattoni sono stati letteralmente vetrificati e fusi insieme, si possono trovare in India, Irlanda, Scozia, Francia, Turchia e altri luoghi. Non c’è una spiegazione logica per la vetrificazione di città di pietra, se non un’esplosione atomica. Oltretutto, a Mohenjo Daro, le strade erano ricoperte di vetri anneriti, frutto dello scioglimento di vasi d’argilla a causa di un intensissimo calore.
I Grandi e le Aeronavi
Con il cataclismico affondamento di Atlantide e l’annientamento di Rama con le bombe atomiche, il mondo è collassò in una sorta di età della pietra. Eppure sembra che non tutti i Vimana e i Vailixi di Rama e Atlantide siano andati distrutti. Costruiti per durare migliaia di anni, molti sarebbero ancora in uso, come evidenziato dai “Nove uomini sconosciuti” di Ashoka e dai manoscritti di Lhasa.
Che le società segrete composte da uomini eccezionalmente illuminati abbiano preservato queste invenzioni e la conoscenza della scienza e della storia non sembra sorprendente. Grandi personaggi storici tra i quali Gesù, Buddha, Lao Tzu, Confucio, Krishna, Zoroastro, Mahavira, Quetzalcoatl, Akhenaton, Mosé e altri rimasti anonimi, fecero probabilmente parte dell’organizzazione. è interessante notare che quando Alessandro il Grande invase l’India più di duemila anni fa, i suoi storici annotarono che ad un certo punto furono attaccati da “scudi di fuoco volanti” che si lanciarono in picchiata sull’esercito e terrorizzarono la cavalleria.
Questi “dischi volanti” non impiegarono bombe atomiche o armi a raggi sull’esercito di Alessandro, ed egli proseguì la sua invasione dell’India. Si dice che l’”organizzazione” in questione custodisca alcuni Vimana e Vailixi in caverne segrete in Tibet e altri luoghi dell’Asia Centrale, e il deserto di Lop Nor nella Cina occidentale è al centro di un grande mistero ufologico. Forse è là che vengono conservate molte delle antiche aeronavi, in basi sotterranee.
Citazioni vediche
“Una volta, mentre re Citaketu stava viaggiando nello spazio su un aeroplano brillante e fulgido, datogli da Lord Vishnu, vide Lord Siva… Le frecce mandate da Lord Siva sembravano raggi infuocati che venivano emanati dal globo di sole e coprirono i tre aeroplani residenziali, che non si potevano vedere più.” (Srimad Bhagasvatam, Sixth Canto, Part. 3)
“Un carro aereo, il Pushpaka, trasporta molta gente alla capitale di Ayodhya. Il cielo è pieno di stupende macchine volanti, scure come la notte, ma cosparse di luci con un riverbero giallognolo.” Mahavira of Bhavabhuti (Testo dell’ottavo secolo selezionato da tradizioni e scritti più antichi)“
I Veda, antichi poemi hindu, forse i più antichi di tutti i testi indiani, descrivono i Vimana di varie forme e misure: i ‘ahnihotra-vimana’ con due motori, i ‘Vimana-elefante’ con più motori, ed altri tipi che prendevano il nome da altri animali, il martin pescatore e l’ibis.” (D. Hatcher Childress, “Ancient Indian Aircraft Technology”, in The Anti-Gravity Handbook)
“Ora la grandezza del carro di Vata! Rompendo va. E di tuono è il suo rumore, fino ai cieli esso tocca. Emette vivide luci (un riverbero rosso infuocato) e turbina polvere sulla terra”. Rig-Veda (Vata è il Dio ariano del vento)
L’Impero di Rama
Il cosiddetto ‘Impero di Rama’ dell’India del Nord e Pakistan si sviluppò almeno 15.000 anni fa nel subcontinente indiano, ed era una nazione composta da grandi sofisticate città, molte delle quali si trovano ancora nel deserto del Pakistan, nell’India settentrionale e occidentale. Rama era retto da ‘re-sacerdoti illuminati’ che governavano le città.
Associabili agli UFO
Nella letteratura vedica indiana ci sono molte descrizioni di macchine volanti che generalmente sono chiamate Vimana. Si distinguono in due categorie:
- velivoli fatti dall’uomo simili ad aerei che volano con l’aiuto di ali simili a quelle degli uccelli
- strutture non aerodinamiche che volano in modo misterioso e che di solito non sono costruite dagli umani.
Delle macchine della categoria 1)si parla principalmente nelle opere secolari medioevali sanscrite che trattano architettura, motori difensivi militari e altri congegni meccanici. Le macchine della categoria (2) vengono descritte in opere antiche quali i Rig Veda, il Mahabarata, il Ramayana, e i Puranas, ed hanno molte caratteristiche che le accomunano agli UFO.
Ci sono antichi racconti indiani su veicoli di legno costruiti dall’uomo che volano con ali nel modo dei moderni aeroplani. Sebbene questi veicoli lignei fossero anche chiamati Vimana, non tutti erano simili agli aerei. I Vimana più tipici avevano caratteristiche di volo simili a quelle riportate per gli UFO, e si diceva che gli esseri con essi associati possedessero gli stessi poteri delle entità UFO.
Un esempio interessante di Vimana è la macchina volante che Salva, un antico re indiano, aveva ottenuto da Maya Danava, un abitante di un sistema planetario chiamato Taltala. “Il crudele Salva arrivò sul carro Saubha che può andare dappertutto, e da esso uccise molti coraggiosi giovani Vrishni e devastò malvagiamente tutti i parchi delle città”. (Richard L. Thompson).
Dal Mahabarata
Nel poema c’è questo racconto dell’eroe Krishna che allude ad armi più potenti. Va nei cieli all’inseguimento di Salva:
“Il suo Saubha salì al cielo alla lunghezza di una lega… mi lanciò dei razzi, missili, lance, punte, asce, azze, giavellotti a tre lame, lanciafiamme, senza sosta… il cielo… sembrava che avesse cento soli, cento lune… e cento miriadi di stelle. Nessun giorno o notte si scorgeva o i punti della bussola”.
E ancora:
“L’aereo occupato da Salva era molto misterioso. Era così straordinario che a volte sembrava che molti aerei apparissero nel cielo, a volte che non ce ne fossero del tutto. L’aereo ora era visibile, ora no, e i guerrieri della dinastia Yadu erano confusi dalle sue manovre. A volte lo vedevano a terra, a volte volava nel cielo, altre volte si trovava sulla cima di una collina e a volte galleggiava sull’acqua. Il magnifico aereo volava nel cielo come un tizzone turbinante – non stava fermo nemmeno per un istante”.
L’Aviazione indiana – Superpotenza globale
Le riflessioni sulle vette cognitive e tecnologiche degli antichi imperi indù, in particolare il mitico Impero di Rama, dovrebbero indurci a rivedere le concezioni storiche che possediamo e la loro applicazione pratica alle epoche che si sono succedute. Se gli Egizi secondo l’Ortodossia sono stati gli iniziatori della scrittura, i Sumeri lo furono per il concetto di Civiltà, ponendo una cesura storica tra il caos organizzativo precedente il 9.000 a.C. e la stabilità successiva a questa data.
All’inizio di questo articolo abbiamo ipotizzato che la scienza dovesse rendere ufficiale la maggior antichità delle popolazioni sud-orientali del mondo: ebbene questa concezione è quella vigente oggi; la civiltà in quanto tale sembra essere apparsa decine di migliaia di anni prima rispetto al 9.000 a.C. e si sviluppò proprio in queste zone. La spinta forte in tale direzione ha trovato la forza necessaria nelle scoperte di Moenjo Daro, Harappa, Kalibangan, Kot Diji e Lothal, città antichissime con planimetrie e piani regolatori degni di una capitale dei nostri giorni.
Le pianificazioni dei quartieri perfettamente squadrati e angolari, che dividevano con un senso logico la topografia della città, hanno indotto gli studiosi ad ipotizzare progetti urbanistici a monte della loro realizzazione; dunque una concezione urbanistica prima che uno sviluppo. Gli impianti fognari e quelli potabili erano tenuti separati, entrambi coperti e questi ultimi fornivano acqua corrente nelle case per bagni e gabinetti. Era in uso la scrittura, non ancora decifrata, nonché sigilli con cui ufficializzavano lettere e documenti; tali sigilli riportano effigi di animali a noi sconosciuti…
Questi era l’Impero di Rama, celebrato negli antichi scritti del Ramayana, testi che non sorprendono più di tanto per quanto attiene alla narrazione storica; singolari al contrario sono le storie di voli e guerre aeree. è evidente che ogni buddista o indù, che dir si voglia, conosce a perfezione le storie relative a mezzi volanti antichissimi, detti Vimana, sui quali si narra ampliamente nel Ramayana e non solo.
Il giornalista indiano Mukul Sharma, scrivendo nel 1999 sulle colonne del “The Times of India” l’articolo Flight Path, descriveva vimana e guerre aree del passato indiano; nell’ordine: Yantra Sarvasa, opera scritta di M. Bharadwaaja, consta di 40 sezioni delle quali una di 8 capitoli (Vaimanika Prakarasutra) tratta di aeronautica. In specifico i vimana elencati sono di 3 specie:
- In grado di spostarsi da un luogo all’altro.
- In grado di spostarsi da un continente all’altro.
- In grado di spostarsi da un pianeta all’altro.
Quali caratteristiche avrebbero dovuto avere detti mezzi.
Di seguito:
- inattaccabili,
- ignifughi,
- indistruttibili,
- capaci di stop immediati,
- invisibili al nemico,
- capaci di sistemi spia su suoni e conversazioni provenienti dalla caccia avversaria,
- in grado di vedere e registrare immagini,
- in grado di captare i movimenti dei mezzi nemici,
- poter paralizzare gli avversari,
- dotati di piloti ed equipaggio adattabili a qualsiasi condizione climatica,
- realizzati in materiali resistenti e leggerissimi,
- dotati di mezzi in grado di ingrandire/ridurre immagini e amplificare suoni.
Sharma conclude con una nota e una vena sarcastiche sulla possibilità che i racconti di Bharadwaaja fossero semplicemente un’anticipazione degli odierni racconti di fantascienza immortalati in pellicole oramai di culto (da Star Trek a Flash Gordon…).
Eppure il testo più importante dei Veda, il “Mahabharata”, si districa in descrizioni minuziose e prolisse sul funzionamento e la struttura dei vimana; il “Ramayana” descrive i mezzi volanti come cilindri a due piani con area belvedere, in grado di muoversi alla velocità del vento e capaci di produrre un suono melodioso.
Un altro testo, il “Samara Sutradhara“, elenca tutte le sfaccettature inerenti le necessità ad un volo confortevole e tecnicamente perfetto quali:
- costruzione,
- decollo,
- crociera,
- atterraggio ordinario e d’emergenza,
- tipologie differenziate di collisioni con uccelli.
La domanda da porsi è: qualora non ci fosse stato nulla di cui raccontare, sarebbe stato possibile scrivere minuziose strofe (oltre 230) solo su codesti argomenti. La fantasia non ha, in effetti, confini: basti considerare le storie narrate dal nostro scrittore romano Luciano per avere la netta sensazione che la capacità creativa umana dimostra potenzialità fuori dal normale; è anche vero che Luciano, al contrario, non rispettava alcuni canoni tecnici presenti nei libri sull’argomento redatti dagli antichi indù…
Ed ecco puntuale la scoperta che sancisce l’ipotesi: nel 1875 venne scoperto in un tempio il “Vaimanika Shastra“, sempre ad opera di Bharadwaaja, completo di informazioni attinte da testi provenienti da un passato remoto su (a detta dell’autore stesso, quindi ancora più credibile perché non si arrogò la paternità degli scritti):
- manovre di virata,
- precauzioni ed organizzazione sulle lunghe percorrenze di volo,
- protezione degli aeromobili contro tempeste e fulmini,
- switch d’alimentazione da solare ad alternativa (sconosciuta) “libera energia”,
- possibilità di “alimentazione a gravità”,
- decollo in verticale e sospensione del volo (tipo elicottero),
- citazione di almeno 70 enti preposti e 10 esperti del volo nell’antichità.
Tutti testi perduti!
Gli antichi piloti di Rama proteggevano i vimana in ambienti, hangar, denominati “griha”; il carburante utilizzato era di colore bianco giallognolo. Se consideriamo che la Tradizione indica l’Isola di Pasqua come avamposto Rama, non può non saltare agli occhi che la misteriosa scrittura trovata sui Mohai non ha riscontri sul pianeta, se non nelle antichissime e misteriose città di Harappa e Moen Jo Daro; probabilmente l’impero indiano e Atlantide utilizzavano l’Isola come scalo aereo per i commerci che si estendevano su tutto il Pacifico; ammesso e non concesso che Rapa-Nui fosse un’isola a quei tempi…
L’informazione più importante proveniente dai “Vaimanika Shastra” è la descrizione di un meccanismo che oggi definiremmo “motore vortex al mercurio”. All’interno di un sito messo on line su internet nel 1998 (autore Ed Fouche), si faceva riferimento ad un esperimento militare ad opera degli statunitensi inerente l’aereo TR-3B, ovvero il triangolo volante a motore vortex al mercurio assemblato nella zona S-4 della nota base aerea Area 51 situata nello Stato del Nevada.
Le caratteristiche di questo motore sono quelle di controbilanciare la massa gravitazionale permettendo al velivolo di alzarsi in volo e compiere movimenti e crociere a velocità parossistiche e ad altissima manovrabilità.I motori vortex funzionano benissimo, almeno in teoria, all’interno di aeromobili di forma discoidale o triangolare ovvero a sigaro allungato.
Clendenon, autore di “Mercury: UFO Messanger of the Gods”, ritiene che molti degli avvistamenti UFO avvenuti dal 1947 in poi, altro non sono se non avvistamenti di Vimana equipaggiati con motori vortex al mercurio riscaldato (appartenenti a piloti sopravvissuti a decine di migliaia di anni – sic!) oppure, più prosaicamente e verosimilmente, a tecnologie sviluppate da anglo-americani o tedeschi.
Ma cosa c’entrano i motori al mercurio ed Ermete, il dio messaggero dell’antichità. Anzitutto il nome del dio (Mercurio) e la sua caratteristica di padrone del volo ingaggiato dagli déi per portare notizie da una parte all’altra dell’aere e del pianeta e la stessa denominazione/funzionamento dei motori vortex, appunto, al mercurio riscaldato.
Clendenon è infatti convinto che la struttura del vortex, descritta da Bharadwaaja, sia del tutto simile al simbolo del dio, ovvero il Caduceo, composto di due serpenti intrecciati che si snodano attorno ad un perno centrale il tutto corroborato da due ali sormontate da una sfera; egli si spinge ad ipotizzare che il Caduceo potesse essere un simbolo della scienza dell’aviazione in tempi remoti, solo successivamente utilizzata dalla scienza medica.Il funzionamento del motore altrimenti definito “girodirezionale” è estremamente complesso; Clendenon ne dà una descrizione dettagliata ma mai quanto Bharadwaaja nel quinto capitolo del “Vaimanika Shastra”.
Dato che anche il sottoscritto ha trovato una difficoltà enorme nel tentare di riportare ad una comprensione accettabile le strofe descrittive, mi permetto di rimandare direttamente alla lettura del testo riportata nel libro (2). è interessante cogliere, all’interno del racconto, l’importanza sostanziale che hanno i cristalli nella realizzazione del girodirezionale, elementi ancora oggi utilizzati su vasta scala nella meccanica dell’orologeria e nella tecnologia laser.
La base del funzionamento vortex risiede nella creazione di un campo elettromagnetico in cui il velivolo dotato si muove, in pratica sfruttando la ionizzazione che si viene a creare intorno alla sua struttura e che somiglia in maniera inquietante al fenomeno degli avvistamenti UFO, ad esempio la fluttuabilità dell’immagine del mezzo oppure i colori che circondano i discoidi – rosso, arancio, giallo – che caratterizzano l’aura energetica attorno al mezzo. Somiglia ad una vera e propria bolla di plasma, che spesso abbraccia l’intera radiazione luminosa, l’iride, variando di colore in continuazione; si pensi alla bolla di luce misteriosa che abbracciò la nave oggetto del “Filadelfia Experiment” negli anni ’40 (sfera di color verde), ovvero le testimonianze dei sopravvissuti al Triangolo delle Bermude (sfere di luce verdastra attorno a navi o aerei oppure all’orizzonte).
La realtà è che, comunque, un triangolo volante di 60 metri di ampiezza è stato realizzato dagli USA e sembra sia dotato proprio di un motore girodirezionale vortex al mercurio riscaldato. Di idea più radicale è il professor R. Dikshitar, Oxford, il quale è profondamente convinto che l’aviazione indiana abbia dato impulso alla stragrande maggioranza delle “scoperte” tecnologiche aeree in atto ai giorni nostri. Dikshitar lo scriveva nel 1944, all’indomani guarda caso del “Filadelfia Experiment”, nel libro “War in Ancient India”, spingendosi ben aldilà delle semplici considerazioni sui testi, bensì interpretando i testi vedici in chiave descrittiva sulle attività dell’aviazione bellica indiana e non solo.
Fino a riportare le parole del “Samarangana Sutradhara” in merito alle tre operazioni dei Vimana: decollo, crociera per migliaia di chilometri e discesa; inoltre la macchina volante era in grado di giungere alla Surya-mandala “Regione del Sole” ovvero salire fino alla Naksatra-mandala “Regione delle Stelle”.
Il dubbio rimane sulla veridicità oggettiva dei testi oppure sulla loro meravigliosa verità fantascientifica inerente la fantasia umana. La risposta arriva dall’autore stesso, citando la differenza sostanziale tra i “Daiva” ovvero i miti narrati nella letteratura indiana e i “Manusa” ovvero i trattati scientifici e storici di quest’ultima; i Vimana e le descrizioni aeronautiche fanno parte di questa seconda sezione.
(R. Pinotti e M. Blondet)