ANTICHI LUOGHI, EUROPA, STORIA E ARCHEOLOGIA

L’osservatorio solare di Goseck

        “Vi fece la Terra, il Cielo e il mare, l’infaticabile Sole e la Luna piena, e tutti quanti i segni che incoronano il Cielo, le Pleiadi, le Iadi, la forza di Orione … ”

Con questi versi, tratti dal XVIII libro dell’Iliade, il poeta Omero descrive le decorazioni astronomiche forgiate dal dio-fabbro Efesto sullo strato bronzeo posto al centro dello scudo dell’eroe greco Achille. In effetti l’opera di Omero è pregna di richiami alla Luna, al Sole, alle stelle e alle costellazioni. Queste raffigurazioni, seppur poetiche, pongono risalto all’importante ruolo che il cielo (e gli oggetti in esso contenuti) ha rivestito per le antiche culture mediterranee, presso le quali, l’accumulo plurisecolare di osservazioni celesti aveva reso possibile l’elaborazione di calendari sempre più precisi.

Man mano che ci si allontana dalla culla del Mediterraneo, i documenti scritti lasciano il posto ai documenti di pietra. Nell’Europa nord-occidentale dell’Età dei metalli, l’osservazione dei fenomeni celesti legati agli astri principali si fonde con il loro culto religioso, dando origine alla comparsa dei monumenti megalitici, come quelli ritrovati a Stonehenge, Callanish, Carnac e a St. Martin de Corléans (Aosta).

Da queste particolari espressioni della cultura astronomico-religiosa, sembravano esclusi i popoli del Nord Europa dell’Età del Bronzo. Di loro si aveva generalmente una immagine di “barbari”,diametralmente opposta a quella delle civiltà mediterranee. Nei territori dei popoli nordici non vi erano città degne di nota, non vi erano forme di scrittura e non vi era alcuna traccia di studi filosofici. Se nell’ambito della cultura celtica era nota la presenza di una classe sacerdotale erudita (i Druidi ) che eccelleva in svariati campi del sapere, per le tribù nordiche niente lasciava presagire una benché minima traccia di cultura scientifica.

Ma, come spesso avviene, ciò che è ritenuto valido per molto tempo viene rivoluzionato da successive scoperte. Accade così che due ritrovamenti archeologici abbiano gettato una nuova luce sulle nostre conoscenze di questi popoli, la cui presenza si perde tra le pieghe del tempo. Emerge così un quadro alquanto curioso e interessante sulla loro cultura astronomica, un lato non ancora pienamente spiegabile, ma che dà di loro una nuova immagine, rendendoli ai nostri occhi un po’ meno barbari.

Intorno al 1998, un piccolo aereo da turismo stava sorvolando la zona attorno alla cittadina tedesca Goseck, nella regione di Halle-Wittemberg, quando individuò nel terreno sottostante una specie di impronta circolare, con quelle che sembravano tre porte di accesso. Nel 2002, quando cominciarono i primi scavi archeologici sul sito, ci si accorse subito della peculiarità delle strutture che stavano emergendo.Ci si accorse soprattutto dell’importanza della loro funzione: quelle strutture erano orientate astronomicamente; si trattava insomma di un osservatorio stellare. Il sito fu subito paragonato ad altre duecento strutture simili scoperte un po’ in tutta l’Europa.

Esso era costituito da un circolo del diametro di 75 metri, composto in origine da una collinetta circondata da una serie di quattro anelli concentrici, un fossato e, tutt’intorno, due palizzate realizzate con pali di legno dell’altezza di un uomo. Ma la particolarità di questo sito era dovuta alle vie d’accesso che si addentravano all’interno della struttura: esse erano tre, e non quattro come generalmente appaiono in siti similari. Queste tre vie di accesso erano disposte rispettivamente verso Nord, verso Sud-Est e verso Sud-Ovest.

Gli anelli e le tre entrate si stringevano progressivamente verso il centro in una sorta di percorso ad imbuto. Wolfhard Schlosser, uno dei massimi esperti di archeoastronomia in Germania, ha individuato un orientamento delle due entrate meridionali (quelle a Sud-Est e a Sud-Ovest),rispettivamente verso il sorgere e il tramontare del Sole al solstizio invernale. Tale orientamento permetteva ai suoi costruttori di determinare con accuratezza il percorso del Sole nel cielo,ma certamente anche quello della Luna e delle stelle,e quindi di calcolare il trascorrere del tempo e delle stagioni.

La disposizione delle due entrate a Sud-Est e a Sud-Ovest rende chiaro che per i costruttori del sito era soprattutto il solstizio d’inverno che rivestiva un’importanza rituale di particolare rilievo.

Gli scavi effettuati nei pressi del sito, sotto la supervisione dell’archeologo Francois Bertemes, hanno permesso di portare alla luce i resti di alcune abitazioni in legno e argilla con rimanenza di granaglie e resti di addomesticamento di animali. Analizzando lo stile di alcuni dei frammenti dei vasi ritrovati e utilizzando metodi di datazione con il carbonio 14, si è potuto risalire grossomodo al periodo di costruzione del sito: attorno al IV-V millennio a.C.

Quindi, si trattava molto probabilmente di un popolo appartenente alla cultura danubiana neolitica, proveniente con molta probabilità dalla regione dei Carpazi e stanziatosi poi un po’ in tutta Europa, fino nei Paesi Bassi e nell’Ucraina. Erano, dediti all’agricoltura e all’allevamento del bestiame, ma, nonostante ciò, erano avvezzi all’osservazione dei fenomeni celesti.

Nessuna evidenza archeologica permette di dire se nel popolo che costruì l’osservatorio di Goseck fosse presente una classe sacerdotale, anche se è bene tenere presente che in culture simili tali evidenze sono riscontrabili solo dopo il terzo millennio a.C. Numerosi ritrovamenti portano a pensare che la costruzione di Goseck fosse soprattutto usata come luogo di culto, un edificio sacro dove venivano svolte particolari cerimonie. Il ritrovamento di ossa umane e la loro disposizione è tipica dei siti sepolcrali.

Inoltre, alcuni segni ritrovati su di esse, suggeriscono che nel sito erano esercitati dei riti con sacrifici umani. Che la costruzione di Goseck fosse sia un luogo di culto che di osservazione astronomica non deve apparire strano. Per i popoli del Neolitico conoscere l’altalenarsi delle stagioni era di basilare importanza per comprendere i momenti essenziali per quelle attività atte alla loro sopravvivenza: la semina, il raccolto, la caccia, la pesca. Tutto era regolato dal ritmo delle stagioni.

Il sistema visivo solstiziale di Goseck

L’osservazione della volta celeste e dell’evoluzione degli astri, essenziale per prevederei mutamenti stagionali, rivestiva un’importanza vitale e, quindi, i luoghi di osservazione astronomica fungevano anche un ruolo di aggregazione della vita sociale delle antiche comunità, vita sociale in cui l’osservazione astronomica si fondeva al culto religioso. In una società arcaica così dipendente dai fenomeni stagionali, il rituale del sacrificio umano per ingraziarsi gli déi del cielo non era una cosa poi così rara.

Ne sono una prova i sacrifici umani degli antichi Aztechi,che esponevano al dio Sole il cuore palpitante delle loro vittime; o i resti umani (spesso bambini), ritrovati dagli archeologi nella penisola dello Yucatàn, all’interno dei cenotes (profonde doline naturali che costituivano un’importante fonte di acqua) che erano considerati la dimora di Chac, dio della pioggia, al quale i Maya dedicavano i loro sacrifici rituali con lo scopo di ingraziarsi il suo essenziale dono che veniva dal cielo.

In tutto questo, molto probabilmente, quegli uomini erano mossi dal desiderio di comunicare con qualcosa di più elevato o più potente di loro stessi, così da poter acquistare un certo controllo sul proprio ambiente e sulla propria vita. L’interpretazione del sito di Goseck come osservatorio archeoastronomico assume particolare importanza, perché fa da sfondo ad un’altra scoperta,che unita alla prima, rende più completo il quadro delle conoscenze del cielo nelle epoche antiche da parte dei popoli che abitarono l’attuale Germania. La scoperta si riferisce ad un reperto, un manufatto a forma di disco, che è stato ritrovato nei pressi della città di Nebra.

Fonte Giuseppe Veneziano (Osservatorio Astronomico di Genova)

Pubblicato maggio 2015

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