Legame tra Mesopotamia e Centramerica: Ningishzidda e Ishkur



Nel suo ‘Storia generale’, il viaggiatore e cronista Antonio de Herrera y Tordesillas riporta alcune leggende apprese dalla tribù Nahuatl. La più importante di queste leggende ci informa che ‘in un tempo lontano giunsero via mare 4 grandi uomini, con la barba lunga, la pelle chiara, e altissimi di statura’. Questi personaggi videro che la piana dove si erano insediati era abitata da gente primitiva ed era un luogo molto fertile e ricco d’ oro. La leggenda specifica che ‘questi 4 grandi uomini portavano con loro il segreto del tempo’. Riferimento alquanto esplicito al fatto che furono questi 4 personaggi a iniziare il conto del tempo nel sud-mesoamerica istituendo il primo calendario. Il Codice Vaticano- Latino (Codex Boturini – Manoscritto Badianus) raccoglieva questa e altre storie raccontate dalle popolazioni incontrate dagli spagnoli nel loro viaggi di scoperta dell’entroterra mesoamericano, lungo tutto il tratto che va dal Mexico alla punta meridionale del Perù. Di particolare interesse è la storia delle 5 età azteche, o come vengono spesso chiamati, i 5 soli. Questa tradizione azteca si rifà a una più antica di origine olmeca. Il codice riporta che il primo sole terminò 13.133 anni prima della scrittura del codice stesso a causa di una tremenda inondazione. Secondo il racconto l’umanità si salvò grazie all’intercessione di una divinità che risparmiò 2 persone: Nene e sua moglie Tata. Il primo sole durò secondo le scritture del Codice ben 4008 anni. Il secondo sole durò 4010 anni e il terzo 4081. Il quarto iniziava, secondo il codice, ‘5042 anni fa’ ma non diceva né quanto sarebbe durato né quando sarebbe finito. L’unica altra informazione era che il quinto sole sarebbe terminato nel dicembre 2012. Ricordando che il codice fu stilato nel 1533 circa, basta questa informazione per stabilire le date di inizio approssimativo dei 5 soli. Le tappe fondamentali della storia del mondo mesoamericano secondo gli Aztechi:
– Scrittura del codice: 1533 d.C.
– Inizio del quarto sole: 1533 – 5042 = 3509 a.C.
– Inizio del terzo sole: 3509 – 4081 = 7590 a.C.
– Inizio del secondo sole: 7590 – 4010 = 11600 a.C.
– Inizio del primo sole: 11600 – 4008 = 15608 a.C.


A questo aggiungiamo l’informazione che il sole attuale, il quinto, terminerebbe nel 2012. Abbiamo quindi un arco di tempo che va dal 3509 a.C. fino al 2012 d.C. che copre 2 soli. Un arco di tempo di soli 5521 anni. Contando che gli altri soli hanno avuto una durata di circa 4000 anni ognuno, questo dato riguardante il quarto e quinto sole è abbastanza anomalo. Val la pena ricordare anche un’altra cosa: il calendario Azteco parte dal 3113 a.C. (o 3114 a seconda che si consideri o meno l’anno 0) e secondo la leggenda il tempo venne iniziato a contare dall’arrivo di Quetzalcoatl (Kukulkan per i Maya). Ora proviamo a fare un parallelo con le datazioni che Sitchin dà dei principali avvenimenti caratterizzanti la ‘preistoria’ del medioriente. Sitchin afferma che la civiltà mesoamericana è nata in seguito agli spostamenti di alcune divinità mediorientali, gli Anunnaki, con un gruppo di uomini portati da Sumer e dall’Africa. Sitchin si spinge inoltre fino a dichiarare che in realtà ci furono almeno 2 serie di flussi migratori. Una diede origine alla figura di Viracocha, l’altra alla figura di Quetzalcoatl, descritti il primo come un uomo di altissima statura con la pelle bianca e la barba lunga, con un bastone che ‘scaglia lampi e tuoni’, e il secondo come il ‘serpente alato’ di altissima statura, padrone del segreto del tempo. Entrambi secondo le leggende tolteche e azteche vennero dal mare. Mi sembra opportuno spendere un po’ di tempo a parlare di queste due figure, due divinità di secondo piano nella cultura mesopotamica, che furono invece le maggiori divinità per le culture mesoamericana e sudamericana. L’identificazione di questi personaggi è legata soprattutto alla loro iconografia.
Nel caso di Ningishzidda/Quetzalcoatl ci sono anche dei tratti mitologici comuni, come l’attribuzione a entrambe queste divinità di un ruolo centrale nella nascita dell’uomo e nella sua istruzione. Ningishzidda era un dio pacifico rappresentato da 2 serpenti incrociati, e quando nelle icone assumeva figura umana aveva due serpenti cornuti che spuntavano dalle sue spalle. Era un abile ingegnere, tanto che il re Gudea ci lascia una tavoletta in cui racconta di un suo sogno nel quale Ningishzidda compare tra le 3 divinità che gli danno le istruzioni per costruire il Girsu e l’ Eninnu, rispettivamente il recinto sacro e il tempio di Lagash dedicati a Ninurta. Era chiamato anche ‘il falco degli dei’, il ché conferiva al giovane dio un accostamento agli uccelli e al volo. In questa veste in Mexico è il ‘serpente piumato’ Quetzalcoatl, che istruisce l’uomo e gli insegna a scrivere, a costruire, etc.

Ishkur era invece un dio belligerante, rappresentato come una figura barbuta in piedi su un toro, con in mano dei fulmini o un tridente, e nell’altra mano spesso una scure o ascia. Gli stessi attributi descrivono Viracocha, rappresentato con 2 fulmini in mano, e con una scure. Il primo re della civiltà Inca di Cuzco, Manco Capac IV, dedito al culto di Viracocha, è rappresentato proprio con in mano la scure d’ oro del dio. Capac IV era discendente del primo Manco Capac il quale aveva fondato Cuzco (da alcuni calcoli si arriva a una data intorno al 2400 a.C.). Secondo la leggenda Viracocha in persona gli diede questo strumento ordinandogli di fondare una città dove questo oggetto si fosse conficcato nel terreno. Stabilitisi in tempi diversi nel continente americano, ognuno di questi dei presiedeva alla civiltà di una diversa zona. Quetzalcoatl in Mexico, dove troneggia l’effige del serpente in moltissime costruzioni civili e religiose (ricordiamo tra le più famose La Venta, Tollan, Teotihuacan, Xochicalco, Chichen Itzà); e Viracocha nel Perù dove, sulla costa a strapiombo sul mare, troneggia ancora la Candelabra delle Ande, un geoglifo rappresentate un tridente del tutto uguale a quello che viene mostrato in tante effigi raffiguranti Ishkur. Interessante notare anche che il nome Ish.Kur è stato oggetto di diverse controversie. Se KUR in sumero significa chiaramente ‘Montagna’, la radice ISH non è sumera ma accadica derivante da Isha = Signore. La lettura di Ish.Kur come nome accadico (Signore della Montagna) rimanda subito alle montagne della regione del Zagros poste sotto il suo dominio, ma anche al terreno montuoso ai limiti tra Perù e Bolivia in cui sorse il mito di Viracocha. Anche la datazione ipotizzata per il trasferimento di Ishkur in Perù, circa il 2400/2100 a.C., è coerente con l’accadicità del nome di questa divinità. Il più grande problema nel divulgare questa derivazione della cultura mesoamericana da quella mesopotamica sta nella difficoltà che la gente incontra nell’accettare un contatto tra queste due popolazioni. La storia ufficiale ci dice che le più antiche popolazioni mesoamericane civilizzate risalgono a circa il 1400 a.C., nonostante alcuni ‘codici’ scritti all’epoca della conquista spagnola, sostengano chiaramente che varie città, come Cuzco in Perù e Tlatilco in Mexico, erano già abitate 4000 anni prima della stesura del codice stesso. Ciò porterebbe una datazione di circa il 2500 a.C., una datazione che gli studiosi ortodossi non prendono nemmeno in considerazione. Molti studiosi negano che ci sia mai stato un contatto tra queste culture visto che quella sumera-accadica nel 1400 a.C. era ormai sparita lasciando spazio a quella babilonese-assira, che aveva un sistema cuneiforme diverso dal sumero. È ovviamente impossibile stabilire delle date esatte in cui questi personaggi arrivarono nel centroamerica, tuttavia da alcuni reperti e dalle leggende, mettendo in parallelo le datazioni dei 5 soli con le date ipotizzate da Sitchin come passaggi del pianeta Nibiru in prossimità del nostro (evento in seguito al quale, secondo Sitchin, corrisponde sempre uno sviluppo della civiltà sulla terra), possiamo stabilire delle date indicative. Sitchin, come tanti altri autori, data il diluvio intorno all’ 11.000 a.C. con uno scarto di circa 600 anni dalla data di fine del primo sole (che appunto terminò con un terrificante diluvio). Stabilita un’ rbita di Nibiru di 3600 anni, Sitchin evidenzia queste date:
- Diluvio universale: 11000 a.C.
- Ingresso nel mesolitico e regno di Osiride: 7400 a.C.
- Ingresso nel neolitico e nascita di Sumer: 3800 a.C.
Oltre a queste date Sitchin stabilisce anche:
- Costruzione delle piramidi e della sfinge: circa 10500 a.C.
- Espulsione di Ra e inizio del dominio di Thot – adozione del calendario lunare: 8000 a.C.
- Ritorno di Ra in Egitto deponendo Thot: circa 3200 a.C.
- L’ Egitto sotto Ra adotta il calendario solare: circa 3150 a.C.

A questo punto possiamo incrociare le date e notare alcune singolarità. Cronologicamente partendo dalle date più vicine a noi, abbiamo nello stesso arco di tempo l’inizio del quarto sole nel 3509 a.C., la nascita delle civiltà di Sumer intorno al 3800 a.C., la deposizione di Thot dall’Egitto e il consecutivo esilio intorno al 3200 a.C., la nascita del calendario del lungo conto nel 3113 a.C. Questa successione di date sembra mettere in risalto una ‘dipendenza’ della civiltà mesoamericana da quella mediorientale (sumera e egiziana in particolare). Ricordiamo che Sitchin identifica la figura di Thot nel dio sumero Ningishzidda, figlio di Enki e fratelllo di Marduk. Marduk stesso non sarebbe altri che Ra. Ningishzidda, di stirpe enkita, era raffigurato dall’effige del serpente, o spesso di due serpenti incrociati. Era, come tutti gli Anunnaki, un dio di ‘immane statura’ e ‘dalla pelle splendente’ e con una folta e lunga capigliatura e barba. Un inno babilonese chiamato ‘Inno alle case degli dei’ recita:
“Your prince is the prince whose pure hand is outstretched, whose luxuriant and abundant hair flows down on his back – the lord Ningishzidda”
(Il tuo principe è colui le cui pure mani sono tese, i cui lussuosi e abbondanti capelli fluiscono sulla sua schiena – il signore Ningishzidda).
Ora, evidenziando i caratteri descrittivi dei personaggi e gli incroci delle date, si può ipotizzare quanto segue:
- Fiorisce la civiltà a Sumer intorno al 3800 a.C.
- Stanziamenti di lavoratori dal medioriente fino in mesoamerica tra il 3800 e il 3509 a.C.
- Deposizione da parte di Ra/Marduk nei confronti di Thot/Ningishzidda, ed esilio di questi e dei suoi seguaci umani nel centroamerica – nascita della figura di Quetzalcoatl – intorno al 3200 / 3150 a.C.
- Nascita del primo calendario mesoamericano nel 3113 a.C.
Ma abbiamo qualche genere di conferma, in qualsiasi ambito scientifico, in modo da non doverci basare solo sul mito e sugli incroci di date, di un simile legame tra le due culture / zone del globo? Ne abbiamo eccome. Prima però diamo uno sguardo, nelle tavole seguenti, ad alcune rappresentazioni delle due divinità che abbiamo appena discusso e ai loro attributi.
Il vaso di Fuente Magna
Fuente Magna è una località nei pressi di Chua, sulle sponde del lago Titicaca, a 80km da La Paz. Nel 1992 una spedizione a Chua scoprì un vaso, rinvenuto da un contadino locale decenni prima, che aveva la particolarità di essere coperto di iscrizioni e di glifi. Foto di questo vaso vennero mandate a consulenti linguistici che affermarono senza ombra di dubbio né possibilità di smentita che si trattava di scrittura cuneiforme Sumera. Tra i vari esperti che si sono cimentati nello studio del vaso, due sono i casi più eclatanti: Il prof. Alberto Marini, nel suo trattato “A sumerian inscription of the Fuente Magna” (1985 – pubblicato sul Vol. 13 del Epigraphic Society Occasional Papers) ne fece una traduzione sostenendo si trattasse di lingua sumera.
Il prof. Clyde Winters fornì una datazione ancora precedente catalogandolo come Proto-Sumero. Winters notò la somiglianza con alcuni glifi in uso dalle popolazioni del Sahara già 5000 anni fa, e riuscì a fornire una traduzione della parte interna del vaso. Nel suo documento “Deciphrement of the cuneiform writing on the Fuente Magna bowl” Winters specifica di essersi servito, per l’analisi dei glifi e per le traduzioni, esclusivamente di materiale ufficialmente riconosciuto:
To translate the cuneiform I used Samuel A. B. Mercer’s, Assyrian grammar with chrestomuthy and glossary (AMS Press,1966) to compare the signs found on the Fuente bowl with the cuneiform syllabary. To read the Sumerian text I used John L. Hayes, A Manuel of Sumerian: Grammar and text (Udena Publications, 2000) and John A Halloran, Sumerian Lexicon

Qui di seguito riporto la traduzione del pannello interno al vaso, come arrangiata da Clyde Winters. Egli però fornisce solo la traduzione del testo senza riportare gli effettivi termini sumeri corrispondenti, allora mi son preso la briga di cercarli per offrire uno schema il più completo possibile. Nella serie di versi qui sotto dunque ho riportato in grassetto il testo come redatto da Winters, tra parentesi la dicitura ‘SUM:’ con i termini sumeri esatti corrispondenti come identificabili dal Sumerian Lexicon di Halloran, e dopo le parentesi la traduzione fornita da Winters
- Pa ge gi – (sum: pàd ge2,6 gin) = Girls take an oath to act justly (this) place
- Mi lu du – (sum: mì lu dùg) = (This is) a favorable oracle of the people
- I mi ki – (sum: i mì kìd) = Send forth a just divine decree
- Me su du – (sum: me su du10) = The charm (is) full of Good
- Nia po – (sum: n/a – Nin ash?) = The (Goddess) Nia(sh) is pure
- Pa – (sum: pàd) = Take an oath
- Mash – (sum: shu mash) = The Diviner
- Nia mi – (sum: Nia mì) = The divine decree of Nia
- Du lu gi – (sum: dur lu zid) = to surround the people with Goodness
- Ka me lu – (sum: kal mì lu) = Value the people’s oracle
- Zi – (sum: zi) = The soul
- Nan na pa-I – (sum: nam pà…é) = appear as a witness to the Good
Dopo aver fornito la traduzione dei tre ‘pannelli’ del vaso, Winters fa la seguente
osservazione:
“The cuneiform writing was interesting for two reasons. First, we find that these panels have proto-Sumerian symbols mixed with the cuneiform symbols. Secondly, whereas, the wedges of most Sumerian cuneiform text point leftward, the wedges of the Fuente cuneiform signs point rightward. This may result from the fact that in the Fuente text , the letters are read from right to left, instead of left to right like the cuneiform text from Mesopotamia. The passage on the cuneiform panels of the Fuente Bowl seems to be very similar to the Proto-Sumerian inscription on the right side of the bowl.”
Il vaso di Fuente Magna rimane a tutt’oggi il più evidente caso di testimonianza dell’ incontro tra due culture che, stando alla storia ufficiale, non avrebbero nemmeno potuto mai sapere ognuna dell’esistenza dell’altra.
Fenici ed Elamiti in Perù e Bolivia

Tra gli anni ’80 e ’90 un gruppo di ricerca guidato dal dottor Bernardo Victor Biados Yacovazzo, direttore dell’ Istituto di studi sulla scrittura precolombiana di LaPaz , e dal professor E.F. Legner della University of California, ha esaminato decine di località nel Perù e in Bolivia alla ricerca di documentazione archeologica che potesse chiarire alcuni misteri sulle culture precolombiane. Il risultato dei loro studi, e il materiale raccolto, sono disponibili nel loro sito (http://www.faculty.ucr.edu/~legneref/biados/texts/brazilph.htm – purtroppo tutto in spagnolo) ricco di immagini assolutamente controverse. Il materiale ritrovato presenta segni inconfutabili di contatto tra le civiltà elamita, fenicia, babilonese, sumera e quella mesoamericana. Oltre al già citato reperto di Fuente Magna, il sito del dottor Yacovazzo riporta foto e analisi dei monumenti di Pokotia, di Tiwanaku, strane incisioni in pietra, e una serie di immagini che comparano la scrittuta sudestasiatica, fenicia, e boliviana. Vengono riportati anche esempi di steli e di iscrizioni ritrovate in Bolivia in scrittura logosillabica o cuneiforme, tipiche del medioriente/egitto, e in caratteri semiti somiglianti al protoebraico. Il lavoro del dottor Yacovazzo è molto importante perché, come già quello di Winters, non è assolutamente legato alle teorie di Sitchin, eppure ne confermano molti punti essenziali, in termini di scenario e datazioni. Nel suo sito Yacovazzo fornisce una tabella comparativa dei glifi rinvenuti, con la analisi delle somiglianze dei significati. La comparazione è riportata nell immagine seguente:
Piramidi, Ziggurat, allineamenti, animali e copricapi
Si é fatto un grande studio e sono stati scritti centinaia di libri sulle piramidi egiziane, quelle azteche e maya, e le ziggurat mesopotamiche. Pochi libri però hanno esaminato le corrispondenze dell’orientamento di questi monumenti l’uno rispetto all’ altro. Quasi tutti gli autori si fermano all’allineamento che questi monumenti presentano con la levata eliaca, con una particolare stella o costellazione (in genere Sirio e Orione), coincidenze comunque da non sottovalutare ma tutto sommato finora accettate (e nemmeno sempre né da tutti) sostenendo che popoli di diversi luoghi e tempi possono comunque aver avuto la stessa idea nel prendere le stelle come punto di riferimento immutabile per il calcolo del tempo, o per la progettazione di opere civili. Sull’allineamento di questi monumenti tra di loro, e su analogie tra i singoli monumenti, pochissimi hanno indagato. È poco noto, per esempio, che se congiungiamo con una retta l’Esagila, il centro del complesso di Giza, e il complesso delle Piramidi del Sole e della Luna azteche, questi 3 punti deviano dalla retta immaginaria di meno di 1°.

Sempre in linea retta entro 1° di tolleranza si trovano Bad Tibira (il centro metallurgico mesopotamico in epoca sumera), il complesso di Giza, e il Macchu Picchu (l’ antica Tampu Toco), centro metallurgico peruviano. Nell’ immagine poco sopra ho evidenziato anche Stonehenge. Come é legato agli altri centri? Ebbene la prima fase di Stonehenge era costituita da una cinquantina di buche disposte a cerchio, chiamate ‘buche di Aubrey’, e di sette pietre verticali. Sei disposte a cerchio e una discostata indietro fuori dal circolo immaginario, la Heel-Stone. Troviamo una costruzione esattamente corrispondente nei pressi del Girsu dedicato a Ninurta: sei pietre verticali in cerchio e una leggermente più retrostante. Collegando il Girsu di Lagash a Stonehenge e mirando verso Giza arriviamo come prolungamento, a Teotihuacan. Lo scarto è meno di 1 grado. Riassumendo abbiamo:
- Lagash: il Girsu con 7 pietre a cerchio (2150 a.C. circa)
- Stonehenge (prima fase): 7 pietre a cerchio (2900 a.C. circa)
- Giza: 3 piramidi, 2 in linea retta e 1 spostata a sinistra (10500 a.C. circa secondo Sitchin – 2500 a.C. circa secondo gli egittologi
- Teotihuacan: 3 construzioni, 2 in linea retta e 1 spostata a sinistra (3000 a.C. circa secondo Sitchin – 600 a.C. secondo gli accademici)
Perchè evidenziare queste analogie? Il comune denominatore di queste 4 costruzioni ci viene dall’ analisi dell’ importanza, nelle 4 civiltà implicate (egiziana, sumera, pre-celte e mesoamericana) della stessa ricorrente figura: il serpente. Come abbiamo visto, a Sumer il serpente era l’effige distintiva della fazione enkita, prevalentemente di Enki e suo figlio Ningishzidda. Ciò che é poco documentato invece è il ricorrere del serpente anche nella cultura pre-celtica, una ricorrenza che a noi è arrivata da alcune rappresentazioni del dio Cernunnos. Egli infatti era spesso rappresentato con l’attributo sacro del serpente, come vediamo nell’immagine a pagina seguente

Tracce del culto del serpente in Bretagna e nel nord Europa sono descritte nel lavoro multidisciplicare di Balaji Mundkur intitolato “The cult of the serpent: an interdisciplinary survey of its manifestations”. Ma torniamo agli allineamenti. Si è detto in tantissimi libri che le 3 piramidi di Giza rispecchiano la disposizione della cintura di Orione, come a voler duplicare in terra una struttura stellare in cui gli antichi egizi identificavano la casa di Osiride, il Duat, secondo il principio: come è nel cielo così in terra. Questo allineamento però non é il solo meritevole di nota. C’ é un altro allineamento che lega indissolubilmente il complesso di piramidi di Giza con quello di Teotihuacan. In entrambi i casi abbiamo 2 costruzioni maggiori che giaciono allineate in linea retta (piramide di Cheope e di Kefrem a Giza, piramide e complesso di Quetzalcoatl e piramide della Luna a Teotihuacan), e una minore che giace leggermente a sinistra di questa retta immaginaria (piramide di Micerino a Giza e piramide del Sole a Teotihuacan). Nel caso di Teotihuacan abbiamo una angolazione di 18°, mentre nel caso di Giza 13°. Entrambi i siti hanno riferimenti astronomici e sono dediti al culto dei morti: da Giza (Rosteau) il ka del faraone inizia il suo viaggio verso il Duat. Teotihuacan rappresenta il ‘sentiero dei morti’, il viale che corre affianco alle costruzioni viene ancora chiamato ‘corridoio dei morti’. Il sito di Teotihuacan é legato al culto di Quetzalcoatl, quello di Giza a Thot, entrambi legati alle figure del serpente e dell’uccello:
- Quetzalcoatl: il serpente alato
- Thot: testa di ibis con sopra un serpente
- Thot corrisponde al greco Hermes, il cui simbolo, il caduceo, contiene i due serpenti

Di seguito possiamo vedere gli allineamenti di Teotihuacan e di Giza comparati

Non è però qui che finisce il discorso sulle similitudini, perché ce n’è un’altra che vale forse quanto e di più di tutto quel che abbiamo detto finora. Si tratta di un esemplare unico (o dovremmo meglio dire ‘doppio’) al mondo: sono le statue chiamate ‘Olmec Twins’, ritrovate al sito di El Azuzul e conservate al museo di Xalapa. Le due statue riproducono dei personaggi seduti e protesi in avanti, con in testa un copricapo a scanalature orizzontali esattamente uguale a quelli utilizzati dai faraoni egiziani.

Errori(?) comuni

Sia in Mesopotamia, sia in Egitto che nel centro America sono stati trovati dei bassorilievi e delle sculture che presentano lo stesso enigmatico ‘errore’. Raffigurano divinità o personaggi con 2 mani sinistre. In un primo momento da alcuni scrittori la cosa fu interpretata come un ‘errore di prospettiva’ dovuto al non riuscire a rappresentare correttamente nella stessa figura le due mani disposte una col palmo verso chi guarda, e l’altra con il dorso. Si tratta però di una spiegazione che non sta in piedi, inquanto chi ha prodotto queste sculture e questi rilievi ha anche realizzato colossali opere architettoniche con parallelepipedi di pietra pesanti dalle 2 alle 200 tonellate, riuscendo a orientarli, inciderli ed allinearli perfettamente. Prova di un concetto di prospettiva davvero fenomenale e preciso. Sarebbe inoltre troppo azzardato supporre che 2 civiltà distanti (ufficiamente) oltre 3000 anni e 6000 km tra loro, abbiano avuto lo stesso ‘problema di prospettiva.
Attualmente pochissimi libri trattano questo argomento. Questi reperti non sono quasi mai citati né raffigurati e le rare volte che lo sono vengono definiti ‘inspiegabili coincidenze’. Analisti della cultura egiziana sostengono addirittura che disegnare un sovrano con due mani sinistre indicasse che era un sovrano ‘debole’, mentre ritrarlo con due mani destre indicasse ‘forza’ (!!!).
Gli studi di Clyde Winters


Clyde Winters, di cui abbiamo parlato, é un linguista e archeologo specializzato nella comparazione tra lingue morte e tra le culture di popoli diversi. I suoi lavori, universalmente riconosciuti e apprezzati, spaziano dall’ identificazione degli olmechi come una popolazione mista di prevalenza Africana, al riconoscimento della somiglianza e derivazione tra molti termini mediorientali, cinesi, nahuatl, alla decifrazione della lingua meroitica, di quella dravidica, e di quella indù. Winters ha prodotto tutta una serie di documenti fotografici, tabelle comparative, e relazioni che legano in modo incontrovertibile le popolazioni sumerobabilonese, accadica, indiana, mexica, fenicia e africana.
Ma Winters é anche un divulgatore eccezionale: i suoi studi e i suoi libri riportano decine e decine di casi di ritrovamenti e scoperte fatte da paleontologi, archeologi, naturalisti, e genetisti che provano la discendenza delle popolazioni mesoamericane da gruppi di razza africana. Questo é uno dei punti focali della teoria di Sitchin. In particolare vale la pena riportare le analisi che Winters fa della stele di Pokotia, scoperta da Yacovazzo, e il tuo trattato sull’origine africana degli olmechi. In merito alla stele di Pokotia Winters scrive:
“The Pokotia inscriptions show affinity to the inscriptions found on the Fuente Magna bowl
e più avanti nello stesso documento
“The Pokotia inscriptions are written in the Sumerian language. The signs are related to the Proto-Sumerian writing. The phonetic values for the signs are the phonetic values of similar signs found in the Vai writing. The sounds for the Vai writing were also used to interpret the Olmec writing and Indus Valley writing”.
Risulta molto interessante questo legame tra la fonetica dei glifi protosumeri e quella dei segni vai. La lingua Vai infatti come scrive Winters è stata applicata dal lato fonetico ad altri generi di scrittura, quella dell’Indo e quella Olmeca. La stele di Pokotia, oltre allo stesso genere di glifi del vaso di Fuente Magna, presenta anche la stessa caratteristica:
- The symbols on the Pokotia statue are read
- from top to bottom, right to left.
- The signs have syllabic values.
Sono cioé scritti per essere letti da destra a sinistra, mentre il sumero mediorientale era leggibile da sinistra a destra dalla metà del III millennio a.C. Ciò fa ipotizzare non periodici viaggi tra medioriente e sudamerica, ma che una comunità di gente mesopotamica si fosse trasferita cinque milleni fa in sudamerica (e in mesoamerica) e abbia avuto una evoluzione in loco, mantenendo il verso originario di scrittura mentre a Sumer i glifi vennero ‘ruotati’. Grazie al documento di Winters scopriamo inoltre che Pokotia e Fuente Magna non sono le uniche testimonianze di passaggio di sumeri nel continente sudamericano. Cita per esempio gli studi di M.E.Moseley che evidenziano il ritrovamento di pietre e mattoni a Tiwanaku, Moche, Virù e Nepena nella zona nord del Perù. Alcuni mattoni rinvenuti a Moche contengono i glifi sumeri per “Na, I, A, Mash/bi, Mi, Ma, Po, Ki, Ta” esattamente corrispondenti a quelli della stele di Pokotia, mentre un ritratto su lastra rinvenuto a Tiwanaku contiene i glifi corrispondenti a “Me, Mash/Bi” uguali a quelli presenti nel vaso di Fuente Magna. Dal documento intitolato “Skeletal evidence of African Olmecs” apprendiamo che l’idea di olmechi africani non é nuova. Risale ad almeno il 1972 quando il dr. Wiercisky fornì a supporto della sua teoria una relazione sull’ analisi di scheletri rinvenuti in aree olmeche. Nella zona di Tlatilco (Mexico) il 13.5% degli scheletri rinvenuti avevano conformazione negroide, nella zona di Cerros de las Mesas il 4.5%. Nonostante questi ritrovamenti siano stati poi divulgati ulteriormente da Jairazbhoy nel 1975 e da Rensberger nel 1988, comunemente vengono nascosti ai più e totalmente rifiutati dall’establishment scientifico. In particolare le comunità di studi etnologici rifiutano anche solo di discutere questi ritrovamenti ipotizzando smottamenti del terreno e sostenendo che si tratti di scheletri di persone arrivate in epoca post-colombiana o coloniale e sepolti in strati successivamente smottati. Un esempio tipico di questo atteggiamento é costituito dagli studiosi Diehl e Coe della Harvard University (una delle università che contribuiscono maggiormente al sostentamento dell’ establishment archeologico) i quali nel 1995, nel loro “Olmec Archeology”, hanno dichiarato che “non si può accettare una ipotesi di contatto tra africani e olmechi finchè uno scheletro africano non viene rinvenuto in una area olmeca” ignorando completamente i ritrovamenti segnalati da Wiercinsky e Irwin in Mexico. Winters ci regala anche il parere di C. Marquez e di M. Desplagnes i quali, rispettivamente nel 1956 e nel 1906, avevano già notato una somiglianza tra i tratti fisici negroidi e quelli raffigurati nelle statue olmeche
Marquez (1956, 179-80) made it clear that a common trait of the African skulls found in Mexico include marked prognathousness, prominent cheek bones are also mentioned. Fronto-occipital deformation among the Olmec is not surprising because cranial deformations was common among the Mande speaking people until fairly recently (Desplanges, 1906)
Di seguito troviamo descritto il metodo usato da Wiercinsky per esaminare i crani rinvenuti nelle località di Tlatilco, Monte Alban, e Cerros de las Mesas:
To determine the racial heritage of the ancient Olmecs, Dr. Wiercinski (An anthropological study on the origin of Olmecs – 1972) used classic diagnostic traits determined by craniometric and cranioscopic methods. These measurements were then compared to a series of three crania sets from Poland, Mongolia and Uganda to represent the three racial categories of mankind

A corredo diquesta descrizione viene fornita anche una tabella riassuntiva dei risultati
Successivamente, Winters riporta una serie di scoperte e di analisi attribuite agli studiosi Cavalli-Sforza, Keitha, Kittles, Wuthenau, che permetterebbero di tracciare una cronologia migratoria degli olmechi dalla regione sahariana alle regioni mexicane e peruviane:
The Olmec came from Saharan Africa 3200 years ago. They came in boats which are depicted in the Izapa Stela no.5, in twelve migratory waves. These Proto-Olmecs belonged to seven clans which served as the base for the Olmec people.
Come possiamo constatare, nonostante la datazione più recente fornita dagli studiosi,
rimane valida secondo loro l’idea base della teoria di Sitchin: l’origine africana degli Olmechi.
Cronologia dell’ America Centrale
Se vi siete mai soffermati a leggere un trattato di storia e preistoria del mesoamerica vi siete sicuramente resi conto che, secondo gli accademici più accreditati (Linda Schele in primis), questo paese viene descritto come una terra nella quale, prima del 1500 a.C. Circa, non vi fosse nessun genere di civiltà organizzata che potremmo definire anche vagamente ‘avanzata’. Cioè mentre nel medioriente nello stesso periodo si era già in una fase storica da circa 1800 anni, nel mesoamerica le popolazioni si trovavano ancora a uno stadio di ‘cultura’ similare a quella che nel medioriente si manifestò ben quattro millenni prima. Nessun libro però approfondisce questo aspetto o dà una pur vaga spiegazione di alcuni particolari della cronologia del mesoamerica, perché in campo accademico le diverse zone geografiche (e i popoli ivi presenti) vengono trattate solo nel loro aspetto ‘locale’. I testi normalmente riportano che nel VII millennio a.C. nel Mexico si formò la cultura di Puebla (chiamata a volte Tehuacan), una cultura primitiva e nomade che lavorava grezzamente il cotone. Solo 2000 anni dopo si hanno i primi stanziamenti di una cultura che inizia a coltivare il mais. È la fase Coxcatlan, ancora primitiva, che si chiude intorno al 3400 a.C. Ed è solo allora, tra il 3300 e il 2300 a.C., che si ha una improvvisa ‘esplosione’ che porta il popolo del Mexico avanti nella tecnologia, nello stile di vita, anche se gli studiosi ancora parlano di ‘cultura’ e non di ‘civiltà’. E’ la fase chiamata Albejas (alcuni cronologi la fanno iniziare ipoteticamente dal 3800 a.C.) nella quale improvvisamente assistiamo ai seguenti fenomeni:
- formazione di insediamenti fino a 10 costruzioni abitative
- ibridazione del mais e sua coltivazione
- utilizzo di contenitori di pietra per la conservazione di alimenti
- utilizzo di brocche e vasi per uso alimentare e decorativo
- formazione della prima vera e propria ‘dieta alimentare’ basata per un 30% su prodotti vegetali ottenuti dalla addomesticazione alimentare e alterazione / ibridazione di piante
- addomesticazione di animali quali i cani.
Come mai improvvisamente a fine del IV millennio si ha questa ‘esplosione’ tra le popolazioni del Mexico, dopo circa 9000 anni di nomadismo? Secondo il documento “Chronological Table of Mesoamerican Archaeology” di David K. Jordan, professore emerito di antropologia della University of California, dalla iniziale fase Diablo (o Tamaulipas – 11000 a.C. Circa) a tutta la fase Coxcatlan (terminante secondo la sua ricostruzione nel 3400 a.C. Circa) le popolazioni del Mexico erano dedite al nomadismo, vivevano in piccoli branchi non organizzati, e si nutrivano esclusivamente tramite la caccia e i frutti spontanei. Poi, come abbiamo detto, avviene il ‘boom’. La fine del IV millennio a.C., per chi ha letto Sitchin, è importantissima: rappresenta l’ arrivo di Ningishzidda nel Mexico con la sua schiera di lavoratori africani / mediorientali, i gruppi dai quali poi ha origine (secondo gli accademici intorno al XV secolo a.C.) la civiltà olmeca di cui abbiamo parlato abbondantemente.
I più antichi templi peruviani


Fino ad oggisi è semprepensato che l’alba della civiltà nel Perù fosse da attribuire al primo periodo della civiltà Chavin, datato (erroneamente) a partire da circa il 900 a.C., ma prima del IX secolo a.C. secondo gli archeologi era presente solo una cultura primitiva e non organizzata, chiamata ‘Civiltà di Norte Chico’ e descritta come seminomade. La civiltà Norte Chico, a volte chiamata Caral, é sempre stata considerata la più antica del Perù e la più controversa, perché in nessuno scavo sono stati rinvenuti esempi di uso di ceramica (una delle fasi considerate ‘essenziali’ per lo sviluppo di una civiltà organizzata), nonostante avessero una abilità tessile non comune. Nel Settembre 2010 dal blog EnPerù viene divulgata la notizia di un incredibile ritrovamento fatto nelle regioni di San Isidro e Monte Grande, nella zona nord del Perù. Il ritrovamento consiste nelle rovine di due templi a struttura pressoché circolare, costruiti su più livelli, con nelle vicinanze due serie di 14 tombe per tempio che conservano corpi sepoliti in vari strati, per un periodo di circa 800 anni. Ma la scoperta più incredibile é la datazione del sito: i due templi risalirebbero a circa il 2000 / 1900 a.C., una datazione che renderebbe i due templi le più antiche costruzioni religiose di tutto il Perù.
La scoperta é avvenuta nel Maggio del 2010 ad opera di Quirino Olivera, il quale ha esaminato i muri della recinzione del tempio, scoprendo che le pietre tilizzate presentavano spesso molte facce e pesavano fino a 200 kg. E’ importante notare, ai fini del nostro studio, come anche in questo caso le datazioni ufficiali vengano stravolte, di molto anticipate, e convergano tutte verso le datazioni fornite da Sitchin nei suoi libri. Uno dei siti rinvenuti é raffigurato nell’immagine a pagina precedente.
Il più antico scheletro mesoamericano
Nella sezione riguardante la diversificazione del mexicani abbiamo accennato a un’altra scoperta capace di mettere in crisi la teoria dell’origine nord-asiatica / siberiana degli americani, o quantomeno la discendenza della popolazione del Mexico dal flusso di asiatici-americani. Lo scenario che ne risulterebbe quindi sarebbe un origine della popolazione mexicana (o meglio, di un suo antico ceppo) slegata dalla rotta provveniente dall’Asia del nord passando per l’America del nord. Questa scoperta di cui abbiamo é anticipato é il ritrovamento di uno scheletro femminile (battezzato Eva di Naharon) in una caverna subacquea nel Mexico. La datazione lo farebbe risalire a circa 13.600 anni fa, la notizia fu pubblicata nel Settembre del 2008 dal National Geographic. Il direttore del progetto Arturo Gonzales, direttore del Desert Museum di Saltillo (Mexico) ha dichiarato
“Clues from the skeletons’ skulls hint that the people may not be of northern Asian descent, which would contradict the dominant theory of New World settlement. That theory holds that ancient humans first came to North America from northern Asia via a now submerged land bridge across the Bering Sea (see an interactive map of ancient human migration). The shape of the skulls has led us to believe that Eva and the others have more of an affinity with people from South Asia than North Asia”
Alessandro Demontis (Tratto da Il fenomeno Nibiru vol.1 – II edizione)