RELIGIONI

Ezechiele testo biblico e tecnica 1/2

Dopo aver approfondito l’argomento relativo alla costruzione dell’astronave e quello sul funzionamento della nave madre, il testo biblico assume una nuova luce ai nostri occhi. Gli elementi ed i risultati di una tale analisi, conferiscono a questo capitolo il carattere di un commento biblico del tutto nuovo. In conformità alle ricerche effettuate, il commento è limitato a quei passi delle scritture che si riferiscono all’astronave, al comandante, all’equipaggio ed agli avvenimenti che son rilevanti per il nostro studio.

Rif. 1 – Die Bibel oder dle ganze Heillge Schrift des Alten und Neuen Testamentes, traduzione di D. Martin Luther, Stuttgart, Stoccarda, Prv. Wurtt. Bibelanstalt. Non datata. (data probabile: Inizio Ottocento).

Rif. 2 – Biblia. Das ist: dle ganze Heilige Schrift, Dr. Martin Luther, Lipsia. Ed Mayer und Wiegand. 1842.

Questo è l’elenco dei testi biblici usati dall’autore (in tedesco o in inglese).

Rif. 3 – The Bible. Revised Standard Version. New York. Am. Bible So., Copyright Nuovo Testamento 1946, Vecchio testamento 1952.

Rif. 4 – A Catholic Commentary on Holy Scripture, Toronto, New York, Edinburgh, T. Nelson & Sons, 1953. Imprimatur 1951.

Rif. 5 – Die  Heilige Schrlft des Alten und Neuen Testamentes. Tradotto dal testo originale e pubblicato dal Prof. Vinzenz Hamp, Melnard Stenzel, Josef Kurzlnger, Aschaffenburg Imprimatur 1957, Copyright 1957. Paul Pattloch.

Rif. 6 – Ezekiel Hebrew text & English translation, prefazione e commento del rabbino dr. Fisch, Mc A. sesta edizione, 1970, Londra, The Soncino Press.

Rif. 7 – The New American Blble, tradotta dal testi antichi dal membri della Cathollc Biblical Association of America, New York, P. J. Kennedy & Sons, Imprimatur 1970.

In questo capitolo usiamo il testo di cui al riferimento 5. Le differenze importanti che si deducono dal confronto con altre traduzioni della Bibbia, saranno trattate unitamente ai rispettivi passi biblici. Ho scelto delle traduzioni che non solo coprono un periodo cli 150 anni, ma che provengono da estrazioni teologiche, oltre che geografiche, estremamente diverse. Inutile dire che i testi sono reperibili in biblioteca. Dopo aver preso inizialmente in considerazione l’idea di avvalermi della collaborazione di un esperto cli lingue antiche, ho scartato l’idea per due motivi. Il primo è che le differenze di testo sono già, sia pure nelle traduzioni, il frutto di interpretazioni diverse fornite da esperti di lingue antiche. Un esperto non avrebbe quindi che aggiunto un parere in più ai molti già esistenti, senza apportare cambiamenti sostanziali. Il secondo è  che non esistono delle differenze primarie e cioè cli principio. Si può affermare con ragione che tutte le versioni descrivono “naturalmente” gli stessi avvenimenti e le stesse apparizioni fisiche. Nella maggioranza dei casi, le differenze di testo sono riconducibili alla scelta dei termini operata dal traduttore. Alcuni passi sono invece molto diversi, il che è solo spiegabile ipotizzando che derivino da fonti differenti. Sottolineo che non si presentano casi di questo genere che siano rilevanti dal punto di vista tecnico e quindi per la mia ricerca. Quando, aldilà del tempo, dello spazio e delle differenze di religione, ogni traduzione descrive gli stessi eventi e una costruzione simile avente il medesimo funzionamento, non mi pare sia più necessario disturbare un esperto di lingue antiche. L’interpretazione a cui ci accingiamo, richiede un doppio ordine di riflessioni nei confronti di Ezechiele. Il primo riguarda la sua posizione di osservatore. Il secondo la sua reazione interiore di individuo coinvolto da ciò che vede. Quest’ultima cambia in maniera drastica: dallo choc della prima impressione, si passa ad un atteggiamento freddo ed oggettivo che gli permette di raccontare gli incontri successivi. Come osservatore Ezechiele è di un’obiettività impressionante e la sua precisione ci sorprende … Queste doti sono cosi radicate in lui da non risultare del tutto sopprimibili neanche durante lo choc del primo incontro. Ezechiele si esprime in un linguaggio un po’ particolare, ricordiamo però che egli fu sottoposto, specie nel primo incontro con l’astronave, ad emozioni provocate da eventi per lui inconcepibili, aldilà di ogni più fervida immaginazione. Dinanzi a simili eventi, la sua posizione era quella di un uomo intelligente che viene a trovarsi completamente isolato. Non solo Ezechiele non poteva capire quanto vedeva, ma gli mancava anche la terminologia per esprimersi correttamente. Negli incontri successivi, la situazione del profeta migliora,in quanto né l’astronave né il comandante risultano “nuovi” per lui. Ezechiele (come del resto i suoi contemporanei) non possedeva esperienze paragonabili a quelle derivategli dall’incontro con la nave spaziale. Egli descrisse quanto vide nell’unico modo possibile, riferendosi cioè ad oggetti ed immagini che gli erano familiari e che appartenevano al suo mondo. Qualcosa di analogo è avvenuto non molti anni fa quando gli UFO furono semplicisticamente definiti “dischi volanti”. In conclusione, è bene illustrare la composizione di quanto segue nel testo. Ho mantenuto la divisione dei capitoli e dei versi cosi come nella Bibbia. Mi sono tuttavia proposto un raggruppamento della materia indagata che tenesse conto della sequenza degli incontri di Ezechiele con l’astronave. Quest’ultimo accorgimento rende le immagini essenzialmente più plastiche e chiarifica i collegamenti tra un evento e l’altro.

IL PRIMO INCONTRO
Capitolo primo

1.1. l’anno trentesimo: il mese quarto, il giorno cinque del mese, io mi ‘trovavo fra I deportati presso il fiume Kebar quando si aprirono i cieli e fui testimonio di visioni divine.

1.2. Il cinque del mese – si era già nell’anno quinto dalla deportazione del re Joachim –

1.3. la parola del Signore fu diretta ad Ezechiele, figlio di Busi, sacerdote, nella terra dei Caldei, sul fiume Kebar. E là fui rapito in estasi.

Versi 1 e 2: fin dai versi introduttivi, Ezechiele dimostra la sua predisposizione alle definizioni rigorose. Egli precisa infatti subito la data del primo incontro. È il quinto giorno del quarto mese del quinto anno della deportazione degli ebrei in Caldea. Siamo quindi nel 593 o nel 592 a. C. Il successivo trentesimo anno cui accenna il profeta, è forse riferito alla sua età. Tuttavia i pareri sono discordi a questo proposito. L’attenzione di Ezechiele è attratta dall’accensione dei mo­ tori del razzo, operazione che, come abbiamo già spiegato in precedenza, riduce la velocità fino a consentire l’impiego delle eliche per effettuare l’atterraggio. L’accensione del motore del razzo, con l’effetto luminoso che produce, dà effettivamente la sensazione che i cieli si aprano.

Verso 3: come vedremo più oltre, le parole “fui rapito in estasi”, introducono, come motivo di fondo, l’incontro con l’astronave ed il suo comandante.

1.4. lo guardavo ed ecco un vento tempestoso avanzarsi dal settentrione. una grande nube che splendeva tutt’intorno, un fuoco da cui guizzavano bagliori, e nel centro come lo splendore dell’eletto in mezzo al fuoco.

1.5. Nel mezzo apparve la figura di quattro viventi, Il cui aspetto era Il seguente: presentavano sembianze umane.

1.6. Ma ciascuno aveva quattro facce e quattro ali.

1.7. Le loro gambe erano diritte e i piedi simili agli zoccoli d’un bue, lucenti quale bronzo terso.

Verso 4: prima di avviare il motore del razzo, per ottenere le condizioni necessarie al suo funzionamento, occorre raffreddare l’intero sistema di trasmissione, le pompe, ecc. fino a raggiungere la bassa temperatura dell’idrogeno liquido. Questo si ottiene mediante l’immissione dell’idrogeno liquido nel sistema di trasmissione. Infine l’idrogeno, sotto forma gassosa, entra nell’atmosfera dando vita ad un agglomerato di cristalli di ghiaccio simili a quelli provocati ad alta quota dagli aerei a reazione. Si forma quindi una specie di nuvola, le cui dimensioni dipendono dalla durata del processo di raffreddamento, cioè almeno alcuni secondi. Il corpo principale dell’astronave risulta praticamente avvolto in questa nube e, ad un certo momento, si ha realmente la sensazione che il veicolo spaziale esca da una nuvola, Come conseguenza della elevata capacità di discesa, dopo l’accensione del motore del razzo, la nube rimane visibile per un lungo tratto. Chiunque abbia visto il lancio di un razzo Saturno al cinema o alla televisione, meglio ancora se vi ha assistito di persona, realizza quanto sia precisa la descrizione di Ezechiele del fenomeno osservato, Nessuno potrebbe dimenticare “un fuoco da cui guizzavano bagliori” e “lo splendore dell’eletto in mezzo al fuoco”. L’illustrazione rende abbastanza bene questo momento così impressionante. Del resto, Ezechiele ha descritto l’attività del motore del razzo durante l’atterraggio solo nei versi 1.4 e 1.1. “quando si aprirono i cieli” . Infatti, negli altri incontri, egli vide l’astronave volare mediante le sole eliche.

Verso 5: sono due i motivi che spiegano perché Ezechiele parla di quattro viventi in mezzo al fuoco. Si tenga presente che l’astronave sta atterrando, quindi entra ed esce dalla nube provocata dall’accensione del motore, contrariamente al Saturno, riprodotto nella tavola I fuori testo, che decolla e quindi si allontana dalla. nube originatesi per la stessa ragione vista sopra. Sembra tuttavia che esso sia ancora circondato dalle fiamme. Per tornare alla nave spaziale, è anche importante considerare il punto da cui il fenomeno venne osservato dal profeta. L’astronave atterra. molto vicina a lui, quindi, durante la manovra, Ezechiele vede la scia luminosa dal di sotto, il che accentua quell’idea di tempesta che contraddistingue l’approssimarsi del veicolo.
In questo verso e nei seguenti, egli descrive quanto ha visto e non le fasi del volo. Quando il motore viene spento (atto non menzionato), la nave spaziale dista da Ezechiele circa 1000 metri. A questa distanza, forse anche un po’ prima, egli riesce a percepire delle “figure”. Il come sono costruite le eliche e il fatto che esse entrino in funzione per l’atterraggio, giustificano la definizione imprecisa ma efficace di “figure viventi”. Egli le vede immerse nel fuoco, cioè quando ancora non funziona il motore del razzo. Questo conferma che le eliche vengono piegate nella loro posizione operativa prima dello spegnimento del motore. Tanto· più l’astronave .si avvicina ad Ezechiele, quanto più i “viventi” assumono “sembianze umane”. L’impressione è però solo temporanea anche se, fino al termine dell’incontro con la nave spaziale, egli indica gli elicotteri con la vaga espressione di “viventi”.

Verso 6: l’astronave vola radente al suolo, quasi sospesa, in attesa di completare l’atterraggio. Ezechiele è abbastanza vicino per riconoscere le quattro eliche che funzionano a velocità ridotta, per osservarne i particolari che gli sembrano avere forma di facce.

Verso 7: assai chiara la descrizione delle “gambe ” terrestri, dei loro ammortizzatori e dei “piedi” rotondi, come si vede nelle figure 1, 2 e 4, e nelle tavole II – III fuori testo.

1.8. Di sotto le ali, ai quattro lati, si levavano mani d’uomo; “tutti è quattro avevano il medesimo aspetto e le ali di identiche dimensioni.

1.9. Le ali si univano l’una dopo l’altra, e in qualunque direzione si volgessero, non si voltavano indietro, ma ciascuno procedeva di fronte a sé.

1.10. Quanto alle loro sembianze presentavano l’aspetto di uomo, ma tutti e quattro avevano pure una faccia di leone a destra, una faccia di bue a sinistra e una faccia d’aquila.

La prima parte del verso si riferisce alle braccia meccaniche che pendono dalla nave spaziale. La seconda continua nel verso successivo, dove si parla di “qualunque direzione si volgessero”. Tutto ciò appartiene all’evento sintetizzato nel verso 1.15. che tratteremo fra breve.

Verso 10: che cosa ha indotto Ezechiele a riconoscere delle facce? Come sappiamo dalla descrizione tecnica della nave spaziale; gli ingranaggi e i meccanismi di controllo sono situati appena  sopra il piano del rotore e sono completamente rivestiti. Questo rivestimento è molto irregolare e una simile combinazione di forme può avere indotto il profeta a riconoscervi delle facce. Pensiamo alle facce che ognuno di noi ha visto in tronchi d’albero, rocce, e così via. Alcune montagne, in America e in Europa, si chiamano “Napoleone addormentato” o “capo indiano” per le immagini che suggeriscono allo spettatore. Qualche esempio concreto non è estraneo alla tecnologia moderna. La figura 13 dimostra come una capsula Gemini assomigli ad un volto serio e corrucciato. La stessa capsula, un profano digiuno di cognizioni tecniche appropriate, non potrebbe descriverla che ricorrendo alla somiglianza con una faccia sconosciuta. Infine chi, davanti a  Lunochod 1, non rimarrebbe colpito dalla sua bocca spalancata, gli occhi sbarrati, le braccia alzate e minacciose? Anche noi, pur esperti di queste cose, volendo ravvisiamo in simili strutture delle lontane sembianze umane. Che questo sia accaduto a Ezechiele, sprovvisto com’era di nozioni scientifiche non stupisce davvero. Anche quando intuì ciò che vide, per rendere le sensazioni provate fu costretto a servirsi di confronti di immagini. Si può tentare una spiegazione diversa, anche se l’ipotesi è scarsamente probabile. Ezechiele incontra il comandante ed i membri dell’equipaggio che partecipano alla missione spaziale e che a lui sembrano uomini comuni. Se la somiglianza fisica tra gli astronauti e gli altri uomini fu tale da non impressionare Ezechiele, perché non ipotizzare che i membri dell’equipaggio si comportassero come spesso fanno i piloti odierni, che dipingono sui loro aerei uccelli, animali, facce strane?

Per puro divertimento? Dopo tutto, erano senz’altro degli esseri intelligenti e nulla induce a pensate che il loro senso dello humour fosse inferiore al nostro. Aldilà della ragione che indusse Ezechiele a parlare di  “facce”, il suo resoconto è importante, poiché ci conferma l’identico orientamento delle “facce” presso le quattro eliche: quella di leone a destra, quella di bue a sinistra e così via. Ne deriva necessariamente, che il funzionamento dei quattro rotori era sincronizzato.

1.11. Cosi le loro ali erano spiegate verso l’alto: ciascuno aveva due ali che si toccavano e due ali che gli velavano il corpo.

1.12. Ognuno si muoveva di fronte a sé, andavano dove lo spirito li dirigeva, e muovendosi non si voltavano indietro.

1.13. In mezzo ai quattro viventi si vedevano come dei carboni ardenti a guisa di fiaccole, che si aggiravano In mezzo a loro. Il fuoco splendeva e dalla fiamma si sprigionavano delle folgori.

1.14. Anche quattro viventi andavano e tornavano come il baleno.

Verso 11: la prima parte del verso “le loro ali erano spiegate verso l’alto”, nei riferimenti biblici 1 e 2 (vedi nota inizio capitolo 5) suona: “le loro ali erano suddivise verso l’alto” (N.d.T.). Non sono competente per spiegare l’assenza ai questo fatto nei riferimenti biblici 3, 4 e 6 (vedi nota cit.). In questi ultimi, si legge l’affermazione lapidaria “così erano le loro facce” (N.d.T.). L’affermazione è perentoria ed interessante. Prima di approfondire l’indagine, conviene leggere tutto il verso che descrive, senza possibilità di malintesi, le eliche spiegate verso l’alto e verso il basso. Se torniamo all’inizio del versetto, constatiamo che il termine “spiegate” (nel testo biblico usato da me) ed il termine “suddivise” (riferimenti 1 e 2), non si riferiscono allo stesso fenomeno. Il “suddivise” rende l’idea di una spaccatura verticale fra le due coppie di elementi delle eliche, girati in senso opposto. In questa accezione, il termine “spiegate” ci dà un’immagine affine, nel senso di “spiegate l’una dall’altra” e “tenute discoste l’una dall’altra”. In ogni caso, entrambi i termini indicano l’esistenza di una spaccatura. Inoltre, esiste un’altra spaccatura nel meccanismo di guida e nel suo rivestimento, posto sopra il piano del rotore. Detto più precisamente, ci dovrebbero essere due spaccature per ogni elica, per consentire il piegamento nell’una e nell’altra posizione. Questo particolare, in apparenza secondario e a cui abbiamo accennato occupandoci delle caratteristiche tecniche della nave spaziale, conferma sia l’esattezza delle ipotesi sulla sua costruzione, sia lo spirito di osservazione fuori del comune di Ezechiele.

Verso 12: come il verso 9, è collegato con il verso 15, lo analizzeremo quindi più avanti.

Verso 13: Ezechiele descrive il meccanismo di raffreddamento del reattore, ancora rovente, ed il balenio dei razzi guida. Data l’alta temperatura riscontrata, il paragone coi “carboni ardenti” calza alla perfezione. I razzi-guida provocano come delle leggere scosse e lavorano in una sequenza apparentemente casuale. Allo spettatore non tecnicamente preparato, questi rapidi cambiamenti danno senz’altro un’impressione analoga a quella ricevuta da Ezechiele, cioè di “balenii che si aggiravano in mezzo ai viventi”. Nella posizione in cui si trova rispetto all’astronave, egli vede due eliche dietro al corpo principale del veicolo. La loro vicinanza al meccanismo di raffreddamento del reattore, ancora rovente e le raffiche ‘saettanti dei razzi-guida, giustificano l’espressione “dalla fiamma si sprigionavano bagliori”. I gas ad altissima temperatura sono di colore più chiaro e il loro riverbero produce quello “splendore” che Ezechiele definisce in maniera così appropriata.

Verso 14: il comandante muove la nave in diverse direzioni, alla ricerca del luogo più favorevole all’atterraggio. Tuttavia, di certo, una nave spaziale così massiccia non può muoversi rapida come un “baleno”. Si può tentare un’interpretazione in termini di illusione ottica, ma la spiegazione non è soddisfacente. Nel capitolo 7 accenneremo ad un’altra soluzione.

1.15. Or, guardando quel viventi, vidi che sul terreno v’era una ruota a fianco di tutt’e quattro.

1.16. Le ruote e la loro struttura splendevano come crisolito: tutt’e quattro avevano Identica forma, e sembravano congegnate In modo come se fossero l’una In mezzo all’altra.

1.17. Così muovendosi potevano andare verso quattro direzioni, senza voltarsi nei loro movimenti.

1.18. La loro circonferenza era di grande altezza. ed i cerchi di tutt’e quattro stellati di occhi tutto all’intorno.

1.19. Quando quei viventi si muovevano, anche le ruote giravano accanto a loro, e quando si elevavano da terra, si alzavano pure le ruote.

1.20. Dovunque io spirito le spingesse, le ruote andavano, come pure insieme a lui si alzavano, perché lo spirito di quel vivente era nelle ruote.

1.21. Quando quelli camminavano, le ruote giravano: quando quelli si fermavano s’arrestavano pure le ruote: e quando essi s.i elevavano da terra, anche le ruote si alzavano insieme a loro, perché lo spirito dell’essere era nelle ruote.

Verso 15: l’astronave è atterrata. Le “gambe” hanno esaurito il loro compito ed il comandante abbassa le ruote per le operazioni successive .. Che le ruote siano abbassabili e ritirabili a seconda delle necessità, è deducibile da quanto segue. Se le ruote fossero fisse, collocate sono oppure ai lati dei rotori delle eliche, esse sarebbero, sia per la forma che per le dimensioni, ben più evidenti delle “gambe” terrestri e delle braccia meccaniche. Ezechiele le avrebbe senz’altro descritte come parti integranti della nave spaziale. Infatti, ad eccezione di alcuni versi, egli illustra le parti del veicolo nell’ordine in cui gli si presentano nello svolgersi degli eventi. Lo comprova il testo: Ezechiele inizia dal fuoco e dalla nube che contraddistinguono l’accensione del motore del razzo nel volo di frenata, quindi passa alle eliche nella fase del volo aerodinamico. Seguono le considerazioni sul meccanismo di raffreddamento e sui razzi guida durante il volo sospeso, mentre il comandante si accinge a posare la nave spaziale sulla superficie terrestre. Infine Ezechiele passa alle ruote e si sofferma sui loro movimenti sul terreno. Le ruote compaiono nel testo quando si manifesta la loro necessità funzionale. Questa è un’ulteriore conferma della possibilità di abbassare e ritirare le ruote e l’ennesima prova dell’esattezza del resoconto di Ezechiele.

Versi da 16. a 21: la prima impressione la si ricava dal paragone del colore delle ruote con quello di un minerale. Qui Ezechiele distingue nettamente tra il minerale ed il suo colore, infatti precisa che “splendevano come il crisolito”. Egli capì che le ruote non erano fatte di quel minerale, però il riferimento al suo colore, a lui noto, lo aiutò ad esemplificare quanto aveva osservato. Nei diversi testi biblici consultati per questo studio il minerale è il seguente:

Rif. 1 e 2: Turchese
Rif. 3 e 7: Crisolito
Rif. 4: Topazio
Rif. 5: Pietre di Tarsis
Rif. 6: Berillio

Questi Minerali hanno una gamma cromatica che va dal verde al blu. La loro superficie, descritta come splendente, era senz’altro molto liscia, il che spiega la loro lucentezza. Essa era probabilmente verniciata o comunque rivestita da una pellicola atta a proteggere le ruote dalla corrosione. Si trattava cli quelle pellicole sintetiche che oggi usiamo per difendere i materiali dalla corrosione. Oltre ai movimenti delle ruote di cui abbiamo parlato in precedenza, esistono dei dischi di propulsione che favoriscono l’autorotazione. Gli “occhi” evidenziano ed accentuano l’indipendenza dei diversi movimenti. La simultaneità delle varie rotazioni confonde ed è difficilmente individuabile da chi non possieda una conoscenza tecnica adeguata. Il profano ne riceve un’impressione paradossale: sembra che in ogni ruota girino più ruote. Ancora una volta, Ezechiele si esprime con precisione, infatti parla di una ruota che si muove nel mezzo di un’altra. I cambiamenti di rotazione e di direzione, si manifestano contemporaneamente in tutte e quattro le ruote, dando la sensazione all’osservatore cli ubbidire ad un unico comando. Non stupisce perciò che Ezechiele abbia scambiato, per così dire, la causa con l’effetto. Egli vede nei “viventi” ciò che inizia il movimento mentre le ruote si spostano in un momento successivo. Questo avvicendarsi dell’ordine del movimento è quello conforme alla realtà quotidiana di Ezechiele, dove sono gli uomini che mettono le ruote in moto.L’inverso, e cioè che siano le ruote a determinare il movimento, più di 2000 anni fa non lo si poteva concepire. Tuttavia lo “spirito” di Ezechiele è più vicino alla verità di quanto egli supponesse. Nel testo biblico, ampio spazio è riservato alle ruote. Non mancano le ripetizioni, comunque l’attenzione dedicata da Ezechiele all’argomento, la si spiega con la dimestichezza che egli aveva con qualcosa di simile agli oggetti osservati. Infatti, di tutta l’astronave l’unica cosa di cui Ezechiele avesse un’idea precisa erano appunto le ruote. È proprio questa conoscenza della ruota e delle sue caratteristiche funzionali, che aumenta il suo stupore dinanzi alle possibilità operative di quelle della nave spaziale, rendendogli il fenomeno incomprensibile. Lo sorprende la loro facoltà di mutare direzione mentre rotolano sul terreno, senza necessità di girarle. Esse sono senz’altro indipendenti dal veicolo. Ezechiele si rende conto che esse operano autonomamente, spostandosi in più direzioni. Scrive infatti nei versi 9 e 12: “ognuna si muoveva di fronte a sé” e “muovendosi non si voltava indietro”. Le ragioni specifiche di quelle manovre non risultano ancora chiare. Si può pensare che il loro scopo fosse quello di assestare l’astronave sul terreno sconnesso. Il veicolo possiede quattro paia di “gambe”, due per ogni elica. La sua sensibilità è quindi maggiore che se ne avesse tre. Questa sensibilità, in rapporto al terreno, provoca di per sé il rotolamento delle ruote, evitato con un progetto che tiene conto dell’esistenza· delle quattro paia di “gambe”. È più plausibile supporre che questa idoneità a muoversi sul terreno sia programmata in quanto necessaria, ad esempio, per scambiare notizie ( contatti radio ad alta frequenza, impiego dei laser). Quando è indispensabile; per un collegamento fra· due stazioni terrestri, eliminare ogni ostacolo intermedio, le ruote servono a spostarsi fino al punto in cui diventa attuabile il collegamento stesso.

Verso 18: ha diverse traduzioni, come si constata nei riferimenti usati per questo studio.

Rif. 1 e 2: “L’altezza della loro circonferenza era paurosa ed era piena di occhi, come lo erano tutte e quattro le ruote”.
Rif. 3: “Le quattro ruote avevano raggi e cerchi ed i cerchi avevano occhi tutt’intorno”.
Rif. 4: Tace In proposito.
Rif. 5: “avevano anche I cerchi. lo guardai e vidi che I loro cerchi avevano occhi tutt’intorno, tutti e quattro”.
Rif. 6: “per quanto riguarda I loro cerchi, essi erano alti e terribili; e I quattro avevano cerchi pieni di occhi tutto Intorno”.
Rif. 7: “i quattro avevano del cerchi. e vidi I loro cerchi pieni di occhi tutt’intorno”.

L’esame dei riferimenti rivela due gruppi distinti di descrizioni: in uno si sottolineano l’altezza e l’aspetto terrificante delle ruote, nell’altro non si accenna neanche a questi loro attributi. Senz’altro la mancata uniformità dipende dall’aver usato, per le traduzioni, i testi originali differenti. Facciamo notare che di raggi si parla solo nel riferimento J. Tuttavia, queste divergenze nei testi non sono importanti per un’identificazione generica delle ruote.

1.22. Sulle teste di quel viventi vi era una specie di firmamento, splendente come un cristallo, disteso sopra le loro teste.
1.23. Sotto Il firmamento le loro -ali erano distese, l’una vicina all’altra, mentre le due ali di ciascuno del quattro viventi ne ricoprivano il corpo.

Verso 22: il corpo centrale dell’astronave, la sua forma, le eliche nella parte sottostante, non potrebbero essere caratterizzate meglio che con quel “sulle teste di quei viventi vi era una specie di firmamento disteso sopra le loro teste.” La situazione, nel suo insieme, è espressa in modo eccelso. Il “disteso sopra le loro teste” rende l’idea della parte centrale dell’astronave, come si vede nelle figure 1, 2 e 4. Nelle varie traduzioni bibliche, c’è qualche differenza sul cristallo (riferimenti 1, 2, 3 e 7), cristallo di roccia (rif. 5), “ghiaccio terribile” (rif. 6). Tutte le versioni, comunque, son concordi nel descrivere una superficie liscia e splendente, tipica di molte leghe metalliche.

Verso 23: il testo è incompleto. La prima parte del verso ribadisce la posizione delle eliche rispetto alla struttura centrale della nave spaziale. È molto efficace la descrizione dei rotori sotto ciò che Ezechiele chiama il “firmamento”, vale a dire la parte centrale del veicolo. La definizione di “firmamento” la si capisce considerando che Ezechiele non vide l’astronave in proiezione tecnica ( come in figura 4) ma, visto il punto di osservazione in cui si trovava, ne ebbe un’immagine otticamente distorta, più o meno simile a quella di figura 1. Inoltre, l’imponenza dell’astronave, il rapporto fra le dimensioni di questa e quelle d’uomo di Ezechiele, gli diedero sicuramente la sensazione di vedere un “firmamento”. La seconda parte del verso, senz’altro un frammento di cui è andato smarrito l’inizio, ripete la descrizione delle eliche in posizione di quiete.

1.24. lo udii il rumore delle ali, mentre esse si muovevano, sembrava il rumore d’una massa di acqua, simile alla voce dell’Onnipotente, al frastuono di un accampamento. Quando poi si fermarono, ripiegarono le loro ali.

1.25. Allora una voce si udi dal firmamento che era sui loro capi.

Verso 24: sia questo verso che il successivo non è che qui siano proprio al punto giusto. In essi, si descrivono infatti le eliche quando sono ancora in moto, quindi in una situazione antecedente a quella descritta nel verso 23 dove le eliche sono ormai in posizione di quiete, cioè ferme. Seguendo la logica del nostro discorso, i versi 24 e 25 andrebbero inseriti fra i versi 14 e 15. Il verso 24 illustra felicemente il rumore prodotto dalle eliche in movimento: “il rumore di una massa d’acqua … la voce dell’Onnipotente, … il frastuono di un accampamento”. La forza motrice necessaria al funzionamento delle eliche doveva aggirarsi sui 70.000 hp e forse più. Quindi, non stupisce che esse producessero un rumore considerevole. Ezechiele compie un’osservazione importante e cioè che il rumore incomincia quando le eliche iniziano a muoversi. Si passa cioè al pieno regime dei rotori, il che ricorda il “frastuono di un accampamento”. Egli nota il piegamento delle “ali”, ma solo di quelle che vengono girate in basso. il significativo che Ezechiele affermi espressamente: “quando poi si fermarono, ripiegarono le loro ali. L’osservazione è esatta, la manovra del piegamento avviene quando l’astronave si posa sul terreno e le eliche sono ferme.

Verso 25: ancora una prova dell’acume di Ezechiele. Egli sente una voce dal firmamento”, infatti la parte interna della nave spaziale è al di sopra di lui. Ezechiele ha avuto modo di sentire il rumore del propulsore centrale dell’astronave (in folle), delle eliche, infine, “la voce dal firmamento” che scende dall’alto. Quest’affermazione sorprendente, specifica nel riferimento 6,è espressa con particolare chiarezza nei riferimenti 1 e 2: “quando si fermarono e ripiegarono le loro ali, nel cielo sopra di loro si udi il tuono”. Quest’ultima versione ipotizza che Ezechiele abbia già prodigiosamente intuito una correlazione tra i vari fenomeni osservati. Se l’ipotesi è reale, naturalmente non lo sapremo mai.

1.26. E sul firmamento che era al di sopra delle loro teste, apparve come una pietra di zaffiro, in forma di trono, e su questa specie di trono, una figura in sembianze d’uomo, che vi si ergeva sopra.

Verso 26: guardando al di sopra del “firmamento”, Ezechiele vede la capsula di comando e, per prima cosa, nota la poltrona del comandante di cui descrive subito il colore. Come ha già fatto in altre occasioni, per individuare il colore si serve del confronto con un minerale a lui familiare. Infatti, usa il “come” per indicare la rassomiglianza con il colore dello zaffiro. Il successivo paragone fra la poltrona di comando ed un trono, lascia supporre che Ezechiele abbia visto durante la sua esistenza un trono regale, il che è possibile, data l’appartenenza del profeta ad· una classe sociale piuttosto elevata della comunità ebraica. Un trono ha lo schienale alto, i braccioli, l’imbottitura, proprio come le poltrone dei piloti degli aerei odierni. Con la parola “trono”, la poltrona del comandante dell’astronave è definita in maniera inequivocabile. Non possiamo neanche ignorare che, spesso, le poltrone dei nostri aerei hanno un colore simile a quello di cui parla Ezechiele. Se la scelta del colore sia casuale, oppure sia dovuta a fattori psicologici non conviene indagarlo ora. La seconda ipotesi accentuerebbe il significato della “sembianza d’uomo” di quei visitatori della Terra, su cui torneremo più avanti. Ezechiele vede quindi la figura del comandante, seduto sul “trono”, ed afferma che “aveva sembianza d’uomo”. Lo sforzo intellettuale necessario a descrivere quanto sopra, lo si può solo capire immaginando la situazione in cui venne a trovarsi Ezechiele. Senza alcun preavviso, egli subisce l’impatto cli avvenimenti e di oggetti che sono estranei sia alla sua conoscenza che alla sua sensibilità. Ezechiele non possiede schemi di riferimento avvalendosi dei quali riesca a spiegarsi logicamente quanto vede. Egli è un credente, un sacerdote, ha quindi ottime ragioni almeno nella fase iniziale del primo incontro, di ritenere che il comandante sia Dio. Questa ridda di sensazioni lo emoziona profondamente: ha i sensi in tumulto e cade pressoché in stato di choc. Tuttavia, il suo spirito non rimane troppo coinvolto: Ezechiele conserva la lucidità sufficiente per registrare nel cervello quanto di straordinario vedono i suoi occhi. Tutto ciò gli permetterà, più tardi, di narrare gli eventi cli cui è stato testimone. Che solo un’intelligenza fuori del comune sia capace di tanto, è fuori cli dubbio. Un’altra circostanza degna di nota è che, come sottolinea il rabbino dr. Fisch, Ezechiele, per individuare la figura del comandante usa la parola “Adamo”. In questo modo, Ezechiele elimina ogni equivoco interpretativo.

1.27. Da quel che parevano I suoi fianchi in su, m’appariva splendente come l’eletto, quale una visione di fuoco dentro e d’intorno, e da quel che sembravano I suoi fianchi in giù mi pareva pure una visione di fuoco, con uno splendore tutto attorno

1.28. simile allo splendore dell’arcobaleno, che appare nelle nubi in un giorno di pioggia. Questa visione era come l’immagine della gloria del Signore. A tal vista lo caddi bocconi ed udii una voce che parlava.

Verso 27: in questo verso ( come nel successivo) si constata come, stante la comprensibile carenza di cognizioni tecniche adeguate, Ezechiele descriva due oggetti diversi avvalendosi dei loro effetti luminosi differenti. Da una parte qualcosa che è splendente come lo “splendore dell’eletto”, oppure che è una “visione di fuoco”, dall’altra qualcosa che viene caratterizzato come “lo splendore dell’arcobaleno”. Due effetti luminosi differenti, quello dinamico del fuoco e quello statico dell’arcobaleno, che hanno quindi due origini diverse. Queste considerazioni ci aiuteranno ad interpretare dei passi biblici altrimenti complessi e difficili da collegare l’uno con l’altro. Lo splendore dei “fianchi” e il riferimento al fuoco, contrassegnano la tuta del comandante, la cui superficie sembra d’oro. Quanto il resoconto di Ezechiele sia accurato, lo dimo­strano gli effetti luminosi, quasi i riflessi di un fuoco, visibili sulla tuta dell’odierno astronauta che scende dall’Apollo 10 (tavola V fuori testo). L’aspetto dorato della tuta isolante è dovuto all’impiego, nella confezione del tessuto, di sottili lamine di materiali sintetici speciali. Questi ultimi servono a proteggere l’astronauta dalle temperature elevate. Come si vede, già oggi usiamo materiali aventi prerogative simili a quelli di cui parla Ezechiele e non c’è motivo fondato per negare l’analogia fra la tuta del comandante e quelle usate dai nostri navigatori spaziali. La capsula, trasparente come il vetro, provoca effetti ottici diversi. Non solo viene colpita dalla luce del sole, ma anche dal riverbero dei raggi sulla superficie curva dell’astronave. Attraverso una porzione della capsula, Ezechiele vede in trasparenza un tratto di cielo. Non dimentichiamo inoltre i riflessi dorati della tuta del comandante ed il color zaffiro della poltrona. Esistono senz’altro ulteriori interferenze cromatiche, dovute a quanto è racchiuso nella capsula. Ezechiele definisce questi effetti come uno “splendore tutt’attorno” e il raffronto con l’arcobaleno rende bene l’immagine. Non trascuriamo che “lo splendore era tutt’attorno”, quindi non veniva originato dal comandante. L’osservazione di Ezechiele è esatta, infatti avvolge il comandante “tutt’attorno”. Nessun altro oggetto inserito nella capsula attira ancora la sua attenzione: potrebbe essere la curvatura della parte superiore di essa a suggerirgli di servirsi dell’immagine dell’arcobaleno quale termine di paragone. Le difficoltà di descrivere una costruzione, caratterizzandola solo mediante i suoi aspetti luminosi e cromatici, sono davvero immense . Per meglio capire lo sforzo di Ezechiele, invitiamo il lettore a descrivere l’immagine riportata nella tavola IV fuori testo, senza ricorrere alla geometria (cerchio, cono, cilindro) e alla tecnologia della nostra era. A questo punto, Ezechiele termina di raccontare i particolari della visione, e ancora una volta, ritorna alla globalità del l’evento tramite l’affermazione “era come l’immagine della gloria del Signore”. Esterrefatto, Ezechiele cade bocconi. Ma per quanto abbia ottime ragioni per compendiare quanto ha visto, nella frase “la gloria del Signore”, il suo spirito veglia ed egli pone due riserve. La prima è che non riesce a conciliare l’aspetto massiccio e reale dell’astronave con una manifestazione del Signore, dal quale non si attende nulla di così assolutamente materiale. Tuttavia, quanto si vede è grandioso e potente, sembra perciò paragonabile alla gloria del Signore. Non esistono dubbi: Ezechiele fa un paragone, non identifica nulla, dice infatti: “era come la gloria del Signore”. La seconda riserva riguarda la voce. Potrebbe credere di avere udito la voce del Signore, ma si limita a dire “udii una voce che parlava”. Frena quindi ogni impulso alla glorificazione, al sensazionale, registrando semplicemente nel suo cervello il fatto che quella voce parlava.

seconda parte

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