
Che Genesi e gran parte del materiale contenuto nella Bibbia siano echi di eventi immortalati su pietra precedentemente dai Sumeri è ormai cosa nota. La religione ebraica, nata dal culto del dio En.Lil e della sua stirpe, è giunta a noi come religione monoteista e ha spianato la strada per il cristianesimo e l’ islamismo. Ma nella sua fase iniziale l’ ebraismo non conosceva una singola divinità.
Quando leggiamo nella Bibbia il plurale Elohim non dobbiamo lasciarci ingannare dalle spiegazioni che ora ci vengono date dagli interpreti e apologeti di una religione monoteista. Loro dicono infatti che Elohim è un plurale majestatis però non sanno o non vogliono spiegare perché in alcuni casi verrebbe usato questo plurale majestatis e altre volte invece la versione singolare.
La realtà è che il termine Elohim, plurale di Eloah (provenienti entrambi dalla radice El = Signore/Dio), indica una ‘collettività’ di dei. Ciò è eco delle innumerevoli iscrizioni sumere in cui si parla di ‘consiglio degli dei’, dei ‘sette che decretano i fati’ etc.
Abbiamo già affrontato in un precedente articolo (vedi: La nascita di Satana) il tema fondamentale dell’enoteismo ebraico e di come venne creata la figura di Satana riferita alla stirpe enkita (En.Ki, fratellastro di En.Lil, e tutta la sua progenie, erano rappresentati dal Serpente). Qui andremo invece ad analizzare in profondità la nascita e l’ evoluzione della figura di El fino ad identificare yahweh.
Da En.Lil a El
En.Lil, figlio di Anu, fratellastro di En.Ki, era considerato in Mesopotamia la maggiore divinità. Anche se a capo del pantheon sumero stava Anu, la sua figura era più quella di un ‘patrono’ che quella di un Dio-guida. Era una ‘carica onoraria’ inquanto padre delle due divinità principali, appunto En.Lil ed En.Ki le quali, assieme ai loro discendenti, fecero nascere ed evolvere la civiltà a Sumer.
Il nome En.Lil significa letteralmente ‘Signore del Vento/Aria’ ma il termine Lil ha anche il significato di ‘potere, comando’. Da qui la traduzione di ‘Signore del Comando’ che viene fatta in molte tavolette sumere dedicate all’ esaltazione della figura di questa divinità.
En.Lil veniva chiamato anche Ellil, nome da cui è nata poi la radice accadica Ilu per descrivere gli dei, e dalla quale a sua volta nacquero il termine ebraico El e quello arabo Allah. El, dunque, non era un nome proprio di una divinità ma un termine descrittivo.
Uno degli appellativi accadici di En.Lil era Ilu.Kur.Gal, ‘Signore della Grande Montagna’, che è esattamente lo stesso epiteto che l’ ebraismo usa per la sua divinità con il nome El Shaddai. A questo punto è bene tenere presente una cosa: essendo l’ ebraismo nato dalla devozione a En.Lil, è a lui che vengono attribuiti tutti gli eventi e le azioni principali e ‘positivi’ per la civiltà ebraica. A lui e alla sua progenie.
Analizziamo quindi alcuni episodi raccontatici dalla Bibbia che trovano riscontro in testi sumeri e che riguardano En.Lil, permettendoci di effettuare questa identificazione tra le due divinità.
La Creazione
Nel racconto della creazione dell’uomo, il testo biblico ci racconta che ‘Gli Elohim (quindi un numero minimo di 2 divinità) crearono Adamo dalla terra, […] maschio e femmina li crearono[…]’.
Successivamente si dice che ‘Allora Il Signore Dio (singolare) piantò un giardino nell’Eden a Oriente, e vi pose Adamo, perché lo coltivasse […]’.
Nelle bibbie moderne il tutto viene ridotto al singolare, ma è rimasta la differenza di denominazione tra i due passaggi. Nel primo si parla di ‘Dio’ che rivolgendosi a qualcuno dice ‘Creiamo l’ uomo a nostra immagine’, nel secondo si parla del ‘Signore Dio’ e i verbi sono al singolare.
Da una analisi attenta si comprende come un gruppo di dei nel primo passaggio crei l’uomo, e come poi un singolo dio, nel secondo passaggio, lo ponga nel giardino dell’Eden. Andando a leggere le traduzioni di alcuni miti sumeri, troviamo una esatta corrispondenza. Il primo passaggio della Genesi corrisponde a un testo che in forma contratta è stato incluso nell’ Enuma Elish e che racconta di una riunione di divinità (vengono menzionati Anu, En.Lil , En.Ki e poi Nin.Hur.Sag che viene convocata) durante la quale En.Ki propone di creare un essere che porti il fardello del lavoro che spettava agli dei.
Le parole usate d En.Ki e tramandate nel mito sono:
L’essere di cui parlo esiste già, dobbiamo solo imprimergli il nostro marchio
Anche qui, come nel primo passaggio della Genesi, abbiamo un discorso tra varie divinità, l’uso del plurale, e l’intenzione di creare un essere umano ad opera di più divinità. Il testo sumero continua con
Guardate, abbiamo qui Mami (uno degli epiteti di Nin.Hur.Sag), che sia lei a dare vita al nuovo essere
e con la risposta di Nin.Hur.Sag:
Da sola non posso farlo, abbiamo qui En.Ki dio di grande sapienza, che sia lui ad aiutarmi in questa impresa
Anche in questo passaggio quindi si fa riferimento al fatto che la creazione avviene ad opera di almeno due diverse divinità. Il secondo passaggio della genesi corrisponde al testo sumero in cui l Adapa, l’essere appena creato, viveva nell’Ab.Zu, sotto il dominio di En.Ki, il suo creatore.
In questo testo si racconta di come gli altri dei che vivevano e lavoravano nell’ E.Din (Mesopotamia) si ribellarono ad En.Lil (sotto il cui dominio stava la zona) chiedendo che ‘Anche a noi sia portato il Lu.Lu e che sopporti lui le nostre fatiche’. Fu allora che En.Lil con un ‘raid’ nell’ Ab.Zu rubò l’ Adapa e lo portò nell’ E.Din, nella zona a est dell’Eufrate (l’Eden a Oriente). Anche in questo caso, come nel corrispondente racconto biblico, il protagonista è UN dio e non un gruppo.
Il Diluvio
Nel racconto biblico del Diluvio Universale, Dio decide di sterminare gli uomini a causa della loro ‘corruzione morale’. Questo Dio decide di mandare un diluvio che avrebbe distrutto ogni forma di vita e simbolicamente lavato il peccato dal mondo.Improvvisamente però leggiamo che ‘Noè trovò grazia nel cuore di Dio perché era un uomo giusto’. Quindi Dio cambia idea e decide di salvare non solo Noè, ma anche sua moglie, i suoi 3 figli, e le 3 nuore.
Dio va da Noè e gli dà istruzioni per costruire una barca nella quale dovrà salire con la famiglia prima del diluvio, e stipare provviste animali e vegetali per poter far ripartire la vita dopo la catastrofe. Il racconto sumero è molto più dettagliato.
È sempre En.Lil che decide di distruggere i discendenti di Adapa a causa del loro proliferare:
Le loro voci mi arrecano fastidio, il loro accoppiarsi mi toglie il sonno, […] ma non posso fare niente contro loro per causa di mio fratello, Egli li protegge
Successivamente En.Lil convoca En.Ki e gli intima di usare il suo potere per ‘correggere i danni che la tua creazione ha portato… crea quindi un diluvio che spazzi via l’ uomo dalla terra’, ma En.Ki risponde che ‘questo non è mio potere, non è una azione per me… è una azione per te, En.Lil, e tuo figlio Nin.Ur.Ta. Se vuoi un diluvio dì a Nin.Ur.Ta di aprire le porte del cielo’.
La frase conclusiva del passaggio, pronunciata da En.Lil, è una trasposizione della frase del racconto biblico: ‘Ecco io allora lo farò da me… manderò il diluvio per spazzare l’uomo dalla terra’. Nel racconto sumero però troviamo una differenza significativa. Mentre nella Genesi è Dio a cambiare idea all’ultimo momento e decidere di salvare Noè e la famiglia, nel corrispondente passaggio sumero è En.Ki a voler salvare Utnapistim, suo sacerdote, dirigendosi fuori dalla sua casa e facendo finta di parlare a un paravento di canne (in modo che comunque Utnapistim potesse sentirlo), perché En.Lil aveva fatto giurare agli altri dei di non rivelare la sua intenzione.
Le parole del testo sumero iniziano con
O capanna di canne ascoltami! O Muro ascoltami! Abbatti questa casa, lascia qui ogni tuo bene terreno e costruisci una nave, riempila di tutto ciò che è vivo […]
Questa divisione dei ruoli di distruttore e di salvatore nel testo sumero, nel momento in cui si sono attribuite a En.Lil tutte le azioni ‘positive’ compiute da altri dei, è stata tradotta nell’improvviso quanto sospetto ‘cambiamento di idea’ che compare nella Genesi.
La Torre di Babele
Anche il racconto della Torre di babele, seppur di poche righe, contiene una traccia utile a identificare En.Lil con Dio. Mentre il popolo che si è stanziato nella ‘Valle di Shinar’ costruisce la città con la torre, ‘Il Signore venne giù a vedere la città e la torre che i figli degli uomini avevano costruito’. A questo punto Dio, rendendosi conto che l’uomo era talmente civilizzato da pensare come un ‘popolo’ e non come gruppi di singoli o tribù, vede in questo un pericolo.
Questa preoccupazione traspare dalle parole:
Guardate! Ora la gente è unita, con una sola lingua, ed ecco ciò che cominciano a fare. Compiendo questo niente sarà più loro impossibile di ciò che immagineranno
Il Signore prende quindi una decisione ed esorta altri non precisati dei a seguirlo:
Venite, scendiamo e confondiamo le loro lingue, così che non possano più comprendersi
La strategia di Dio è semplice ed efficace. Se gli uomini fino ad allora parlando una lingua comune erano riusciti ad organizzarsi, ora con lingue diverse non ci sarebbero più riusciti.La Genesi è un ultracondensato di racconti, e ciò fa sì che le varie parti del racconto della Torre di Babele siano riportate di seguito anche se descrivono momenti diversi distanti parecchio nel tempo. Difatti nella Bibbia subito dopo questa esortazione da parte del Signore, ci viene raccontato di come ‘Allora il Signore confuse le loro lingue, e scacciò gli uomini in varie zone della terra’.
Ovviamente il ‘confondere’ le loro lingue non può essere un gesto immediato. Anche la dispersione degli uomini dalla valle di Shinar in altre terre non è una azione immediata. Per entrambe queste opere è richiesto un certo lasso di tempo che però viene eliminato nel racconto che è appunto un sunto. È bene notare come anche in questo racconto c’è un personaggio al singolare che parla a un gruppo di altri personaggi, ma agisce da solo.
La distinzione singolare/plurale anche in questo passaggio è chiara. Abbiamo un corrispondente racconto sumero che possa aiutarci con questo brano? Esiste un racconto che contiene poche linee che descrivono un fatto molto simile a quello raccontato dalla Genesi. Si tratta di un racconto (catalogato K.3657 tradotto da G. Smith e da W. Boscawen) della ‘biografia’ di Marduk, divinità enkita che agli occhi di En.Lil (in modo particolare) fu sempre sgradito per la sua pretesa regale. Infatti bisogna ricordare che, quando furono divisi i regni sulla terra tra gli dei, il ruolo più importante fu dato a En.Lil, e nella ‘seconda generazione’, cioè quella dei figli di questi dei, il prescelto per il comando non fu Marduk come invece sarebbe dovuto essere, ma Nin.Ur.Ta, figlio di En.Lil.
In questo racconto si parla di Marduk e del suo esilio e di come grazie a suo figlio Nabu tornò nelle sue terre a Canaan per raggruppare i suoi seguaci dirigendosi in Mesopotamia dove fondare una nuova città, Babilonia. Il progetto di Marduk prevedeva una città con una grande ‘torre a gradini’ (uno Ziggurat) chiamata E.Sag.Ila (Casa del grande dio). Fu allora che En.Lil, considerandolo un affronto al suo ruolo, decise di intervenire per scacciare Marduk. Convocato suo figlio Nin.Ur.Ta, En.Lil dispose che
Non più egli dovrà offendere il nostro potere, se ora il suo popolo lo eleggerà sovrano niente più potrà essergli impedito
En.Lil lancia dunque un appello a suo padre Anu, e non ottenendo il favore, si rivolge misteriosamente a Dam.Ki.Na madre di Marduk la quale però collerica risponde che
Il suo numero […] il suo nome io sceglierò, al suo fianco starò
L’enigmatica frase ‘Il suo numero’ è un riferimento al fatto che gli dei Anunnaki, come ci dicono i sumeri, avevano un grado di importanza definito da un numero. Anu che era il capo aveva rango 60, En.Lil 50 e Marduk solo 10. A Nin.Ur.Ta era stato dato lo stesso rango di En.Lil. Ciò fa capire che l’ astio di Marduk era appunto dovuto, come abbiamo scritto poc’anzi, al fatto che come precedentemente a suo padre En.Ki, anche a lui fu negato il comando.
Il testo racconta che ‘grande astio provava lui per il Padre dei Cieli’. L’epiteto Padre dei Cieli identifica chiaramente En.Lil, Signore del Vento/Aria.Poche righe più avanti nel testo si legge quindi che
Durante la notte il Signore del Cielo scese sulla terra ma gli uomini contro lui si scagliarono […] Egli rase allora al suolo la città, e il suo comando fu che fossero dispersi e le loro menti confuse
Al di là quindi degli epiteti e dei nomi, abbiamo gli stessi elementi. La costruzione di una città con la torre, l’appello di un (singolare) dio ad altri dei (Nin.Ur.Ta, Anu, Dam.Ki.Na), distruzione della torre, la dispersione del popolo in varie terre, e la confusione (qui delle menti, nella bibbia delle lingue). Nel racconto della Genesi si dice che ‘allora questo posto fu chiamato Babele, perché qui il Signore Dio confuse le lingue dell’uomo’. Il termine Babele prese da qui un significato di ‘bolgia, confusione’, che è arrivato fino a noi. Ma questo termine non significa ‘confusione’ ma ‘Porta del Dio / degli dei’ (Bab-ilu).
La frase enigmatica quindi è una pantomima che vuole tramandare il nome della città assegnandogli un significato che non ha. Il nome della città presumibilmente fu assegnato da Marduk, per la quale appunto quella città era simbolicamente una porta di accesso al potere. In che maniera? Nonostante E.Ri.Du, la prima città mesopotamica, fosse la residenza onoraria di En.Ki, in tutto il territorio mesopotamico era la fazione enlilita ad avere il comando. Tutti i templi di queste città mesopotamiche erano dedicati a En.Lil e la sua stirpe. Ve ne erano per Utu, per Ish.Kur, per In.An.Na, per Nin.Ur.Ta, ma nessuno per i figli di En.Ki; se dunque Marduk avesse stabilito un centro di culto e una città per se stesso in Mesopotamia, sarebbe stato un affronto nei confronti di En.Lil perché se ne sarebbe dovuto riconoscere il potere anche in quelle terre.
Gli altri El
Finora abbiamo stabilito che, quando nella Bibbia, o meglio nel vecchio testamento, si fa riferimento al ‘Signore’ ci si riferisce a En.Lil. Il nome generalmente usato in molti di questi racconti è El. Viene utilizzato sia come nome proprio sia come parte di un epiteto, come per esempio il già visto El Shaddai, o anche El Elyon.
Abbiamo visto 3 esempi in cui i resoconti biblici sono corrispondenti ad altrettanti racconti sumeri con protagonista proprio En.Lil. Dobbiamo quindi concludere che El è SEMPRE il dio sumero En.Lil? No. Ci sono tantissimi altri episodi che, se presi singolarmente, identificano El e yahweh con altre divinità, a volte discendenti di En.Lil, ma altre volte discendenti di En.Ki.
Analizziamone alcuni:
El come En.Ki
Abbiamo già visto che l’ atto della Creazione di Adamo avvenne ad opera di En.Ki, e questo è il primo degli episodi che collega questa divinità al Dio ebraico. Oltre a questo episodio abbiamo visto anche il suo intervento nel salvare la vita a Utnapistim/Noè. Ci son però anche altri riferimenti che sembrano identificare En.Ki come probabile candidato a vestire i panni di yahweh/El.
Innanzitutto En.Ki era il più saggio degli Anunnaki, era colui che deteneva tutti i segreti della scienza, della medicina, dell’estrazione mineraria etc. Nonostante tutti gli dei avessero conoscenze in questi ambiti ed alcuni addirittura eccellessero in determinati campi per cui venivano adorati, era En.Ki il più grande depositario di conoscenze. Egli incarna pienamente gli epiteti che nel Vecchio testamento vengono dati a Dio.
Uno dei nomi con cui En.Ki veniva adorato era Bu.Zur, che può essere tradotto sia come ‘Lui che conosce i segreti’ ma anche come ‘Lui che abita le miniere’ riferito al fatto che fu nelle miniere dell’ Ab.Zu che gli Anunnaki prima, e l’uomo poi, estraevano i minerali preziosi. Questo epiteto rimanda alla frase che yahweh rivolse a Ciro:
‘L’argento e l’oro sono miei, […] io ti donerò tesori nascosti e ricchezze celate’ (Isaia 45:3).
Il simbolo di En.Ki era il serpente, e val la pena ricordare che yahweh trasformò per prodigio il bastone di Mosè proprio in un serpente. Il dominio di En.Ki era l’Ab.Zu, con questo termine era chiamato un regno che ‘si estendeva ai confini della terra’ (secondo i testi sumeri). Questa definizione riporta alla mente una serie di domande retoriche contenute nel Libro dei proverbi:
Chi è salito al cielo e ne è sceso? […]
Chi ha fissato tutti i confini della terra?
Come si chiama? Quale è il nome di suo figlio?
Ci viene detto quindi che Dio aveva un figlio. Trattandosi di una narrazione di secoli precedenti la venuta di Gesù Cristo, questo passaggio è alquanto enigmatico. Lo si può comprendere solo ricordando che En.Ki lasciò il suo dominio dell’Ab.Zu a Ner.Gal, suo figlio, e alla moglie di lui Eresh.Ki.Gal.
Questa relazione identificherebbe dunque En.Ki in Dio, e Ner.Gal nel suo fantomatico figlio.
El/yahweh come Ish.Kur
Come abbiamo visto, uno dei nomi che veniva dato a En.Lil era Ilu.Kur.Gal che trova il suo corrispondente nell’ebraico El Shaddai, Signore delle Montagne. Ma esisteva anche un altro ‘Signore delle Montagne’ nel territorio mesopotamico, precisamente nella parte più a est. Era il figlio minore di En.Lil conosciuto dai sumeri come Ish.Kur e dagli accadi come Adad. Il suo regno era la parte nord dell’Asia Minore, dove svetta la catena del Tauro. Il nome Ish.Kur è legato alle montagne dalla radice Kur, ma il sillabico Ish è sempre stato controverso.
Ish può essere fatto derivare da Isha (Signore) che dunque comporrebbe con Kur proprio quel titolo di ‘signore della montagna’ di cui stiamo trattando; ma la parola Ish veniva tradotta in accadico con Shaddu, ed è da questo termine che deriva l’ebraico Shaddai. Inoltre alcuni passi dei salmi (135:7) e del libro di Giobbe parlano di Dio come di colui che chiama la pioggia e le nubi durante l’Esodo. In altri punti della Bibbia si parla di Dio dicendo ‘Al suono della sua voce rombano le acque, […] egli produce i fulmini e le nubi […] e libera i venti dalle loro riserve’.
Dio era quindi legato alle tempeste, e Ish.Kur era appunto il dio delle tempeste. In tal veste era adorato come Adad dagli accadi e come Teshub dagli ittiti e hurriti.
El/yahweh come Nin.Gish.Zid.Da
La conoscenza medica e scientifica di En.Ki vene trasmessa ai suoi due figli prediletti: Marduk e Nin.Gish.Zid.Da i quali erano venerati in Egitto con i nomi di Ra e Thot. Uno dei lati più controversi che la Bibbia assegna a Dio era la sua capacità di guarire. Ci sono nella Bibbia innumerevoli riferimenti a questo ‘dio guaritore’. Nel libro di Geremia si legge
Guariscimi o Signore ed io sarò guarito […]
mentre in Salmi 103:1-3 si legge
Anima mia benedici il Signore, […] egli guarisce tutte le mie malattie
yahweh inoltre guarisce Ezechia salvandolo da morte certa e gli dona oltre 10 anni di vita in più. Yahweh riportava in vita i morti, come in una visione di Ezechiele. yahweh inoltre era un architetto eccezionale, dato che diede istruzioni dettagliate per la costruzione del Tempio di Gerusalemme perfino sugli orientamenti, sugli arredamenti, sui materiali da usare.
La divinità sumera che più corrisponde a tutti questi tratti è Nin.Gish.Zid.Da, infatti fu lui che in qualità di Thot accorse in aiuto di Iside quando Horus fu morsicato da uno scorpione velenoso, fu lui il rinomato architetto che progettò il tempio di Nin.Ur.Ta a Nippur, fu lui che secondo gli egizi progettò le piramidi, e che secondo i sumeri aiutò suo padre En.Ki a rendere i primi Lu.Lu creati capaci di procreare.
El/yahweh come Ner.Gal e Nin.Ur.Ta
C’è un episodio della Bibbia, quello della distruzione di Sodoma e Gomorra, che analizzato in alcuni dettagli (più che nella storia completa) ci rimanda a un lungo testo sumero chiamato Epica di Erra. Entrambi i racconti contengono elementi che hanno quasi del fantascientifico: piogge di fuoco e zolfo, un vento maligno che semina morte, divinità iraconde, la distruzione di una zona geografica ben identificabile. Nel racconto della Bibbia la distruzione arriva su Sodoma e Gomorra, due città ‘corrotte allo sguardo di Dio’, mentre nell’Epica di Erra ad essere distrutte sono Sumer e la zona del Mar Morto.
Nel racconto biblico è Dio che distrugge queste città dopo averne constatato la corruzione, mentre nel testo sumero a condurre l’attacco sono si due divinità distinte, ma delle quali una in particolare si accanisce in maniera spietata. È appunto il dio Erra. Questo nome è uno degli epiteti di Ner.Gal, figlio di En.Ki e fratello di Marduk, marito di Eresh.Ki.Gal e quindi re dell’Ab.Zu. La distruzione avviene a causa del tentativo di Marduk (ancora una volta) e di suo figlio Nabu di prendere il controllo della zona di Babilonia e di Nippur. È per questo che Nin.Ur.Ta e Ner.Gal, chiamati rispettivamente nell’epica Ishum (colui che brucia) ed Erra (colui che annienta), vengono autorizzati a usare le ‘sette armi del terrore’ contro le città conquistate da Nabu.
Nel racconto biblico è famoso il passaggio in cui si descrive la morte della moglie di Lot che, fermatasi ad assistere alla distruzione delle città, venne tramutata in una ‘colonna di sale’. Il termine esatto che viene utilizzato nello scritto ebraico è ‘Netsiv Melah’. Ma se come è probabile questo racconto è un eco della Epica di Erra, scritto in sumero, si deve chiarire che il termine Melah deriva dal sumero Ni.Mur che significava sia ‘sale’ che ‘vapore’. Nell’epica di Erra, il dio Ner.Gal conducendo l’attacco dichiara che ‘Le genti io farò scomparire […] le loro anime tramuterò in vapore’ e il termine utilizzato è proprio Ni.Mur.
Da El a yahweh
Questa molteplice possibilità di identificare El con varie divinità, si spiega con il fatto che tra l’epoca sumeroaccadica e l’avvento del monoteismo ebraico ci sono comunque oltre 1000 anni di storia, e tra la civiltà sumera e la stesura della Bibbia ci son oltre 2000 anni. Durante questo arco di tempo la Mesopotamia fu frazionata in tanti regni, si succedettero tante dinastie di re, tanti popoli, ognuno dei quali venerava un particolare dio derivato dal pantheon sumero.
Questa venerazione avveniva sistematicamente riconoscendo anche gli altri dei ma eleggendone uno a ‘divinità principale o nazionale’. È questa la chiave che ci porta a comprendere la ‘nascita di yahweh’. Due popoli, con le rispettive religioni, sono essenziali in questo cammino. Gli Ittiti e gli Assiri. Gli Ittiti erano un popolo proveniente dai balcani e stabilitosi nell’ Anatolia del sud nel II millennio a.C., una epoca successiva all’ espandersi della civiltà sumera e alla nascita del primo regno di Babilonia. La prima vera fase in cui gli Ittiti si diffusero coincide con la adozione della città di Hattusa come loro capitale.
Venendo in contatto con le popolazioni circostanti, gli Ittiti adottarono un pantheon misto che si rifaceva in gran parte alle divinità dei sumeri. Nei loro scritti sono menzionati Utu e Teshub assieme ad altre divinità di più difficile identificazione. Ma Utu è ben identificabile nell’omonimo dio del sole sumero, e Teshub è altrettanto identificabile nella versione hurrita di Ish.Kur / Adad. Fu con gli Ittiti che molti degli dei ‘giovani’ sumeri trovarono un nuovo nome e un loro culto.
È interessante notare che di volta in volta questi ‘dei nazionali’ venivano venerati attribuendogli opere di altri dei. In parallelo a questa azione però gli Ittiti furono i primi a distaccarsi dalle tradizioni mesopotamiche e creare una nuova religiosità basata sul culto dei morti e su un nuovo concetti di aldilà. Fu con loro che gli dei, da esseri in carne ed ossa che vivevano con il popolo, diventano delle entità da venerare come ‘rappresentazioni’ o ‘incarnazioni’ di concetti astratti, come per esempio Illuyanka come incarnazione delle forze del caos e Teshub, dio della tempesta, come ‘portatore di ordine’.
Gli Assiri invece erano un popolo che abitava la zona a nord-est della Mesopotamia, ai piedi dei monti Zagros, ed erano fortemente imparentati con i babilonesi. Erano un popolo molto combattivo le cui tracce ci arrivano già a cavallo del 1900 a.C. con l’inizio del loro primo regno. La religione Assira era una versione quasi speculare di quella babilonese del periodo in cui Marduk era dio nazionale di Babilonia. Il suo corrispondente era Ashur, un dio molto violento, che veniva rappresentato con gli attributi di precedenti divinità sumeroaccadiche. Alcune rappresentazioni lo ritraggono all’ interno del disco solare, solitamente associato alle divinità sumere e in particolare a Utu, altre volte ha in mano il tridente, tipico di Ish.Kur, altre volte in mano porta una sorta di cesta che vediamo in molte rappresentazioni di Marduk.
La figura di Ashur successivamente si evolvette nel Aleyan-Baal, arrivato a noi tramite i fenici, ma adorato precedentemente da tutti i popoli canaanei. Questo Baal è il punto focale della trasformazione degli dei mesopotamici nella figura che poi nell’ ebraismo fu adorata come El/yahweh. Il Baal della mitologia canaanita è la prima figura che prende su di se gli attributi di tutte le principali divinità precedenti. Nel pantheon canaaneo Baal era figlio di El, e veniva chiamato Baal’Hadad</b, un riferimento a quell’Adad accadico incarnazione del sumero Ish.Kur di cui abbiamo già parlato.
Ciò identifica quindi anche El con En.Lil come già detto.Se tutte queste divinità erano ricondotte al nome El, che potremmo pensare come un ‘nome collettivo’, serviva una figura che potesse permettere il ‘grande passo’ nell’azione di creazione di una unica figura che rispondesse a tutte le caratteristiche degli dei precedenti, ma che allo stesso tempo non fosse identificabile come una ben precisa divinità tra tutte queste. L’unico candidato possibile, a nostro avviso, era il figlio di Baal e di sua sorellastra Asherah (in alcune versioni del mito è lo stesso El a generare un figlio con Asherah e dunque questo è fratello di Baal). Si chiamava, stranamente, Jaw.
Questo nome era una radice che iniziò ad apparire in molti epiteti divini; cronologicamente parlando non si hanno testimonianze di questa radice prima del 1400 a.C., ed è bene evidenziare che è questo, il XV secolo a.C., il lasso di tempo in cui si svolge l’esodo e yahweh fa la sua prima comparsa. Nel suo apparire a Mosè, quando egli gli chiede quale nome dovesse dare agli Israeliti, con le famose parole ‘Il dio dei vostri padri mi ha mandato[…] ma essi mi diranno:
Chi è questo Dio? Come si chiama? – Io cosa risponderò loro?’, yahweh gli risponde con l’enigmatica frase:
Io sono colui che sono! […]
dirai al tuo popolo: Ehyeh mi ha mandato da voi –
Questo è il mio nome a Olam, con questo
titolo sarò ricordato
di generazione in generazione
Ci sono ben due cose da notare in questo passaggio: il Dio dice a Mosè che sarà ricordato con un titolo, facendo intendere che si tratti di un epiteto e non di un nome proprio. Inoltre la prima frase ‘Io sono colui che sono’ nell’originale ebraico è Ehyeh asher Ehyeh, che grammaticalmente non è un presente ma un futuro, e il significato letterale è ‘Io sono chiunque sarò’. A nostro avviso una frase simile è la chiave che ‘taglia’ con tutte le passate personificazioni delle varie divinità in El, e crea la figura di yahweh come unico Dio che funge da summa di tutte le precedenti. Questa rottura è ben resa anche dal passaggio in cui yahweh dice a Mosè: ‘Ad Abramo e Isacco mi presentai come El Shaddai […] ma il mio nome yahweh loro non conobbero’. Chiaro segno di un momento, l’ incontro con Mosè, in cui questo Dio cambia identità da El a yahweh. La frase ‘Io sono chiunque sarò’ suona come una imposizione che vieta una ben precisa identificazione. Pone un muro che taglia con le figure passate, rafforzato da quel passaggio da El Shaddai (e quindi El) a yahweh. Con questa serie di frasi si apre quindi una nuova era religiosa, in cui una nuova divinità viene creata raggruppando tutte le possibili divinità sotto il nome di El e cambiandogli nome in yahweh eliminando, con la stessa definizione del nome, ogni riferimento al passato.

Sul Yahweh pre esodo
Quando si parla della figura di Yahweh ogni risorsa comunemente disponibile è strettamente legata alla tradizione biblica o, nei rari casi più antichi, alle manifestazioni del culto yahwista di poco precedente l’ epoca comunemente accettata per l’origine dei libri biblici. Pur se i racconti della bibbia, in particolar modo l’Esodo, si riferiscono a tempi di molto precedenti la redazione dei libri, e quindi si colloca il personaggio Yahweh in quei tempi, per trovare traccia scritta del nome di Yahweh in una lingua standardizzata bisognerà aspettare il VII secolo a.C. e stranamente il nome è scritto non in elamita o aramaico ma in assiro.

Per intenderci, l’Esodo che è stato collocato dai vari autori tra il XV e il XIII secolo a.C., ci presenta l’esordio del nome di Yahweh, ma il libro che tratta di quest’esodo è stato scritto circa 7 secoli dopo, dunque la testimonianza scritta del nome e della figura di Yahweh è relativamente recente rispetto a tutto l’ arco storico biblico. Ciò rende difficile inquadrare la figura di Yahweh nel contesto della fase iniziale della storia del popolo di Israele, poiché nei secoli in cui si sarebbe verificato l’esodo non ci sono testimonianze scritte riguardanti Yahweh stesso.
Se il personaggio Yahweh viene messo in relazione alle divinità semitiche dell’ ovest i cui nomi compaiono spesso nelle iscrizioni canaanite, aramee, babilonesi ed ebree (per esempio Ya, Yami, Yauwilum, Yaw) è possibile che si tratti di una delle divinità canaanite minori presenti in tavole cuneiformi ritrovate a Taanach e risalenti sicuramente a prima del XX secolo a.C.; eppure non esistono prove conclusive e definitive di testimonianze di scrittura cuneiforme del nome Yahweh prima dell’VIII secolo a.C. Tuttavia sembra che Yahweh sia stato una delle divinità del deserto adorate dai Keniti prima di essere incontrato da Mosè nel periodo dell’Esodo.
Ciò ci giunge da un documento nel ‘regno del nord’ nel libro dell’ Esodo, e dalle tradizioni sacerdotali successive. D’altra parte nella narrativa giudaica si afferma che il personaggio Yahweh fosse conosciuto agli antenati di Israele sin dai tempi di Enoch. Si noti comunque che si tratta, come già detto, di una letteratura ‘postuma’. Le narrative di questo genere non spiegano come mai i regni del nord, non immersi nel Yahwismo fino al periodo dell’Esodo, dovessero far risalire l’origine del culto Sinaitico proprio a Yahweh. Se in fin dei conti, nel periodo risalente a circa il II millennio, i regni del nord di Israele non avevano un culto di Yahweh paragonabile a quello che aveva Mosè nel XV secolo, perché questi stessi popoli fanno risalire a Yahweh il culto del Sinai?
Una analisi di questa problematica viene affrontata dal professor H. Rowley il quale afferma che furono solo le tribù che condivisero l’esodo con Mosè ad affermare e condividere il culto yahwista, ma nemmeno lui stabilisce un perché. Ad ogni modo le narrative canaanite e giudaiche ci presentano la figura adorata nel culto yahwista come una figura profondamente diversa, per esempio, da quella di Osiride in Egitto o Tammuz e Marduk a Babilonia, o ancora Aleyan-Baal a Canaan.
Fu solo quando la Palestina divenne ufficialmente la ‘terra di Yahweh’ che le tradizioni ebree e canaanite vengono assimilate come a formare il risultato di un miscelamento di tradizioni paragonabile a quello che si ha tra invasori e indigeni. Nell’invasione ebraica nelle terre canaanite, gli ebrei impararono da loro le tradizioni agroculturali e ‘tecnologiche’ integrando la tradizione canaanita con la propria dottrina religiosa spirituale.Questo interscambio di culture e tradizioni produce l’avvento di un culto sinaitico marcatamente rivolto a tradizioni di fertilità, creando una sorta di parallelo con le altre figure divine presenti in Mesopotamia.
Ma quanto possiamo fidarci delle testimonianze del I millennio a.C. che descrivono il culto di Yahweh già in periodi risalenti al II millennio o ancora precedenti? Una traccia dell’origine di Yahweh a mio avviso è rimasta in alcune frasi riportate nell’Esodo. La frase che Yahweh pronuncia a Mosè: “ Ad Abramo e Isacco mi presentai come El Shaddai […] ma il mio nome Jahwe loro non conobbero” ci riporta alla mente che la figura di El Shaddai era un ‘dio delle Montagne’ e del deserto, coerentemente con quanto tramandato dai regni del nord di Israele che lo propongono come divinità presso i Keniti.
Questa tribù era provveniente dall’ asia minore e viene descritta come ‘gente abile nella lavorazione dei metalli’. Se si ritiene veritiera questa identificazione dei Keniti, la presenza di Yahweh (sotto altro nome) nella loro tradizione precedente l’epoca di Jethro e Abramo può permetterci di ipotizzare che il culto di questo ‘proto-Yahweh’ venisse dalle regioni mediorientali più a est, quasi ai limiti dell’ Anatolia. Questa serie di considerazioni e testimonianze provvenienti dalla tradizione si ricollegano ai concetti espressi nell’articolo riguardante la ‘Nascita di Jahweh’, in particolar modo rafforzando quanto in quell’articolo detto sulle figure di Ish.Kur ed Enlil.
Articolo di Alessandro Demontis