27 febbraio 2019
ANN ARBOR – Si dice vedere per credere, ma per quanto riguarda il Pianeta Nove dovremo ancora accontentarci solamente di calcoli complessi circa il comportamento degli oggetti spaziali, di un’attenta osservazione delle anomalie orbitali e una vigile osservazione della regione celeste oltre il pianeta Nettuno.
“L’argomentazione più convincente a favore dell’esistenza del Pianeta Nove è che una serie di evidenze, diverse e non collegate tra di loro, trovano spiegazione con l’ipotesi dell’esistenza di un nuovo pianeta avente le medesime caratteristiche per ciascuna “prova”. In altre parole, ci sono molteplici motivi per credere che il Pianeta Nove sia reale, non solo uno,” ha dichiarato Fred Adams, Professore di Fisica (e Astronomia) presso la University of Michigan e relatore alla conferenza Ta-You Wu.*
Tre anni fa, gli astronomi Konstantin Batygin e Mike Brown del Caltech avevano ipotizzato l’esistenza di un nono pianeta nel sistema solare, oltre l’orbita di Nettuno, che avrebbe spiegato perché alcuni oggetti nello spazio, chiamati “oggetti trans-nettuniani”, ovvero TNO (Trans-Neptunian Objects), esibiscono un certo comportamento.
Da allora, gli astronomi si sono impegnati a raccogliere prove dell’esistenza di questo pianeta. Batygin, Brown e Adams, insieme a Juliette Becker, candidata al dottorato nel Dipartimento di Astronomia della University of Michigan, hanno esaminato queste prove in un recente articolo intitolato “The Planet Nine Hypothesis” (“L’Ipotesi del Pianeta Nove”), pubblicato nel corrente mese da Physics Reports.

“Anche se da questa analisi non si evince chiaramente che il Pianeta Nove esiste, tuttavia indica che l’ipotesi ha una solida base”, ha detto il co-autore Mike Brown, il Professore “Richard e Barbara Rosenberg” di Astronomia Planetaria al Caltech.
Adams ha dichiarato di confidare nel fatto che nei prossimi 10-15 anni, o saremo in grado di osservare il Pianeta Nove oppure avremo raccolto dati sufficienti per poter escludere che esista. Negli ultimi due decenni sono aumentate in modo esponenziale le scoperte di nuovi oggetti del sistema solare e di pianeti extrasolari. Infatti, gli stessi quattro autori della relazione hanno scoperto collettivamente decine di tali oggetti ed il tasso di rinvenimento di tali “ritrovamenti” è destinato ad aumentare.
“Date le caratteristiche ipotizzate per il Pianeta Nove, dovremmo essere in procinto di individuarlo”, ha detto Adams, aggiungendo che se sapessimo dove guardare nel cielo, potremmo puntare un telescopio nella giusta direzione e vederlo. “Ma si tratta di un oggetto offuscato in un cielo molto grande. Dal momento che non sappiamo esattamente dove si trova, bisogna scrutare l’intera distesa del cielo, o almeno grandi aree, per poter identificare il pianeta.
“Nell’arco dei prossimi 10 anni i rilevamenti diventeranno sempre più approfonditi, il chè significa che saranno più dettagliati. Quindi penso che entro il 2030 lo avremo avvistato o quantomeno ci saremo fatti un’idea migliore di dove possa trovarsi. Naturalmente, è anche possibile che a quel punto avremo elaborato teorie alternative per spiegare le anomalie orbitali ora osservate.”
Per Becker, trovare il Pianeta Nove sarebbe un aiuto nel risolvere molti dei misteri del sistema solare, tra cui l’origine di un oggetto roccioso chiamato 2015 BP519.
“Il Pianeta Nove offre un’ottima spiegazione relativamente a 2015 BP519 – perfettamente aderente alla fisica. Tuttavia, finché non catturiamo il Pianeta Nove in un’immagine e siamo sicuri che esista, non mi sento di dire che abbiamo veramente risolto il mistero della sua origine”, ha dichiarato.
“La presenza del Pianeta Nove fornirebbe una risposta coerente a diversi quesiti sul sistema solare finora rimasti irrisolti ed apparentemente non correlati tra di loro. Attendo con ansia il giorno in cui lo vedremo oppure ne possiamo escludere l’esistenza in modo da poter rispondere definitivamente a tutte queste domande”.
In base ai nuovi modelli e dettagliati calcoli presentati nel rapporto, i ricercatori stimano che il Pianeta Nove possa avere una massa di circa cinque volte quella della Terra ed abbia un semiasse maggiore orbitale che si aggira intorno alle 400 unità astronomiche, rendendolo più piccolo e più vicino al Sole di quanto precedentemente sospettato – e potenzialmente più luminoso. Ogni unità astronomica è equivalente alla distanza tra il centro della Terra e il centro del Sole, ovvero circa 149,6 milioni di chilometri.
Le orbite della fascia di Kuiper e del Pianeta Nove. Le orbite in viola indicano orbite influenzate dal campo gravitazionale del Pianeta Nove e si raggruppano in orbite strettamente vicine tra di loro. Invece le orbite in verde sono fortemente collegate a Nettuno e mostrano una dispersione orbitale più ampia. Dai calcoli orbitali aggiornati si evince che il Pianeta Nove ha una nassa approssimativamente 5 volte maggiore di quella Terrestre ed occupa un’orbita leggermente eccentrica avente un periodo di circa diecimila anni. Illustrazione a cura di: James Tuttle Keane/Caltech.
*(NdT) Il Dipartimento di Fisica della University of Michigan organizza annualmente la Conferenza Ta-You Wu, uno degli eventi piĂą prestigiosi del Dipartimento.
Fonte: (traduzione)
https://news.umich.edu/planet-
approfondimenti:
https://www.caltech.edu/about/