Alessandro Demontis, MESOPOTAMIA, MITI

Il termine Dingir

In questo studio voglio analizzare il termine utilizzato dai sumeri per descrivere le divinità: DINGIR. Allo scopo, è bene innanzitutto farsi una idea della conoscenza ufficiale a riguardo degli dei sumeri, riassumendo brevemente il rapporto che la linguistica sumera aveva con questi esseri.

Altresì bisogna sottolineare che la sumerologia ortodossa tratta il termine in esame come una unica parola, scritta diñir o dingir al quale si dà il significato di ‘dio, divinità, gruppo di divinità’ e che viene fatta derivare da DI + GAR = ‘emanare un decreto’, riferimento al fatto che questi esseri regolamentavano la vita a Sumer.

Il termine dingir viene quasi sempre traslitterato in forma abbreviata davanti ai nomi di divinità, nella forma d.nin.girsu o (d)nin.girsu, assai raramente troviamo una forma con il termine per esteso scritto in apice dingirAmar.ud generalmente utilizzata per i sostantivi quando si vuole indicare a che ‘famiglia’ essi appartengono.

Per chiarire, quando in un testo compare il termine UTU, che è sia il nome di un dio sia il Sole, quindi un corpo celeste, nel primo caso verrà traslitterato dingirUtu, nel secondo caso mulUtu.

Ma quale è il cuneiforme per ‘dingir’?

Generalmente in quasi tutte le grammatiche e nei lexicon sumeri si dice che il glifo per dingir sia quello corrispondente al termine AN, che era anche il nome della massima divinità del pantheon sumero, e che significa ‘alto’ o ‘cielo’. Insomma secondo gli studiosi il termine DINGIR significa ‘emanare un decreto’ ma veniva scritto con un glifo che significa ‘alto, cielo’. Il glifo in questione è il seguente:

ed effettivamente questo è il glifo che compare nelle tavole sumere davanti ai nomi di divinità, come possiamo vedere per esempio da una delle iscrizioni lasciate da Gudea:

Ma c’è un altro aspetto del termine dingir che ci interessa, che si può comprendere analizzando il glifo che rappresenta non il termine AN, ma quello proprio relativo a DINGIR.

Infatti in molte iscrizioni troviamo, quando il termine non è utilizzato davanti a un nome ma per indicare gli dei in generale,un’altra rappresentazione cuneiforme. Essa sembra composta dai due singoli glifi non per DI + GAR, ma DI(N) + GIR, o meglio GIR + DIN poiché nel passaggio da pittografico a cuneiforme il sumero subì una rotazione di 90°. In sumero cuneiforme classico, quindi girato, il glifo di GIR si trova per primo:

Questi due simboli sono molto particolari, non si capisce come, da loro, si possa essere passati alla forma cuneiforme che si legge AN ed ha significato diverso. Dunque la scelta di utilizzare il glifo per AN per soppiantare il termine DINGIR deve essere stata basata non sulla forma grafica ma sul significato. Come già visto il termine AN significa ‘cielo’ o ‘alto’.

Lo stesso concetto è stranamente espresso dai glifi che compongono DINGIR quando essi sono presi nella loro versione pittografica cuneiforme ‘prima della rotazione’ del verso di scrittura. Tale versione infatti indica una sorta di ‘basamento’ quadrato o rettangolare sormontato da un cuneo a punta verso l’alto:

La prima volta che vidi questa rappresentazione rimasi abbastanza sorpreso perché mi ricordava in modo strabiliante una foto di un dipinto presente nella tomba del governatore egiziano Hui, tomba sita nella parte occidentale della penisola del Sinai.

Tale dipinto, riportato in forma parziale da Gaston Maspero in una sua celebre opera archeologica alla fine del XIX secolo, è riprodotto in forma di disegno da Zecharia Sitchin nei suoi libri. Andai a ricercare la foto del dipinto, e comparandolo con la forma intera proposta da Sitchin e con i glifi di cui abbiamo parlato riuscii a comporre questa immagine:

Le linee in azzurro poste nel disegno mostrano come sia possibile ricavare da questo le forme  dei  glifi che  compongono  il  termine DINGIR.

Ma di cosa si tratta?

Gaston Maspero nel suo libro presenta il contenuto di questo dipinto come una ‘scena di adorazione  nel  deserto  della  Nubia’. Non spiega cosa sia la costruzione tronco-conica che spunta dal terreno, e non offre nella sua riproduzione la parte ‘sottoterra’. Ne mostra in effetti soltanto una minima parte come vediamo:

Questa sopra, che è la versione originale e completa della riproduzione dal libro di Maspero, fa intendere che sotto il livello del terreno c’è effettivamente qualcosa, che  però lui non riproduce, forse non ritenendola interessante. Si vede comunque una  porzione di ciò che è invece rappresentato fedelmente nella versione data da Sitchin.

L’autore russo identifica questa ‘costruzione’ come una‘navicella spaziale’, una sorta di modulo spaziale che si staccherebbe dal ‘corpo’ per esempio come fanno i nostri Shuttle al rientro dalle missioni spaziali. Ciò è legato al fatto che secondo Sitchin gli ‘dei’ sumeri erano esseri capaci di voli spaziali con mezzi di trasporto aereo dei quali si trova traccia in vari miti sumeri.

Per quanto assurda possa apparire questa ipotesi, che ricordo essere basata su decine di riferimenti nei testi, se fosse plausibile sarebbe la perfetta spiegazione della composizione del termine DINGIR, come vediamo dalla mia immagine composita, sia dal punto di vista grafico (i contorni delle due parti della navicella, quella sotterranea e quella sopra terra) sia dal punto di vista del significato (la navicella è rivolta verso l’alto, verso il cielo, e serve appunto per salire in cielo).

Questo termine dunque, composto da due glifi che ricalcano la forma di una navicella o di un razzo multi stadio, per la proprietà di questa navicella di ‘dirigersi verso il cielo’, sarebbe poi stato reso dal glifo più semplice AN che significa ‘cielo’.

Articolo di Alessandro Demontis

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