Alessandro Demontis, Anunnaki

I figli dimenticati di Enki ricordano

Verso la fine del 2006 mi ritrovai, per pura curiosità legata alla diffusione delle lingue africane, a studiare le basi della lingua Ewe, una delle lingue native della popolazione Ewe del Togo e del Benin. Mi aiutava una ragazza di Lomè che all’epoca lavorava come interinale al consolato del Togo a Roma; seppur appena 30 enne all’epoca, Karièta aveva una incredibile cultura sulla storia dei popoli africani, essendo, oltre che laureata in lingue e letteratura, anche figlia di una guida museale. Fu lei a fornirmi il libro da cui studiai le basi della lingua (“Ewe Basic Course”, di Irene Warburton), e nelle nostre chiacchierate mi raccontava anche cenni sulla storia antica dei popoli dell’ovest africano: la sua regione, il Togo, ma anche la Nigeria, il Benin, il Ghana, e la parte costiera giù fino all’Angola.
All’epoca stavo già studiando approfonditamente e raccogliendo materiale sulla teoria di Sitchin, e mi apprestavo proprio ad esaminare alcuni documenti ed articoli sulla genetica africana; lei non conosceva i libri di Sitchin, ma aveva letto alcuni libri del padre sulle prime grandi campagne di scavo archeologico in Africa, tra i quali anche un paio scritti da autori menzionati da Sitchin nei suoi libri. Non parlammo mai, curiosamente, del lato religioso o della mitologia locale del Togo e delle regioni attigue… interruppi agli inizi del 2007 lo studio della lingua, che si rivelava essere troppo complessa per me e mi richiedeva troppo tempo, e mi dedicai ad altro…
Solo dopo 4 anni, nel 2011, dopo aver frequentato per oltre 2 anni una grande esperta di mitologia e religioni animiste africane e caraibiche, mi ritrovai a ricontattare Karièta, che nel frattempo era tornata a Lomè; tra il 2009 e il 2011 frequentai una autentica esperta di CandombleUmbandaSanteria, ed altre religioni caraibiche di origine africana… io avevo una buona infarinatura di Voodoo, e imparai grazie a lei moltissime nuove nozioni, tra le quali le incredibili somiglianze tra i pantheon delle popolazioni Yoruba della Nigeria e Ewe del Togo con i pantheon mediorientali.
Mi convinsi che non potevano essere coincidenze, e così ci indagai sopra…
La somiglianza più evidente era sicuramente quella che riguardava Xango/Shango, il dio della tempesta e dei fulmini Yoruba, raffigurato quasi sempre con la sua corona in testa e con una ascia bipenne… mi ricordava tantissimo le raffigurazioni di Viracocha e soprattutto di Teshub… che Xango fosse davvero la versione ovest-africana di Ishkur/Teshub?
A metà del 2011 mi ritrovai a contattare di nuovo Karièta per chiederle dove potessi trovare dei libri introduttivi ma ben fatti che trattassero dei pantheon e della religione e mitologia Ewe, ma con mia sorpresa mi disse che non ce n’ erano. Si offrì però di parlarne assieme non appena fosse rientrata in Italia per un nuovo ciclo di lavoro al consolato… avvenne nel 2012, a febbraio, e mi portò una serie di appunti in francese che aveva preso da libri presenti nella biblioteca di Lomè. Mentre me li traduceva, e io prendevo appunti in italiano, integrava con suoi racconti derivanti dalla sua cultura personale e da spiegazioni di suo padre. Le nostre conversazioni riportarono alla mente molti particolari letti nei libri di Sitchin e molte correlazioni con altre nozioni che avevo acquisito da articoli di archeologia e linguistica…
Gli approfondimenti che ne seguirono nei mesi successivi furono tanti, e mi accorsi che guardando tutte queste nuove nozioni sotto la luce della teoria di Sitchin, il risultato era incredibile… non ne ho mai scritto nei miei libri perché esulava dal mio studio relativo alla teoria di Sitchin: i primi due volumi di Il fenomeno Nibiru ormai erano già pubblicati. Volevo inserire tutto questo materiale nel mio libro ‘personale’ che si doveva chiamare “Storia non convenzionale del mondo”, che però poi non portai mai a compimento.
Nei prossimi due post, quindi, vi racconterò delle scoperte fatte, e delle curiosità / similitudini che legano Africa, Medio Oriente, e perché no… anche i Caraibi.
Se vi state chiedendo il motivo di questo titolo così particolare per questa serie di articoli… vi rispondo che lo scoprirete nei prossimi 2 post. Qui vi anticipo soltanto due aspetti del discorso, sotto forma di due domande…

  1. Se i ‘primi figli’ terrestri di Enki furono creati e cresciuti in Sudafrica… se i loro discendenti furono poi portati in Medio Oriente… se i successivi discendenti, sempre e sempre meno, hanno dato origine alla civiltà sumera, con tutto ciò che ha comportato… chiedetevi: cosa ne è stato di tutti i figli dimenticati di Enki, quelli che non furono ‘promossi’ – dal loro stato brado di lavoratori – a civiltà organizzata?
  2. E questi ‘figli dimenticati’, nel corso dei millenni, prima di arrivare naturalmente ad un livello di civiltà accettabile, che ricordo avevano del loro creatore e dei suoi compagni? Come li rappresentavano? Come li chiamavano?

L’ espressione “i figli dimenticati di Enki” mi venne spontanea anni fa quando preparavo la parte genetica del primo volume di Il fenomeno Nibiru; stavo cercando materiale riguardante l’affinità e la diversità genetiche tra le varie popolazioni africane rimaste allo stato brado, spinto da una domanda: cosa ne è stato di quei gruppi di popoli africani che non furono ‘selezionati’ per quella che io definirei la “missione E.Din”, cioè il trasferimento di alcuni dei ‘Lulu’ dal sud dell’Africa (dove erano stati creati) al Medio Oriente? Era possibile che fossero stati lasciati lì volutamente, o erano solo stati dimenticati?
In modo particolare mi interessava trovare riscontri della loro storia genetica negli ultimi 10.000 anni, periodo nel quale dall’Eurasia occidentale ci son stati svariati spostamenti in altre zone del globo, compresa l’Africa.

Circa 3000 anni fa una grossa ondata di Euroasiatici dell’ovest (tutto il tratto tra l’Italia e la Spagna) si mosse verso l’Africa; inizialmente si pensava che questi spostamenti avessero interessato solo le zone a nord ed ad est del continente africano, ma recentemente, studi sul popolo Yoruba, hanno mostrato che anche in loro è presente una porzione di Neanderthal, situazione possibile soltanto ammettendo un ritorno europeo verso la costa occidentale africana.
Quando nel 2014 venne ufficializzata la scoperta (ribadita ed approfondita poi nel 2015) di DNA Neanderthal tra gli Yoruba, mi venne in mente tutto il discorso sui mix di popolazioni che mi era stato fatto dalla mia amica Karièta, proveniente da Lomè, capitale del Togo, la quale era di etnia Ewe. Lei ribadiva che gli Ewe erano in origine ‘pre-Yoruba’, intendendo che in origine le due etnie erano una sola e che la differenziazione culturale e linguistica avvenne successivamente allo spostamento di un gruppo di Yoruba dalla Nigeria al Togo. Un popolo che si divide in due, insomma. I due popoli hanno avuto storie diverse, religioni simili, con nomi di divinità ed eroi diversi, con storie diverse, come se gli Ewe e gli Yoruba avessero voluto distanziarsi culturalmente.
Quando successe? Proprio circa 3000 anni fa. Ufficialmente infatti la popolazione Yoruba diventa tale nel X secolo a.C., dunque il popolo Ewe dovette separarsi dal gruppo originario comune circa un secolo prima. La cultura Yoruba nei millenni è cambiata di poco, e così quella Ewe… se è vero che adesso sia in Nigeria che in Togo possiamo trovare civiltà avanzate, è comunque vero che queste sono relativamente recenti, diciamo cresciute negli ultimi 1500 anni, e in quelle regioni troviamo ancora gruppi che vivono secondo le regole societarie delle vecchie tribù del I millennio a.C.
Fanno forse parte, anche loro, dei ‘figli dimenticati’ di Enki? La risposta, a mio avviso, è SI. Non solo la lingua Ewe mostra caratteristiche molto simili a quelle sub-sahariane, di molto distanti da quella sumera e dalle varie lingue semitiche e indoeuropee, ma il loro corpus mitologico e religioso è talmente elementare da apparire molto più vecchio di quelli mediorientali.
Se questo può sembrare un controsenso, fermatevi a pensare a questo fatto: i ‘figli dimenticati’ hanno conosciuto gli Anunnaki nel primo e antichissimo periodo, sono rimasti poi indietro mentre un gruppo veniva selezionato e portato a nord. Ciò ha prodotto due condizioni importanti:

  • hanno mantenuto i più vecchi ricordi
  • questi ricordi erano espressi e tramandati in una forma concepibile da una popolazione che non si è evoluta.

Soltanto successivamente, diciamo a metà del primo millennio a.C., essi son venuti in contatto con i racconti più moderni, e hanno familiarizzato con i personaggi più ‘giovani’ tra gli Anunnaki, quelli di 3a e 4a generazione potremmo dire. E queste memorie più ‘fresche’ si sono mischiate con quelle più antiche creando un corpus misto dove le genealogie non sono più rispettate…
Le lingue che si sono generate nei millenni di isolamento dei vari gruppi, poco numerosi, e in un terreno così vasto, sono tantissime… il solo gruppo delle lingue Mande, di cui l’Ewe e lo Yoruba fanno parte, conta oltre 70 lingue; ebbene queste lingue differiscono da tutte le lingue mediorientali, e spesso mancano completamente di marcatori di complessità, proprio a causa del fatto che questi popoli si sono evoluti naturalmente senza nessuno che li dirigesse e gli facesse condividere le stesse esperienze, la stessa cultura, la stessa lingua. Nessuno doveva ‘comunicare con loro’, nessuno doveva insegnarli, quindi nessuno ha dato loro una lingua ‘universale’ e i singoli metodi espressivi si sono sviluppati autonomamente e naturalmente.
Ma avendo condiviso, in origine, la terra con i loro ‘creatori’, il ricordo comune è rimasto.
Ed è dai racconti di questi popoli che ci si apre davanti agli occhi un mondo di similitudini che ha dello sconcertante.
Inizierei senza dubbio parlando di uno dei miti della Creazione del popolo Yoruba…

Il signore Olodumarè, che viveva da solo nel cielo informe, decise di creare la terra degli Uomini. Mandò dunque suo figlio Obatallà a creare la terra, versando sabbia sull’acqua da un suo sacchetto, in modo che questa sabbia rubasse spazio alle acque. Su questa terra, Obatallà avrebbe dovuto fondare la prima città, Ife, dove suo padre Olodumarè avrebbe posto gli involucri umani, creati da Obatallà grazie al ‘popo’ (una mistura di sabbia ed argilla) ed animati dal fiato di Olodumarè stesso; mentre però Obatallà perdeva tempo su un angolino di terra appena creato, suo fratello Oduduwa gli rubò il sacchetto della sabbia, e creò una grande terra di cui si dichiarò Re. I due fratelli diventarono così eterni rivali. Olodumarè, che era il dio assiso in cielo e non interveniva nelle cose terrestri, ci ricorda molto l’Anu sumero, e con il suo ‘fiato di vita’ ci ricorda molto Yahweh Elohim della Genesi, Obatallà invece, è molto vicino al Ptah egiziano che ricavava la terra dalle acque, e sopratutto all’Enki sumero che creava l’uomo usando l’argilla.
Oduduwa, che rubò il posto di regnante sulla Terra al fratello maggiore, ricorda sia la figura di Enlil, sia quella dell’ittita Kumarbi. Olodumarè, il padre degli dei, aveva 3 emanazioni: Olodumarè il creatore, Olorun il signore dei cieli, ed Olofi, il coordinatore dell’esistenza tra la terra (Aye) e il cielo (Orun).
Obatallà era chiamato anche Babalu Aye, ed aveva una moglie, Yemaya, considerata la Signora delle Acque e la grande Dea Madre, perché la coppia generò gli Orixas, le principali divinità Yoruba alle quali il grande dio Olodumarè assegnò i compiti. I più famosi tra questi furono Xango Oxum.

Xango era l’Orixa che presiedeva ai temporali ed ai tuoni, raffigurato con una corona e con un’ascia quasi sempre bipenne; era in sostanza la versione occidentale africana del mesopotamico Ishkur e dell’ittita Teshub…
Oxum era la Orixa della fertilità, della divinazione, e dei fiumi.
Oxum e Xango si innamorarono ad un ‘festival di tamburi’, e Oxum divenne la moglie principale di Xango.


Una delle cose che mi lasciarono più perplesso quando studiavo la mitologia e i pantheon Yoruba ed Ewe, è l’importanza che queste tribù danno all’acqua e quanto spesso questo elemento èpresente nella loro tradizione… gli Yoruba sono forse il popolo con il maggior numero di divinità legate al mare, ai fiumi, ed ai laghi…
Nella seconda parte di questo trittico sui ‘figli dimenticati di Enki’ ho menzionato Xango e sua moglie Oxum, specificando che questa era appunto una dea legata ai fiumi ed ai laghi. Avevo menzionato anche Yamaya, moglie di Obatallà, come dea del mare. In questa sede vorrei specificare meglio la storia di Oxum e Xango… racconta un mito che Xango avesse in realtà 3 mogli, ed erano tutte e 3 sorelle. La prima delle 3 mogli, e la più anziana tra le sorelle, si chiamava Obba, e viene ricordata come dea dei fiumi e dei laghi anch’ella… nel mito Obba era la prima moglie di Xango, il quale però a lei preferiva la più giovane Oxum, per le sue doti amatorie.

Un giorno Obba andò da sua sorella Oxum a chiederle come faceva a farsi amare così tanto, ed Oxum – per paura che la sorella più anziana le rubasse il posto di prediletta – mentì alla sorella dicendole che ogni giorno nei pasti del marito metteva un piccolo pezzo di pelle del proprio orecchio.
Obba, ansiosa di riconquistare il marito, si tagliò l’intero orecchio e lo mise nella zuppa di Xango, il quale, quando lo trovò, andò su tutte le furie accusando Obba di volerlo avvelenare.
Xango bandì quindi Obba dalla sua casa, e lei si diresse nelle terre aride a piangere. Le sue lacrime furono così copiose che ne scaturì un fiume che esiste ancora oggi. Curiosamente, il fiume Obba interseca proprio il fiume Oxun ancora oggi, come a rimarcare l’ astio tra le due sorelle.
Sia Obba che Oxun, ovviamente, erano figlie di Yamaya…
Ma lasciamo le dee dei fiumi, e parliamo di un mito che è presente in tutte le culture: la Creazione.

Una versione del racconto Yoruba sostiene che all’inizio dei tempi esistevano solo il cielo, l’acqua e le paludi. Il dio Olorun (Olodumarè) regnava nel cielo, e la dea Olokun regnava su tutto ciò che era compreso sotto il cielo. Un giorno Obatallà, il figlio di Olorun, andò dal padre e gli chiese il permesso di creare la terraferma perché ci potessero abitare gli esseri viventi; avuto il permesso, andò a cercare il consiglio di suo fratello maggiore Orunmila, il più saggio degli dei, che aveva anche il dono della profezia. Orunmila gli disse che per completare quest’opera avrebbe avuto bisogno di una serie di oggetti:

  • una lunga catena d’oro
  • una grande quantità di sabbia
  • un guscio grande per gettare la sabbia
  • una gallina bianca
  • un gatto nero
  • una noce di palma
  • un sacco per contenere il tutto

Raccolto tutto tramite una colletta fatta dagli dei, Obatallà cominciò a calarsi verso le acque dopo aver legato la catena dorata in un angolo del cielo, e iniziò a gettare la sabbia usando la conchiglia… gettò poi la gallina bianca, la quale beccando e muovendosi sparse la sabbia dappertutto, creando la terraferma.
Si formarono così le pianure, le colline, e nelle zone dove la sabbia era più rada si formarono dei laghetti. Obatallà allora scese su una colina, e piantò la noce di palma, dalla quale sbucò un albero che produsse altre noci, che generarono altre palme. Fu così che si diffusero le piante e Obatallà si fermò a riposare, godendo della compagnia del gatto.
Ad un certo punto il dio decise che era tempo di creare gli uomini, ed allora scavò un buco nel terreno argilloso fino a raggiungere l’acqua, e formando una mistura fangosa iniziò a dare forma a degli esseri umani inanimati… ben presto però si annoiò di questo compito, e dopo aver piantato delle piante da vino, si ubriacò. Ubriaco come era, tornò al suo compito di creare uomini, ma li creò malati e storpi…
Ovviamente, essendo ubriaco, non si accorse che gli uomini erano difettosi, e come da piano chiese a suo padre Olorun di soffiare negli uomini l’alito della vita.
Quando il giorno dopo si rese conto che gli uomini erano difettosi ma stavolta animati, si pentì e decise che da quel momento si sarebbe preso cura di questi uomini incompleti e avrebbe trovato per loro una mansione adeguata… da allora Obatallà è ricordato come il protettore dei malati.

Chi di voi ha letto qualcosa di mitologia mesopotamica, e ancor più chi ha letto i miei libri, avrà sicuramente trovato tracce in questo mito di diversi eventi narrati dalle genti mesopotamiche…

  • come in “Enuma Elis” abbiamo una divisione tra una porzione ordinata in alto (il cielo) e una porzione disordinata in basso (sia in Enuma Elish che in questo mito si tratta di una mistura acquosa)
  • come in “Enki e la creazione del mondo” e nei miti egizi di Ptah abbiamo un do che libera le paludi e genera la terraferma
  • come in “Enki e Ninmah” abbiamo la creazione di uomini incompleti e deformi a causa dell’ubriachezza, ed un dio che poi si prenderà cura di questi esseri malati

Ma volete sapere cosa successe dopo?
Olokum, che regnava sulla ‘mistura’ di acqua e vegetazione, non era stata consultata da Obatallà prima che mettesse in atto il suo piano, e vedendo che i suoi mari erano pieni di terra e di numerosi uomini che si moltiplicavano, decise di aspettare che Obatallà risalisse in cielo per liberare le sue onde più mostruose, in modo da sommergere la prima città, Ife, che Obatallà aveva creato per gli umani.
Per non perire, gli umani chiesero aiuto al dio Exu / Ellegua, il mago messaggero, il quale chiese che gli venisse offerto un sacrificio… avuto il suo sacrificio, salì al cielo a chiedere consiglio ad Orunmila il saggio, il quale – stavolta – decise di fare le cose da se: scese lungo la catena dorata e spazzò via le acque con un incantesimo, liberando di nuovo le montagne dove la gente si era riparata, e pian piano tutta la terra.
Tracce della punizione biblica del diluvio, e dell’ancora più antico mito sumero si trovano dunque anche in questa parte del mito Yoruba… un’ondata di marea mandata a distruggere gli uomini, e l’intercessione di un mago divino. Cosa vi ricorda?

Vogliamo spostarci dalla mitologia Yoruba a quella Ewe? Benissimo…
Intanto dovete sapere che nella mitologia Ewe uno dei personaggi chiave fu Adama, marito di Hawa, che generò con lei ben 40 figli! Siccome però il dio pretendeva che i figli fossero a lui donati, Adama ne nascose venti, e quando il dio scoprì dell’esistenza di questi figli, li tenne per se costruendo un muro ed allontanando Adama e Hawa. Vi ricorda qualcosa?
In effetti non possiamo parlare di un vero e proprio ‘dio’ quando nominiamo la mitologia Ewe, perché gli Ewe, prima dell’influenza cristiana, avevano – assieme ai loro fratelli di etnia Fon – un folto numero di divinità, che venivano chiamate Tro (tra gli Ewe) o Vodu (tra i Fon). Vodu è anche il termine da cui deriva il nome originale della religione del Ghana e del Dahomey che noi conosciamo come Voodoo.
I Tro erano divisi in 2 categorie, i Tro maggiori ed i Tro minori, i quali erano chiamati…  indovinate… Tro Yehwe! Tra di loro annoveriamo per esempio il dio delle foreste Bygbla nonché il dio delle tempeste e dei fulmini Heviesso, che veniva rappresentato come un giovane forzuto munito di… scure. Ancora: cosa vi ricorda? È forse un caso che il dio delle tempeste Heviesso degli Ewe fosse un dio minore rappresentato con una scure, e il dio delle tempeste Ishkur / Teshub fosse un dio minore rappresentato con una scure?
Ma gli Ewe avevano anche un dio della forgia e dei metalli: si chiamava Gu (tra i Fon) oppure Egu (tra gli Ewe), ed avevano una coppia creatrice formata dalla dea (in alcuni miti è una dea ermafrodita) Mawu e dal dio maschile Lisa. Una peculiarità: Mawu Lisa erano moglie e marito ma… anche sorella e fratello.
Essi erano figli, nella versione adorata nel Dahomey dai Fon-Ewe, del dio androgino Nana Buluku, il supremo creatore che non si mischiava mai con gli uomini… Mawu e Lisa avevano due figli, uno dio dei metalli, e l’altro dei fulmini…. chi erano? si chiamavano Gu e Xevioso, gli stessi Gu e Heviesso che abbiamo già conosciuto. Inutile dire che Heviesso / Xevioso tra gli Yoruba divenne Xango.
In uno dei miti della creazione Ewe, la dea Mawu creò la terra con gli uomini e gli animali, ma preoccupata che questa terra potesse ‘sprofondare nel cielo’ perché troppo pesante, andò a chiedere aiuto al ‘grande e saggio serpente’ Aido Hwedo perché questi potesse ‘strappare un pezzo di terra dal fondo’ e gettarla in cielo. Stiamo forse assistendo ad un mito che parla della nascita di satelliti o di comete / asteroidi?
Ah, Mawu era anche la dea che creò gli uomini e poi…. diede a loro un ‘soffio’ di vita.

(Fonte: http://ademontis.wixsite.com/ilfenomenonibiru – Alessandro Demontis)

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