
Abbiamo parlato finora dei rapporti che intercorrono tra il libro di Ezechiele ed i presupposti tecnici che ne stanno alla base. D’ora in avanti, con le conoscenze che abbiamo acquisito, esamineremo il testo in senso globale, cioè come documento. Nel corso della ricerca, si sono manifestate nella struttura del testo alcune particolarità divisibili in tre gruppi: disordine nella posizione dei versi, imperfezioni, un immotivato cambiamento del tema trattato. Quest’ultimo è probabilmente conseguenza diretta dei primi due, ma ai fini della nostra indagine, non riveste soverchia importanza.
A noi interessa sottolineare l’esistenza delle particolarità citate e delle problematiche che ne derivano. Inoltre, alcune incoerenze si spiegano alla luce dei risultati della nostra ricerca e della relativa chiarificazione dello svolgersi degli eventi. Neanche ad un lettore affrettato, sfugge il disordine di alcuni passi del libro di Ezechiele. Frasi, ripetizioni, versi, si succedono senza alcun rapporto organico con quanto li segue o li precede.
Questo accade fin dal primo capitolo:
1.8. Di sotto le ali, ai quattro lati, si levavano mani d’uomo tutti e quattro avevano il medesimo aspetto e le ali di identiche dimensioni.
1.9. Le ali si univano l’una con l’altra, e in qualunque direzione si volgessero, non si voltavano indietro, ma ciascun, procedeva di fronte a sé.
1.10. Quanto alle loro sembianze, presentavano l’aspetto di uomo, ma tutti e quattro avevano pure una faccia di leone a destra, una faccia di bue a sinistra e una faccia d’aquila.
La seconda parte del verso 8 e l’intero verso 9, non si trovano qui al loro posto ed interrompono la continuità del discorso. D’altronde, anche il verso 9 è spezzettato:
1.9. …e in qualunque direzione si volgessero, non si voltavano Indietro, ma ciascuno procedeva di fronte a sé.
La testimonianza viene ripetuta nei versi 1.12 e 1.17:
1.12. Ognuno si muoveva di fronte a sé: andavano dove lo spirito li dirigeva, e muovendosi non si voltavano indietro
1.17. Così muovendosi potevano andare verso quattro direzioni, senza voltarsi nei loro movimenti.
Il testo è analogo nei versi 1.19 e seguenti, fino al verso 1.21.
Tuttavia la maggior confusione si manifesta al decimo capitolo. Non solo vi si confonde l’azione vera e propria con l’organizzazione strutturale del libro, ma le descrizioni tecniche risultano slegate, discontinue e ripetitive. Quanto il testo sia incoerente, lo visualizziamo nel grafico che segue, dove si fa un confronto fra il numero del verso ed il contenuto di quest’ultimo. Il grafico dimostra che la continuità dell’azione narrata nel decimo capitolo, è interrotta fin dal primo verso il quale, come abbiamo scritto in precedenza (capitolo 1 ), apparterrebbe al nono capitolo del testo biblico.
L’azione del decimo capitolo inizia perciò col verso 2, risulta di nuovo interrotta al verso 5, infine, dopo un breve accenno nei versi 6 e 7, cede il posto ai particolari tecnici (versi da 8 a 17). Poco prima del termine del capitolo, l’azione viene ripresa nei versi 18 e 19. Il verso 20 contiene una conferma e può eventualmente considerarsi come ancora appartenente all’azione. I versi 21 e 22, decisamente posteriori, presentano anch’essi delle conferme che però non sono collocate in una posizione adeguata. Le descrizioni tecniche che spezzettano l’azione, concordano, talvolta parola per parola, con quelle del primo capitolo. Uniche eccezioni, sono i versi 12 e 14. Il primo tratta degli “occhi”, a proposito dei quali abbiamo già discusso parecchio e su cui quindi non ritorniamo. Il secondo si occupa delle “facce” che Ezechiele vede diverse da quelle indicate nel primo capitolo del libro. La cosa non sorprende: basta che Ezechiele fosse in una posizione differente rispetto alla nave spaziale!
Altro esempio di imperfezione del testo, è quello della descrizione della capsula del comandante nei versi 1.26, 1.27 e 1.28. Pur tenendo conto delle oggettive difficoltà di esprimersi appropriatamente, il quesito rimane irrisolto. Del secondo incontro non ci resta che un frammento che inizia con il verso 3.22, ma che non viene portato a termine. Inoltre, lo stesso inizio è imperfetto in quanto, contrariamente agli altri incontri, manca la data. Un altro esempio è fornito dal terzo incontro. Nei versi 8.2 e 8.3, troviamo una sovrapposizione di frammenti il cui significato lo si comprende solo in base alla descrizione del primo incontro. L’ipotesi che, in questa occasione, Ezechiele osservò qualcosa di diverso rispetto agli incontri precedenti e seguenti, cade grazie al verso 43.3 dove egli confermò l’identità della nave spaziale del quarto incontro con quelle del primo e del terzo.
43.3. Questa visione era come l’altra che avevo veduta quando venni per la futura distruzione della città, e ciò che si vedeva era come la visione che ebbi sul fiume Kebar. lo caddi bocconi, con la faccia a terra.
In quest’ultimo verso, la città da distruggere riguarda il terzo incontro, mentre la visione al fiume Kebar il secondo. Un riferimento simile è contenuto all’inizio del verso 3.23 (secondo incontro). Quanto sopra conferma l’identità della nave spaziale, perciò, di sicuro i versi 8.2 e 8.3 sono dei frammenti di un testo più ampio. Del quarto incontro abbiamo indicato le due principali imperfezioni. Da un lato, l’incontro si interrompe bruscamente e, a differenza del primo e del terzo, non si parla del ritorno di Ezechiele alla sua comunità. Dall’altro, manca qualsiasi descrizione della città che Ezechiele vede dall’alto, mentre la nave spaziale si avvicina al tempio.Un altro esempio di cambiamento repentino del tema è ravvisabile durante il secondo incontro, ricordandoci che manca qualsiasi datazione. Anche se per altre ragioni, il drastico mutamento dei versi relativi al secondo incontro l’abbiamo discusso nel capitolo precedente. La grande differenza che esiste tra i versi 47.12 e 47.13, un vero e proprio “salto del pensiero”, è forse la conseguenza dell’assenza del testo originale. Nell’ambito di questa breve indagine, vogliamo infine introdurre un argomento che non è stato ancora analizzato: si tratta della località menzionata all’inizio ed alla fine del primo incontro.
1. 1 lo mi trovavo fra i deportati presso il fiume Kebar …
Stranamente, alla fine del primo incontro, Ezechiele vola verso la comunità citata
3.15. Giunsi così a Tel-Abib, presso i deportati che abitano lungo il fiume Kebar
Prese alla lettera, queste affermazioni indicherebbero che il luogo iniziale e quello finale del primo incontro, sono nelle immediate vicinanze della stessa località. In altre parole, il comandante fece compiere ad Ezechiele un giro completo. Come vedremo nel capitolo 8 del nostro libro, questa ipotesi non è così azzardata come sembra. L’altra spiegazione consiste nell’imputare all’autore del testo un’omissione grossolana, il che ci pare improbabile. Fra l’altro, anche nei riferimenti 4 e 6, esiste un commento apposito. Per fortuna, nel libro di Ezechiele problemi di questo genere si presentano raramente. Essi complicano l’interpretazione del testo, ma non sono tali da ostacolare una migliore comprensione delle Scritture. Il vero significato del testo, è quindi solo collegabile alla figura dell’autore. Le incoerenze citate, di per sé notevoli, ci danno ancora più da pensare, tenuto conto che provengono da un individuo dotato di una forza morale e di uno spirito di osservazione straordinari. Esiste una contraddizione tra l’essere in grado di descrivete con precisione degli eventi fuori del comune, e il non riuscire a disporre il racconto in maniera coerente. Fra le due situazioni c’è troppo contrasto, per non spingerci a ipotizzare una diversa identità tra osservatore ed autore. Nasce quindi il desiderio di un’analisi ulteriore. Prima di prendere in considerazione una simile eventualità e caso mai di accettarla, ci chiediamo se Ezechiele non fosse anche l’autore della versione pervenutaci dal suo libro. Abbiamo già rilevato che, all’epoca del quarto ed ultimo incontro, Ezechiele era sulla cinquantina. Egli avrebbe ancora avuto dieci anni a disposizione per narrare le sue vicissitudini. Le incoerenze del libro, volendo, diventano la conseguenza di un calo del rendimento spirituale dovuto all’avanzare dell’età. Questa tesi è inaccettabile: basta ricordare l’assenza di contraddizioni ed il rigore della ricostruzione tecnica della nave spaziale. Non esiste, in tutto ciò, il minimo indizio di confusione mentale. Se interpretiamo alla lettera le parole di Ezechiele, la risposta non sembra difficile. Egli dice, infatti: “io parlai alla comunità dei deportati”, perciò comunicò a voce le sue visioni e le relative vicende. Uno o più interlocutori poterono benissimo trascrivere il suo racconto: egli stesso magari prese degli appunti. Alla morte di Ezechiele, forse al termine della deportazione, qualcuno unì il tutto in un libro. A questo autore sconosciuto della versione pervenutaci del libro di Ezechiele, siamo molto grati perché, senza il suo gravoso lavoro, non avremmo mai saputo nulla degli stupefacenti incontri del profeta con le navi spaziali. È comprensibile l’interesse dell’autore per la parte visionaria delle vicende di Ezechiele. I dettagli tecnici degli incontri con quelle strane ed immense cose volanti, non avevano per lui alcun significato reale e rientravano nell’insieme della visione. È notevole come la fusione tra le varie componenti del racconto di Ezechiele sia contenuta al minimo. Per questo, non solo le descrizioni tecniche ci sono pervenute in maniera grandiosa, ma abbiamo anche la testimonianza delle reazioni di Ezechiele durante lo svolgersi degli eventi. Pensiamo a come sarebbe stato facile, per quell’autore, cambiare i passi a lui incomprensibili, come ad esempio dove il comandante viene chiamato “uomo” (Adamo) ed “egli”. Fu così ammirevolmente sincero ed obiettivo, da evitare qualsiasi impronta personale. Assolse il suo compito nel miglior modo possibile e ci tramandò un’opera veramente straordinaria. Questo zelo ci rende indulgenti dinanzi all’errata collocazione di molti frammenti, trovati magari sparsi o sovrabbondanti dall’autore. La sua naturale non-conoscenza delle caratteristiche dell’astronave, gli impedì di vedere i rapporti fra i vari passi e quindi non riuscì a sistemarli nell’ordine che oggi sappiamo essere quello logico. Questo spiega anche i repentini cambiamenti di argomento: è possibile che le informazioni, scritte ed orali, a disposizione dell’autore fossero incomplete e derivassero da fonti diverse. La morte ed altre calamità, produssero probabilmente delle lacune nel materiale disponibile. L’autore seppe comunque mantenere l’impronta originaria, non inserì nulla di personale, lasciando parlare lo scritto cosi come gli era pervenuto. Dei pochi passi in cui si discostò da questo atteggiamento,abbiamo già accennato in precedenza. Nella maggioranza di questi casi, non mancano dei motivi ben precisi, come ad esempio nel verso 1.14, dove si descrive il rapido movimento della nave spaziale. L’autore, dopo aver menzionato i tuoni ed i lampi, venne indotto ad affermare che il movimento del veicolo era rapido come il lampo. Quando ci occupammo del verso 9.3, constatammo essere quella l’unica volta in cui il comandante fu denominato “il Signore” e non l’”uomo” come nelle altre occasioni. Vista l’eccezionalità della cosa, siamo propensi a ritenerla un’improprietà terminologica. Nel quadro dei rapporti tra descrizioni di carattere tecnico e visioni nel corso del terzo incontro (capitoli biblici ottavo, nono ed undicesimo), occorre approfondire il discorso iniziato nel nostro capitolo 5. Appare una circostanza notevole nel verso 9.11: l’uomo “vestito di lino” fa il suo rapporto dopo aver eseguito l’ordine del comandante. L’ordine era di uccidere senza pietà, come si legge nei versi 9.4 e 9.5. Con nostra grande meraviglia, nei versi 11.1 e 11.2 sta scritto:
11.1 ed ecco all’ingresso della porta venticinque uomini, tra i quali vidi Geremia, figlio di Azur e Felzla, figlio di Banaia, capi del popolo.
11.2. Allora il Signore mi disse: figlio d’uomo, questi sono i capi, che meditano l’iniquità e danno perversi consigli in Gerusalemme.
A parte le considerazioni precedenti, incontriamo qui un gruppo di uomini inseribili fra i “cattivi”. Non solo sono vivi, ma della loro presenza non si farà più parola. L’evidente contraddizione fra questa scena e quella precedente, supponiamo sia dovuta alla mancata comprensione, da parte dell’autore di altre affermazioni del comandante. È la stessa tensione che anima il terzo incontro, a suggerire un simile andamento delle cose. Non stiamo a ritornare sull’uso dell’espressione “in visioni divine” e sulla posizione del tempio. Le nostre considerazioni sull’autore del libro di Ezechiele poggiano, fino a questo momento, su elementi ricavati dall’indagine tecnica del testo. Fanno seguito alcuni commenti che trattano l’argomento dal punto di vista religioso o linguistico. Nel riferimento 4 leggiamo le seguenti osservazioni:
Pag. 604, lettera c – “Uno studio più accurato rivela … la mano del redattore. Il testo è spesso In considerevole disordine … Si notano, Inoltre, parecchie ripetizioni”.
Pag. 604, lettera d – ” … (Bertholet) … è del parere che il profeta ha solo lasciato passi e frammenti di profezie, estesi nel testo attuale dai suol discepoli spirituali”.
Dopo un confronto con il testo antico, ecco le conclusioni:
Pag. 604, lettera e – “Possiamo ora attribuire, con maggiori probabilità, l’Intero libro ad un singolo traduttore”.
Quindi, si esclude che Ezechiele sia l’autore del testo pervenutoci. Quanto si sostiene, nel riferimento 6, dapprima sembra un po’ sorprendente:
Pag. 14 – “Non esistono dubbi sull’unitarietà del testo … alcuni studiosi… avanzarono l’ipotesi che ‘aggiunte considerevoli siano state apportate all’opera’ … Le giustificazioni di questa teoria sono artificiose ed inventate. La composizione metodica del testo, dall’inizio alla fine, evidenzia che quello è il lavoro di un solo individuo. Lo studioso conservatore Kirkpatrick, sostiene la tesi tradizionale: ‘Il libro di Ezechiele porta l’impronta di un piano e di una elaborazione molto curati e, con ogni probabilità, ci perviene dal profeta stesso. Egli parla in prima persona’.”Abbiamo sostenuto che Ezechiele si incontrò davvero con delle navi spaziali di cui descrisse le caratteristiche tecniche con precisione sorprendente, fornendoci inoltre molte notizie sugli incontri stessi. Finora, abbiamo tacitamente accettato che le parti non tecniche del libro si riferiscano a delle visioni. Nel testo biblico, l’astronave compare nell’introduzione e due volte al termine di un episodio. Nel corso della vicenda qualcuno designato da Ezechiele come “egli” o “uomo”, gli spiega gli eventi e gli assegna dei compiti. Talvolta, Ezechiele. risponde e nascono quindi dei dialoghi, sempre comunque assai brevi. Subito dopo il commento continua:
“Mentre Ezechiele è l’autore dell’intero libro, la versione finale da includere nella Bibbia non fu scritta da lui. .. essa fu revisionata da autorità e pubblicata dagli uomini della Grande Sinagoga.”
Ancora una volta, si afferma che non siamo in possesso del testo originale di Ezechiele, ma di una sua rielaborazione. È chiaro che dal punto di vista religioso, le parti parlate sono quelle più importanti, l’essenza spirituale. Nel commento religioso, il trono regale diventa qualcosa di accessorio, il mezze per trasmettere un messaggio, ma non l’aspetto sostanziale d quest’ultimo. Ne viene che il significato della nave è meno importante del messaggio. In questo libro, il nostro interesse tecnico ci induce ad occuparci espressamente del veicolo, che dimostriamo essere realmente una nave spaziale. Sorge a questo punto un conflitto determinato dalla incompatibilità fra la visione e la presenza fisica dell’astronave. II conflitto è risolvibile in due modi. La prima soluzione consiste nel considerare sia l’astronave che la visione come eventi reali. Ezechiele vide l’astronave ebbe anche delle visioni. Le visioni sono però avvenute in tempi diversi dagli incontri con le navi spaziali. Non è importante che l’intervallo di tempo fra incontri e visioni sia di settimane o di anni. Persino il testo biblico asserisce che, fra il primo ed il terzo incontro, trascorsero circa 19 anni, durante i quali Ezechiele ebbe la maggior parte delle visioni. La non conoscenza dell’effettivo svolgersi degli avvenimenti, probabilmente provocò un miscuglio tra visioni e incontri reali. E’ questo l’unico rapporto tra nave spaziale e visioni e non le · abbiamo difficoltà ad accettare l’esistenza di un intervallo di tempo che le divida. . La seconda soluzione è alquanto differente. Prendiamo di nuovo Ezechiele alla lettera. Così facendo, dobbiamo accettare la contemporaneità degli incontri con le relative azioni, il tutto come appartenente ai medesimi eventi. Visto che consideriamo navi spaziali e comandante come realtà tangibili, allora, nei dialoghi, una parte del parlato è scritta per conto del comandante, quindi non lo si può più ritenere una visione. Questa nostra ipotesi, non intacca quanto abbiamo affermato a proposito dell’autore. Quest’ultima possibilità, trova nella letteratura più fondamenti di quanto si immagini. Innanzi tutto, il libro di Ezechiele è stato oggetto di controversie per secoli. Il riferimento 6 (pag. XIII) inquadra nel migliore dei modi l’essenza del problema del libro:
“Se non tosse stato per lui, il libro di Ezechiele sarebbe stato ritirato dalla circolazione, perché le sue parole sembrano contraddire gli insegnamenti del Torah.” L’uomo che salvò il libro si dice fosse il rabbino Chananiah che visse nel primo secolo dopo Cristo e che studiò lungamente gli scritti di Ezechiele. Il libro doveva essere molto consistente perché egli consumò 300 barili di petrolio per l’illuminazione e la cucina. Il commento del rabbino, in cui “si risolvono tutte le contraddizioni”, non ci è pervenuto, ma il libro fu salvo (rif. 6, pag. XIV). Nel medesimo riferimento si constata:
“Tuttavia, nonostante gli sforzi compiuti dal rabbino per armonizzare il testo, le divergenze fra li libro di Ezechiele ed li codice mosaico resero inutili tutti i tentativi di conciliazione.” Ad esempio, alcune descrizioni delle visioni divergono completamente dalla legge mosaica. Più specificatamente, nel riferimento 6 sono contenute le seguenti notevoli osservazioni:
Pag. IX – “Ezechiele è unico fra i profeti ebrei, sia per la natura della sua visione, che per il suo modo di esprimersi. Egli è l’unico· ad essere chiamato ‘figlio d’uomo’, espressione che nel libro ricorre un centinalo di volte.”
Pag. X – “Lo stile e la dizione di Ezechiele, sono inoltre diversi da quelli degli altri profeti.”
Leggiamo ancora nella stessa pagina:
“L’illazione di alcuni critici, è che Ezechiele fosse incapace di distinguere tra elementi morali ed elementi rituali della religione, in quanto collegò un’alta moralità sociale con domande rituali … Ezechiele è stato persino accusato di non interessarsi che agli aspetti esteriori della religione.”
Ed ancora:
Pag. XI – “il testo dei capitoli conclusivi, dove si tratta del Tempio del futuro, presenta difficoltà pressoché insormontabili. I tipi ed il numero di sacrifici là prescritti, differiscono da quelli menzionati nel Pentateuco. Ci sono inoltre molte innovazioni che, secondo la legge istituita, esulano dalla normale autorità del profeta.”
Si legge similmente nel riferimento 4:
Pag. 603, paragrafo 478 d – “Egli ignora importanti istituzioni legali costituite in precedenza. per adottare quelle che più sono conformi al suol propositi. Egli Insiste sulla sincera conversazione con Yahweh, fatta con cuore e spirito rinnovati.”
Pag. 603, paragrafo 479 a – “Questo spiega perché Il suo messianismo sia cosi distintamente nazionale e materiale e Il perché non cl si possa attendere un avverarsi compiuto delle sue profezie … “
Pag. 604, paragrafo 479 a – “Torreu, 1930, considera l’Intero libro come uno pseudoepigrafo, scritto 230 anni prima di Cristo, fantasticamente Impostato dall’autore al tempo di Manasses e trasformato In un lavoro post-esilio da un redattore.
Rifacciamoci al testo. Una caratteristica peculiare del terzo incontro è la presenza dei sette uomini che il comandante chiama dopo l’atterraggio. Sei sono vestiti secondo l’uso del tempo e si ha la sensazione che siano in quel luogo già da un certo periodo. Quest’ultima circostanza lascia supporre che essi conoscano usi e costumi del posto, sia religiosi che rituali. Nel prossimo capitolo del nostro libro, parlando della loro missione, supporremo senz’altro che essi abbiano preso confidenza con la situazione culturale e politica di quel contesto geografico. Questo non significa che capissero tutto quanto li circondava le disposizioni teoriche ricevute lasciavano un margine all’errore. Quanto sopra non sorprende, sorprende invece che i commentatori non si siano mai occupati dei passi citati, nei quali sono letteralmente contenuti tutti gli errori che un visitatore può commettere in una situazione simile: esagerare gli aspetti formali nazionali, non osservare le leggi vigenti, fornire dati errati sul rituale e sui sacrifici.Abbiamo infine un cambiamento nel modo di esprimersi di Ezechiele allorché questi riceve ordini dal comandante:
3.5. Perché tu sei inviato non ad un popolo di oscuro linguaggio e di barbara lingua, ma alla casa d’Israele.
3.6. Non a popoli diversi, di parlare difficile e di lingua straniera, di cui tu non potresti comprendere le parole: se ti avessi Inviato a loro, ti darebbero ascolto.
Questo passo è interessante per il tono personale che ne scaturisce. Il comandante tenta di rassicurare Ezechiele parlandogli, per così dire, “da uomo a uomo”. Gli dice esplicitamente che non ha bisogno di rivolgersi a uno o più popoli di “oscuro linguaggio e di barbara lingua”, di cui “tu non potresti comprendere le parole”. Si ha la netta sensazione che colui che parla conosca personalmente questa difficoltà, sia cioè qualcuno che sa che cosa significhi studiare vocaboli, grammatica e modi di esprimersi di una lingua straniera. Il comandante dovette imparare l’ebraico? Nel prossimo capitolo esamineremo le ragioni che l’hanno spinto a conversare con Ezechiele; per ora, accontentiamoci di constatare che la seconda soluzione è ricca di spunti notevoli. Il suo effettivo valore esula dalla mia competenza, nonché dall’ambito di questa ricerca.