
Ho sempre avuto, dall’inizio dei miei studi di mitologia e linguistica mediorientale, una predilezione per la stirpe ‘Enkita’, cioè i familiari di Enki. I poemi che riguardano questo personaggio e i vari stralci riguardanti figure come Marduk, Nergal, Dumuzi e Ningishzidda, sono estremamente interessanti e molto più affascinanti dei miti riguardanti la parte Enlilita del pantheon sumero.
Se è vero che molti miti ‘enliliti’ sono diventati ormai famosissimi e sono stati affrontati da tanti studiosi, è solo perché tra le due ‘fazioni’, nella storia mitologica di Sumer è stata quella enlilita ad ‘avere la meglio’. Gran parte dei re di Sumer erano devoti a Enlil, Ninurta, Nanna, Ishkur, Utu e Inanna; Enlil era considerato il dio supremo a Sumer e ciò si riconduceva anche a una particolare adorazione manifestata nei miti. Ma salvo alcuni casi i miti riguardanti queste divinità sono solo delle ‘celebrazioni’ spesso noiose.

Tanto che quelli più avvincenti di questa serie sono quelli in cui i narra di conflitti con personaggi enkiti. Rientrano in questo ciclo miti come ‘Inanna ed Ebih’ o ‘Ninurta e Azag’, dove Ebih e Azag possono essere identificati (vedremo in un altro articolo come) con Marduk. Oppure il mito ‘Inanna ed Enki’ nel quale la dea della lussuria Inanna fa ubriacare Enki (sempre sensibile alla bellezza femminile) e gli ruba i 70 ME della civilizzazione.
Oppure ancora ‘Ninurta e la tartaruga’ nel quale Ninurta forte di tante vittorie pensa di rubare il dominio dell’ Abzu a suo zio Enki. Dei vari personaggi enkiti il mio preferito, sul quale mi sono particolarmente specializzato, è Ningishzidda. Analizzerò il personaggio dettagliatamente in un altro articolo; qui mi preme entrare nel merito della controversia riguardante il suo nome.
Il nome Ningishzidda viene tradotto ufficialmente solo da tre autori ortodossi, John Heise, James W.Bell e John Halloran, i primi rinomati sumerologi e assirologi, il terzo uno dei più esperti dell’ultima generazione di sumerologi e autore dell’ultimo Sumerian Lexicon ufficiale (2004). La traduzione che viene fatta di questo nome è ‘Signore del buon albero’ o ‘Signore del fedele attrezzo’. James Bell traduce con ‘Signore che fa crescere gli alberi in modo corretto’. Altri sumerologi occasionalmente hanno fatto notare che GISH può significare anche ‘pene’, il che renderebbe Ningishzidda una sorta di dio della fertilità. Riporto qui, a scanso di equivoci, una serie di domande e risposte tratte dal sito di John Halloran riguardanti questa divinità.
20. The Deity Ningishzida
QUESTION:
Isn’t the word Ningishzida a sumerian word for the serpent-god??? Please enlighten me.
ANSWER:
Ningishzida was a guardian of the door to the underworld who has a horned snake as his symbol. He appears to have been associated with trees, fertility, and snakes. Thorkild Jacobsen wrote that the roots of the tree draw nourishment from deep underground and have the appearance of entwining snakes.
QUESTION:
I do appreciate the information. Is Ningishzida a Sumerian word??
ANSWER:
Yes, it means “lord of the good tree (or faithful tool)”. Sometimes there is some interplay between the word for ‘tree’ and the word for ‘penis’, so he could be a god of fertility also.
A parte quelle ortodosse di John Heise e John Halloran, l’unico altro tentativo di traduzione del nome di questo dio è quello di Zecharia Sitchin. L’autore russo traduce il nome con ‘Lord of the manufact / implement of Life’ – ‘Signore del manufatto della vita’, legando questo significato al fatto che fu Ningishzidda (secondo lui) ad aiutare Enki a creare gli uomini.
Tralasciamo per adesso questo presunto ruolo assunto dal dio, ed esaminiamo la parte linguistica. Devo ammettere che quando ho iniziato a studiare i testi sumeri dal traslitterato, e non dall’inglese, mi sono trovato parecchio in difficoltà perché il nome di questo dio viene quasi sempre scritto in maniera differente da quella comunemente usata.
Andando a prendere per esempio i testi riportati nell’Electronic Text Corpus of Sumerian Language (ETCSL), ritroviamo questo nome sempre scritto nella forma Nigishzida nell’elenco dei testi, e Ninjiczida nel corpo del testo sia traslitterato che tradotto.
Pare che l’ETCSL abbia la convenzione di utilizzare la C come SH e la J come G molle. La traslitterazione dell’ETCSL comunque è molto fedele al concetto secondo il quale una stessa particella sumera può avere diversi significati a seconda del glifo utilizzato per rappresentarla. Questo concetto veniva esplicato dai traslitteratori utilizzando una annotazione numerica a termine della particella o utilizzando degli accenti sulle vocali.
Per esempio non esiste solo un GISH ma esistono anche GISH2, GISH3 etc., ognuno con un glifo diverso e con un significato diverso.In base a questo concetto mi posi la domanda: ‘può essere che la differenza di traduzione tra i sumerologi ortodossi e Sitchin derivi da una mancata osservazione di questa regola?’
Se la domanda può sembrare insulsa in principio, si tenga conto che comunemente molte parole sumere vengono scritte senza accenti e senza annotazioni numeriche, per facilità di scrittura. Un lettore non esperto, leggendo un termine sumero scritto secondo questa ‘barbara’ usanza, lo analizzerebbe utilizzando i significati sbagliati delle particelle. Non fu comunque il caso dei testi dell’ETCSL, infatti nelle versioni traslitterate presenti in questo grosso database di miti, vengono riportate tutte le corrette annotazioni numeriche.
Ecco un esempio tratto dal 4° verso della ‘Balbale to Ningishzidda’:
ama-ni ki aj2 dnin-girid2–a cag4 hi-/li\\-[a tud-da]
come vediamo anche all’interno del nome NINGIRIDDA viene introdotto il numerale 2 per indicare che si deve tener conto del significato di GIRID2 e non del semplice GIRID.GIRID a sua volta è composto da GIR-ID, e GIRID2 da GIR-ID2. Cercando nel Sumerian Lexicon di Halloran troviamo che ID2 è una altra forma di IDA2, che significa CANALE, FIUME, CORSO D’ACQUA.Una volta verificato che nella traslitterazione fatta dall’ETCSL vengono riportati i giusti numerali distintivi dei vari significati di una particella, siamo in grado di verificare come il nome Ningishzidda vada realmente scritto. Lo stesso mito, nel 2° verso, ci risolve questo quesito:
dnin-jic-zid-da muc-mah ucumgal-a-/da\\ [tab-ba]
dunque traducendo la J in G e la C in SH possiamo confermare che il nome realmente va scritto, traslitterato, NINGISHZIDDA. Abbiamo anche la corretta suddivisione del nome in particelle elementari: NIN.GISH.ZID.DA (la D precedente il nome indica che si tratta di una divinità, è il termine sumero DINGIR). Il primo istinto avendo letto la traduzione che Halloran fa è stato quello di abbandonare il significato assegnato al nome da Sitchin, deducendo che significati così diversi potessero venire effettivamente da una sua errata comprensione del traslitterato, ma non da un suo errore commesso in merito a numerali assenti.
Per fare una ultima prova andai quindi a vedere nel Lexicon di Halloran i significati dei termini componenti il nome:
nin: queen, mistress, proprietress, lady; lord (reduplicated ní, ‘fear; respect; frightfulness; awe’) [NIN archaic frequency: 75].
giš, geš:n., tree; wood; wooden implement; scepter; tool; organ; plow; natural phenomenon (describes a trunk that goes out into many branches and leaves) [GIŠ archaic frequency: 381].
zid, zi:n., faith, confidence; legitimacy, sanction; truth (zi, ‘soul’, + éd, ‘to go forth’). v., to strengthen (e.g., the levees of a canal). adj., right (hand); righteous; good; firm; faithful; true; legitimate; lawful; appropriate.
da:n., arm; side; nearness (to someone) [DA archaic frequency: 227; concatenation of 4 sign variants]. v., to hold; to be near; to protect.
Notai subito un paio di cose: innanzitutto non capivo come mai a volte il nome fosse scritto con una e a volte con due D. Pensai che comunque ZID può essere scritto anche ZI, come supporta lo stesso Lexicon, ma mi domandai se questo bastasse a giustificare la mancanza di una D. Soprattutto a causa del fatto che in sumero non esiste solo ZID scrivibile come ZI, ma esiste anche la semplice particella ZI.
zi: n., breathing; breath (of life); throat; soul (cf., zid, zìg) [ZI archaic frequency: 116; concatenates 3 sign variants].
Come possiamo vedere in un caso abbiamo ZID/ZI che significa ‘fedele’, e nell’altro caso abbiamo ZI che significa ‘(respiro della) vita’.
Paragonando questi due significati si capisce che Halloran e Heise hanno supposto che il ZI del nome fosse in realtà ZID e l’hanno tradotto come ‘Faithful’ associandolo alla loro traduzione di GISH in ‘Tree’.
Sitchin invece ha supposto che ZI sia il lemma che implica il concetto di ‘Life’ (o di ‘breath of life’), e lo ha legato alla sua traduzione di GISH in ‘Wooden implement – Tool’.
La seconda cosa che notai è che il termine DA non viene affrontato da Halloran. Ciò mi fece suonare un campanello d’allarme perché se le prime tre particelle, tradotte nella maniera da lui supposte, concludono da sole il significato che lui dà del nome del dio, si dovrebbe supporre che la particella DA sia inutile o non meritevole di traduzione. Quasi che i sumeri l’avessero messa lì senza scopo, visto che il significato del nome, secondo Halloran, è già spiegato dalle precedenti tre particelle.
Ma i sumeri non erano certo stupidi, non usavano particelle inutili. La questione per me rimase in sospeso per più di due anni, nei quali conclusi che ENTRAMBE le traduzioni sono verosimili. Fu solo quando ebbi la fortuna di trovare la ‘versione originale’ del nome di questo dio che mi si chiarirono le idee. Mi venne in aiuto una riproduzione di una delle linee cuneiformi della Stele di Gudea, un re vissuto a cavallo del 2300a.C. al quale, secondo la leggenda, Ningishzidda apparve in sogno dandogli indicazioni su come costruire il Girsu, il tempio per Ninurta.

Altresì mi fu indispensabile per la mia analisi il font standard di caratteri cuneiformi sumeri (versione TTF per Windows) che associa centinaia di segni cuneiformi a caratteri ASCII.Andando a cercare i simboli cuneiformi nel font sumero trovai le corrispondenze riportate più sotto(il numero 1 significa che il carattere cuneiforme era nella tabella 1 – il Sumerian Font è diviso in 3 tabelle).
Notai una cosa buffa: cercando GISH venivo rimandato a una combinazione di tasti che corrispondeva al cuneiforme IZ. La traduzione delle due particelle è molto diversa (IZ significa ‘fuoco’) ma per entrambe veniva usato lo stesso identico segno cuneiforme. A parte questo, con le combinazioni di tasti trovate veniva fuori esattamente la versione cuneiforme riscontrata nella Stele di Gudea.

Era un grosso passo avanti.
Ciò mi permise di stabilire che il dilemma ZID / ZI si chiariva poiché il carattere cuneiforme giusto era quello che si traslittera con ZI (‘Life – breath of life’) e che quindi era più giusta la traduzione di Sitchin in merito a questa particolare particella. L’ intercambiabilità di GISH con IZ, cioè di ‘Tool / Tree’ con ‘Fuoco’ mi fece concludere che la traduzione di Halloran e Heise ‘signore del buon albero – fedele attrezzo’ perdeva buona parte del suo significato se si utilizzava IZ, perché avremmo avuto ‘signore del buon fuoco – fedele fuoco’.
Ancor più insensata sarebbe stata l’associazione del nome del dio alla fertilità. D’altra parte invece questa intercambiabilità non cambia minimamente il significato che Sitchin dà al nome del dio. Infatti Sitchin indica Ningishzidda come uno degli dei che hanno dato la vita agli uomini, e al fine di questa interpretazione, le due versioni ‘Signore del manufatto della vita – Signore del fuoco della vita’ hanno entrambe valenza. Anche la presenza della particella DA trova un suo senso analizzando le corrispondenze cuneiformi: infatti la giusta traduzione di Sitchin sarebbe ‘Signore che detiene (DA = to hold) il manufatto / fuoco della vita’.
Articolo di Alessandro Demontis
Categoria: News – Generali17/05/2015Lascia un commentoCondividiShare with FacebookShare with WhatsAppShare with Google+Post navigationPrecedentePost precedente:L’importanza del cuneiformeSuccessivoNext post:Frasi sumere nel film ‘Il quarto tipo’Lascia un commento Annulla rispostaDevi essere registrato per inserire un commento.”