RELIGIONI

Ezechiele complementi e nozioni

Nei precedenti post riguardanti Ezechiele, abbiamo confrontato dettagliatamente il testo biblico con alcuni principi tecnici riscontrando la loro conformità. In questo capitolo e nel successivo, dedicheremo la nostra attenzione a particolari e a caratteristiche, per noi rilevanti, che occupano una parte importante delle Scritture. Questo metodo di ricerca ci condurrà a risultati nuovi e sorprendenti che, pur non essendo strettamente tecnici.. una volta messi in rapporto col lavoro scientifico fatto, diventeranno una componente notevole di questa ricerca.

Il motivo dominante

Sono tre le espressioni che ricorrono nel libro di Ezechiele, per indicare determinati eventi e situazioni. Il loro uso, tipico e legato ad avvenimenti simili, non lo si può ritenere casuale. La prima espressione compare all’inizio di ciascun incontro del profeta con la nave spaziale. In termini musicali, sarebbe un preludio.

  • Primo Incontro: “1.3. la parola del Signore fu diretta ad Ezechiele”
  • Secondo Incontro: “3.22. . .. fui rapito in estasi dal Signore”
  • Terzo Incontro: “8.1. … fui rapito in estasi dal Signore Dio
  • Quarto incontro: “40.1 . . . . quel giorno Il Signore mi rapi in estasi”.

L’unica eccezione si verifica allorché Ezechiele, terminato il primo incontro, ritorna a casa in stato di choc, e dice:

3.14. . .. lo me ne andavo amareggiato, con l’anima In grande eccitazione, mentre la mano del Signore pesava fortemente su di me.

Il contenuto di quest’ultimo verso, aiuta a chiarificare il significato della “mano del Signore”. Come abbiamo detto in precedenza, la si potrebbe considerare come un indice di influenza ipnotica. Non rientra nelle nostre intenzioni indagare sull’effettivo significato di questa espressione, è comunque opportuno ribadire che le frasi ricorrenti compaiono ad ogni incontro con la nave spaziale. Ogni visione inizia invece con le parole “e mi disse”, “figlio d’uomo”, ed altre similari.  Riprenderemo l’argomento nel capitolo successivo. La seconda espressione ricorrente è “allora uno spirito mi sollevò”, detta talvolta in maniera leggermente diversa. In ogni caso, essa indica un effettivo sollevarsi dal suolo, cioè Ezechiele vola o compie un breve “salto”. Non esistono dubbi sull’evento in sé, rimane l’incertezza sul significato di “spirito”, ‘anche perché fra il verso 43.5 da una parte e i versi 44.1 e 44.4 dall’altra, si manifesta una discordanza notevole.

Versione standard: “43.5 . . . . allora lo spirito mi sollevò e mi condusse … ”
Versioni diverse: “44.1. mi condusse poi verso .. .” “44.4 poi mi condusse .. .”

(Nel testo in tedesco il soggetto “egli” è espresso, in italiano è sottinteso, N.d.T.). Gli ultimi due versi sono riferiti all’accompagnatore di Ezechiele, quindi è logico identificare l’accompagnatore con lo spirito. Questa soluzione non è irrealistica e soddisfa alle nostre aspettative. Nel riferimento 6, l’autore è dell’opinione che il soggetto sia l’angelo accompagnatore, il soggetto del verbo diventa l’angelo che funge da guida. Nasce una difficoltà su questa interpretazione, non appena si confrontano i riferimenti 1 e 2 dove, invece della parola spirito”, si usa sempre “vento”. Ammesso che il testo originale contenga un’espressione comprensiva di più significati, quel “vento” può essere sia lo spostamento d’aria causato dal piccolo propulsore individuale, sia rappresentare un qualcosa del tutto nuovo. Riprendiamo il verso di Ezechiele:

8.3. Egli stese una forma di mano, m’afferrò per capelli, e lo spirito mi sollevò fra terra e cielo …

Analizziamo la situazione. Un braccio meccanico si stende fino ad afferrare Ezechiele il quale ha l’impressione che una mano lo prenda per i capelli. Poi uno “spirito” ( un “vento”) lo solleva da terra. Ezechiele distingue esplicitamente due fatti:

  • primo: viene afferrato per i capelli
  • secondo: viene sollevato da terra.

La possibilità di sostituire “spirito” con “vento” apre prospettive notevoli. Il caricamento mediante elettricità statica, provoca il raddrizzamento dei capelli. Sappiamo inoltre che un forte campo di elettricità statica crea una corrente d’aria, quindi un vento! Il vento potrebbe essere l’effetto di un campo di forze e quindi un mezzo di spinta e di sollevamento, di cui oggi non sappiamo ancora molto. Diventa di importanza secondaria che i capelli di Ezechiele fossero stati veramente afferrati da una “forma di mano”, oppure che il loro movimento fosse la conseguenza di una carica elettrica del tipo di quella descritta sopra. Questo è comunque un altro fenomeno degno dell’attenzione degli esperti di varie discipline scientifiche. La nostra conclusione è che, in ogni caso, con la seconda espressione ricorrente si accenna ad un sollevamento dal suolo mediante un apparecchio propulsivo diverso da quelli per ora conosciuti. Il terzo motivo dominante che ricorre nel testo biblico, riguarda il volo dell’astronave.

8.3. . .. e mi portò, in visioni divine.

11.24. . .. In visione, nello spirito di Dio .

40.2. … In visioni divine mi condusse.

Per spiegare l’identità fra il volare e le “visioni divine” basta considerare l’avventura del volo per la maggioranza degli uomini del nostro tempo, il primo volo costituisce un’esperienza magnifica, nonostante tutti conoscano la possibilità di volare. Non c’è dubbio che Ezechiele, superato lo choc del primo incontro, rimanesse entusiasta nel vedere la Terra dall’alto, sotto di sé. Ricordiamo che allora, ed accade spesso ancora oggi, si supponeva che Dio fosse “sopra”, in cielo. Ezechiele vedeva la Terra come la vedeva Dio! Non è molto importante che l’espressione sia di Ezechiele o di qualche traduttore che voleva rendere più comprensibile il concetto originario. Contrasta con la tesi precedente il verso che conclude il primo incontro.

3.14. lo me ne andavo amareggiato, con l’anima in grande eccitazione.

Se ricordiamo lo stato di choc in cui cadde il profeta, allora fu proprio quell’eccitazione” che gli impedì di godersi il suo primo volo. Non guardava sotto di sé, non vide la Terra e non ebbe, in quell’occasione, “visioni divine”.

Il Tempio

Il terzo incontro (il tempio è quello di cui si parla nel terzo incontro) è successivo al primo di un anno circa, quindi avvenne, più o meno, nel 591 avanti Cristo. Dal verso 8.3 apprendiamo che Ezechiele volò dal tempio a Gerusalemme. I cortili e le porte del tempio sono citati quattro volte:

8.3. … all’Ingresso della porta Interna …

10.5. … fino al cortile esterno …

10.19. … all’ingresso della porta orientale del Templo del Signore.

11.1 … la porta orientale del Tempio.

La maggioranza delle traduzioni e dei commenti concordano sii quanto abbiamo riportato sopra. Non possediamo descrizioni più precise di quelle dei versi 10.19 e 11.1. Solo il commentatore del riferimento 6 , sostiene che nel primo verso si tratta del cortile interno, nel secondo di quello esterno. Sappiamo dalla storia che il tempio fu distrutto nel 586 avanti Cristo, quindi all’incirca cinque anni più tardi degli eventi che stiamo analizzando. Secondo il testo, Ezechiele sarebbe atterrato nel tempio di Salomone. Tuttavia,  il tempio di Salomone aveva solo un muro e nessun cortile esterno! Il tempio di Salomone non aveva un cortile esterno ed era separato dal palazzo solo dal muro del cortile interno. Questo sviluppo stupefacente della situazione, è ribadito da una divergenza sul terreno. Nel verso 9.2 leggiamo che gli uomini venivano “per la via della porta alta”. Tuttavia, secondo la piantina, il tempio sorgeva sopra una collinetta, perciò la porta settentrionale doveva essere leggermente al di sotto. La porta più alta poteva essere quella fatta costruire dal re Jotham, situata a nord-est che, era posta più in alto rispetto al cortile del tempio. La questione del livello della porta viene, per così dire, rettificata da una controdichiarazione. Ma introduciamo adesso un nuovo quesito e cioè la direzione della porta. Nel verso 11.23 si legge che l’atterraggio avvenne “sul monte che sta ad oriente di Gerusalemme”. Ora, qualcuno che conosceva bene Gerusalemme come Ezechiele, sapeva anche il nome del monte – Monte degli Ulivi – e lo avrebbe senz’altro menzionato per illustrare i luoghi della vicenda a persone che conoscevano quelle zone bene quanto lui. Egli non tralascia mai di citare la sua comunità di deportati “presso il fiume Kebar”. Per riassumere, pensiamo che il tempio fosse quello di Salomone e che il monte vada identificato per la sua posizione e non per il suo nome. La situazione è sbalorditiva e, per tentarne la chiarificazione, incominciamo col fidarci dello spirito di osservazione di Ezechiele di cui abbiamo avuto numerose dimostrazioni. In altri termini, prendiamo per buona la sua descrizione del tempio, ritenendola quindi esatta ed adeguata. Egli fu condotto in un tempio da dove vide una montagna, tuttavia il tempio non era a Gerusalemme e la montagna non era il Monte degli Ulivi. Teniamo anche conto, e di questo parleremo meglio nel prossimo capitolo, che il testo di Ezechiele, nella forma pervenutaci, non fu scritto da lui. Nel momento che interessa per la sua stesura, il tempio di Salomone era già stato distrutto da decenni. Infatti, gli ebrei ritornarono da Babilonia a partire dall’inizio del 538 avanti Cristo, ovvero 59 anni dopo la deportazione. Le probabilità che vivesse ancora qualcuno che vide realmente il tempio di Salomone sono piuttosto scarse. Nel contesto religioso del tempo, un elaboratore del testo di Ezechiele avrebbe potuto, sia pure in buona fede, collocare quel tempio a Gerusalemme. Questi non sono che i primi passi di tanti che dovremo  fare su questo cammino. Non abbiamo però ancora risposto alla domanda: chi fu veramente Ezechiele? Nel quarto incontro, se escludiamo (almeno per il momento non ne motiviamo le ragioni) i riferimenti a Gerusalemme e ad Israele contenuti nei versi introduttivi, l’unica informazione che rimane sulla posizione del tempio è che sorgeva “sopra un monte altissimo” (verso 40.2). Il tempio viene descritto con una dovizia di particolari quasi incredibile e si presenta come una grande costruzione. Dalla lettura del testo biblico, con tutti i dati a disposizione, si ha l’impressione che la piantina del tempio sia semplice da disegnare. Non appena ci si accinge a farlo, l’operazione si rivela estremamente difficile. Esistono addirittura dei passi in cui le opinioni dei commentatori biblici si contraddicono. Il tempio stesso, come visione, è di per sé una contraddizione in quanto non è mai stato costruito. Fra l’altro, quando si ricostruì il tempio di Gerusalemme non si tentò nemmeno di basarsi sul testo di Ezechiele. Il tempio occupa un’area quadrata che misura 260 metri di lato. Una costruzione cosi ampia, rende meno credibile la sua collocazione sulla cima di un monte altissimo. Un’altra riserva concerne il fiume ricordato nel 47° capitolo del testo. Questo fiume inizia da un ruscello che sbuca in fondo alla parete orientale e che scorre poi verso oriente, diventando quindi un corso d’acqua dalle rive fertili. Il racconto si interrompe bruscamente al verso 12. Dal verso 13 fino al termine del capitolo successivo ( che è quello con cui finisce il testo), si parla di una visione. Tra i primi 12 versi e quelli che vengono dopo, la frattura è netta ed è ravvisabile non solo nel repentino cambiamento del soggetto, ma anche nel mutamento dello stile che diventa discorsivo con l’uso prevalente dell’imperativo. Inoltre il verso 13 inizia con un “così parla il Signore Dio”. La descrizione del fiume si intreccia con quella del tempio, rendendo verosimile la posizione di quest’ultimo come la si contempla nel testo. Come terza argomentazione contraria al “monte”, riportiamo la prima impressione che ebbe Ezechiele dopo l’atterraggio:

40.2. . .. mi posò sopra un monte altissimo, In vetta al quale sembrava costruita una città …

È poco probabile che un osservatore attento come Ezechiele, confonda un tempio con una città o viceversa. Tenuto conto della grandezza del tempio, la confusione appare ancora più incredibile. Ezechiele descrive il tempio, ma non descrive la città. Il suo resoconto si arresta di colpo, senza un motivo plausibile. Questa fine è anche la fine del suo libro. In conclusione, il testo pervenutoci non è che un frammento: mancano le notizie relative al volo di ritorno e, se non si accenna alla città, la causa deve essere la stessa. Ipotizziamo tuttavia che la città esista, per quanto non venga affatto menzionata. Infatti, solo la vicinanza di una grande città giustifica la costruzione di un tempio così imponente. Quindi, seguendo questo ragionamento, immaginiamo che, fuori delle mura del tempio, ci fossero degli altri edifici. Scattiamo così la tesi del tempio sul monte. L’immagine è allora quella del tempio, in mezzo alla città a cui appartiene, e di un corso d’acqua che, scorrendo verso oriente, diventa sempre più ampio. Il “monte” perde la sua fisionomia e si trasforma in un immenso terreno.Nell’avvicinarsi al tempio, Ezechiele avrebbe potuto vedere un “monte altissimo”. Ma poiché ne abbiamo escluso l’esistenza, Ezechiele non ha potuto percepirlo, salvo che un rallentamento del suo sistema respiratorio, in conseguenza dell’aria più rarefatta non gli abbia alterato i rifless

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