Alessandro Demontis, EGITTO

Quanto c’è di vero che la piramide di Cheope sia di origine extraterrestre

Alessandro Demontis  July 7, 2020

Rispondo subito alla domanda in maniera secca: finchè non verrà trovata una prova definitiva non si potrà mai affermare con certezza che le piramidi siano un prodotto di origine extraterrestre. E qui, chi non é interessato a conoscere e sviscerare il problema a fondo, può tranquillamente passare ad un’ altra domanda.

Chi invece vuole andare oltre e conoscere il dibattito per poi farsi un’ idea personale, dovrebbe continuare a leggere.

Pronti? Via! A vostro rischio e pericolo.

Affermiamo subito categoricamente che NON ESISTE nessuna prova del fatto che la Piramide di Cheope sia stata costruita da/per Cheope o nel periodo di regno di Cheope. Tutte le cosiddette ‘prove’ a sostegno di questa tesi sono indiziarie e si sono rivelate ormai dei falsi o degli errori; in alcuni casi ci troviamo addirittura davanti ad autentiche frodi.

Ciò ovviamente, anche se fosse accertato ed accettato, non proverebbe che le piramidi di Giza siano di origine extraterrestre; per arrivare a tale conclusione bisogna seguire un percorso lungo ed articolato che qui sarò costretto per forza di cose a riassumere. Tenete conto che nel mio libro in preparazione sviscero tutto l’ argomento in oltre 200 pagine, capirete quindi che non lo si può trattare in toto in una risposta su quora.

In questa risposta riassumerò il percorso nei seguenti punti:

  • dimostrazione che la piramide di Cheope non é di Cheope, ma gli é stata attribuita con frodi ed errori
  • dimostrazione che la piramide di Cheope ed in generale le piramidi di Giza sono parte di un progetto più ampio a scala globale
  • dimostrazione che con le tecnologie in uso in Egitto nel III millennio a.C. non si poteva costruire la piramide di Cheope
  • dimostrazione che la piramide di Cheope é presente in raffigurazioni e testi mesopotamici di metà del III millennio a.C.
  • dimostrazione che la piramide di Cheope era utilizzata da ‘divinità’ che sono identificate con entità ‘tecnicamente’ extraterrestri

Iniziamo.

LA PIRAMIDE DI CHEOPE NON ERA DI CHEOPE.

Parte 1: Erodoto e i suoi errori

La fonte storica principale per l’ affermazione che la piramide di Cheope fu costruita da/per Cheope nel XXVI secolo a.C. é la cronologia d’Egitto ricostruita quasi interamente sul contenuto del lavoro dello studioso greco Erodoto di Alicarnasso (485-425 a.C.) il quale aveva compilato le “Storie”, una sorta di raccolta di tradizioni storiche antiche, nozioni geografiche e sue informazioni personali derivate da viaggi in loco. Le “Storie” valsero ad Erodoto l’appellativo di “padre della storia” e costituiscono un documento di fondamentale importanza poichè riportano un ampio capitolo dedicato alla terra d’Egitto. Ma i contenuti di Erodoto sembrano contenere numerosi errori, o così almeno dichiarava lo storico e sacerdote egiziano Manetone (IV secolo a.C.). Egli era nato in una città del delta nilota, Sebennytos, e svolse il suo servizio sacerdotale a Eliopoli (l’antica Iunu) in un tempio dedicato al dio Ra; Manetone, inoltre, era un’autentica autorità per tutto ciò che riguardava il culto di Serapide, e tra i suoi mecenati figuravano anche i sovrani Tolemei. Ciò ci dà l’idea della serietà con cui la ricerca e le opere di Manetone debbano essere prese in considerazione. E non dobbiamo nemmeno dimenticare che proprio a Eliopoli si trovava la biblioteca più fornita del mondo antico, ove era conservato tutto il patrimonio culturale dell’Egitto. Manetone, poichè sacerdote, vi aveva sicuramente accesso. Manetone, che conosceva molto bene l’opera di Erodoto (il quale era vissuto poco meno di un secolo prima), protestò fermamente più volte contro le inesattezze del suo predecessore, ed è quanto mai evidente che in questa diatriba la voce del sacerdote egizio rivesta maggiore autorità, essendo egli nato in seno alla tradizione locale, essendo capace di leggere la lingua geroglifica, ed avendo avuto accesso diretto ai documenti dei templi. Le proteste di Manetone ci giungono tramite il lavoro di suoi divulgatori, tra i quali menzioniamo Sesto Giulio Africano, Eusebio di Cesarea, e Tito Flavio Giuseppe che nel suo “Contra Apionem” (primi anni del II secolo) scrive “Manetone ha scritto in greco una storia della sua patria, traducendola, come dice egli stesso, dagli annali dei sacerdoti. Egli contesta Erodoto, che accusa d’ignoranza e di aver commesso molti errori nella storia d’Egitto”.

E’ importante notare che perfino gli egittologi riconoscono che Erodoto ha commesso nel suo libro alcuni errori, come per esempio la stima del numero di operai utilizzati. Zahi Hawass in un articolo-intervista del 1997 scriveva:

Lo storico greco Erodoto affermò nel 500 a.C. che 100.000 persone costruirono le Piramidi, eppure gli egittologi moderni ritengono che la cifra sia più simile a 20.000 a 30.000. Erodoto, quando venne qui, incontrò guide che raccontavano storie e cose del genere. Ma personalmente credo che, in base alle dimensioni dell’insediamento e all’intera opera di un’area che abbiamo trovato, credo che gli operai permanenti e temporanei che lavoravano alla costruzione della Piramide fossero 36.000.

Siamo a circa 1/3 dl totale stimato da Erodoto, il quale diceva di aver ricevuto le informazioni dai sacerdoti egiziani. Erodoto quindi aveva – secondo Hawass – commesso un errore stimando in 3 volte maggiore il numero degli operai.

Parte 2: la frode del cartiglio di Cheope

A parte gli scritti di Erodoto, soltanto gli egittologi ci dicono che la piramide fu costruita da Cheope o durante il suo regno, nel XXVI secolo a.C.; nella loro ricostruzione, la prova principale di questa attribuzione sono alcuni cartigli rinvenuti nei marchi di cava di alcune pietre interne alla piramide.

Torniamo indietro nel tempo: nel 1765 il console britannico Nathaniel Davison scoprì una camera nascosta direttamente sopra la Camera del Re della Grande Piramide di Giza. Riuscì ad accedere alla camera attraverso una salita precaria utilizzando una scala traballante all’ estremità sud della Grande Galleria della piramide; sembra che il passaggio che porta a questa camera fosse accessibile già durante la costruzione della piramide. Le dimensioni della camera erano simili a quelle della Camera del Re, anche se a differenza di essa il compartimento che Davison aveva scoperto era molto più stretto, essendo alto solo circa 90cm. Mentre esplorava, Davison non trovò niente se non un pavimento profondo parecchi metri ricoperto di letame di pipistrello: nessun sarcofago nascosto, nessun tesoro e, come nel resto della piramide, non una singola iscrizione. Settantadue anni dopo la scoperta di Davison, il colonnello Howard Vyse, seguendo l’ intuizione del suo collega Giovanni Caviglia, si fece strada nei quattro compartimenti nascosti sopra la Camera di Davison usando polvere da sparo, sfigurandoli per sempre. Vennero così alla luce quattro camere, conosciute oggi come “Camere di Costruzione” (o come “Camere di Compensazione”, alcune addirittura come “Camere di Scarico”), avevano all’incirca le stesse dimensioni di quelle di Davison. Tuttavia, in un modo molto importante erano diversi; perché sul muro e sui blocchi del tetto di queste camere c’ erano molte iscrizioni dipinte e, significativamente, il nome del supposto costruttore della piramide, Khufu. La figura qui sotto mostra le camere e la loro collocazione rispetto alla Camera del Re e alla struttura globale della Grande Piramide.

Questi segni, dipinti in colore ocra, sono per l’ Egittologia essenziali, perché offrono l’ unica prova empirica che collega direttamente Cheope alla Piramide. Come scrive l’ egittologo Mark Lehner descrivendo la camera:

“Dal momento in cui nessuno era entrato dal tempo in cui gli operai di Khufu lo hanna sigillata fino a quando Vyse non si è fatto avanti, i nomi delle bande confermano l’ attribuzione di questa piramide al faraone della 4a dinastia Khufu.”

Tuttavia, dal momento in cui il colonnello Vyse presentò per la prima volta questi presunti segni di cava dipinti, le domande li hanno circondati ed i sospetti sono cresciuti, in particolare intorno ai vari nomi del re e se siano o meno stati collocati fraudolentemente nelle quattro stanze da Vyse e due dei suoi assistenti più vicini: Raven e Hill. Infatti, più analizziamo le iscrizioni dipinte dalle camere, più errori e anomalie troviamo.

Questo tema é stato trattato da diversi autori ed é ormai stato dimostrato che i cartigli sono stati inseriti da un collega del colonnello Vyse nel XIX secolo. La vicenda é stata trattata in maniera completa da Zecharia Sitchin in almeno due suoi libri, “The Stairway to Heaven” (1980 – uscito in Italia come “Le astronavi del Sinai” nel 1998) e “Journeys to the Mythical Past” (2007 – uscito in Italia come “L’ ultima profezia” nel 2010).

Nel primo libro ZS dimostra come il cartiglio ritrovato da Vyse e Perring fosse grammaticalmente sbagliato, mentre nel secondo fornisce una analisi più ampia anche delle critiche ricevute alla sua analisi e fornisce una lettera manoscritta di un nipote di una persona coinvolta direttamente nella frode.

Io ho trattato l’ argomento del cartiglio di Cheope in un mio lungo articolo del 2011 dove espongo sia la frode originale, sia la frode moderna perpetrata da Hawass e da Stadelman.

Parte 3: altre falsificazioni meno note

  1. Il problema dei numeri orientati male

Le prime lettere e numeri ieratici consistevano essenzialmente in equivalenti scritti a mano o dipinti dei segni geroglifici scolpiti; di conseguenza, la loro ortografia inizialmente non era molto lontana dai segni scolpiti cui si riferivano; man mano che i millenni passavano, però, le due forme si allontanarono decisamente l’ una dall’ altra. Una delle differenze chiave tra i primi caratteri ieratici ed i loro equivalenti geroglifici scolpiti è che lo ieratico (come quello che si suppone presente nelle camere di costruzione) era sempre scritto (e letto) da destra a sinistra, mentre i geroglifici erano bidirezionali. Entrambe le forme venivano anche lette dall’ alto verso il basso. Nel 1837, la scrittura ieratica era a malapena compresa dal mondo occidentale e, come dimostrerò, Vyse non conosceva appieno le caratteristiche delle due scritture. In effetti sembra che Vyse considerasse la sceneggiatura in queste camere come geroglifici dipinti piuttosto che segni di cava, e che questo fraintendimento abbia causato un grave errore nel collocare dei caratteri descriventi numeri in scrittura ieratica del tetto nella Camera di Campbell.

I segni dipinti in queste camere appaiono in una varietà di orientamenti diversi dal loro normale posizionamento verticale, e la spiegazione convenzionale per questa apparente disposizione casuale è che, in origine, i segni sarebbero stati dipinti correttamente su diversi blocchi. I costruttori delle camere, non preoccupandosi dell’ orientamento dei segni dipinti sui blocchi, avrebbero quindi ruotato ciascun blocco (e quindi i suoi segni) per trovare il mezzo più efficace per collocarlo all’ interno delle varie pareti della camera. Esempi di segni che compaiono orientati in maniera errata sono i seguenti:

Il modo in cui questi segni appaiono sui blocchi del tetto della Camera di Campbell è incoerente con le regole grammaticali della scrittura ieratica. Nello stile ieratico, un tratto verticale | simboleggia 1 unità mentre un segno ∩ simboleggia il valore 10, quindi | | ∩ si legge 12 mentre | | | ∩ ∩ si legge 23 e così via. Si noti anche che nella scrittura ieratica il valore numerico più alto è sempre posto a destra dei valori più bassi. Questo assicura che il valore più alto sia sempre letto per primo, cioè da destra a sinistra. Ed é qui che Vyse sembra aver commesso un tremendo errore. Se ruotiamo i numeri dipinti su questi blocchi nella loro naturale posizione verticale, in modo che vengano presentati come sarebbero “apparsi nella cava” (rispetto alla spiegazione convenzionale per il loro orientamento) i tratti delle unità inferiori | | finiscono a destra e il valore ∩ più alto a sinistra. Ciò significa che i segni non possono essere stati disegnati in cava e quindi ruotati, a meno che non siano stati disegnati in modo errato, il seguente:

Tentando di offrire una spiegazione coerente con le regole della scrittura ieratica, i critici hanno proposto che questi numeri fossero forse scritti lateralmente sui blocchi nella cava, dall’ alto verso il basso. Orientati in questo modo, i segni numerici ruotati di 90° avranno quindi i valori unitari più alti (∩) correttamente posizionati sopra i valori inferiori dell’ unità (| |) e quindi vengono letti per primi, dall’ alto verso il basso. Tuttavia, mentre gli antichi egizi scrivevano effettivamente alcuni numeri ieratici lateralmente, ciò accadeva solo scrivendo i giorni del calendario del mese come osservato nelle figure seguenti.

Un’ altra cosa che suona completamente incomprensibile é il fatto che, nei segni trovati nelle camere, manca il segno del disco solare, caratteristico della scrittura ieratica riguardante i numeri dei giorni del calendario. Si veda ad esempio l’ immagine qui sotto:

Data la totale assenza del segno del disco solare da tutti i segni numerici nella Camera di Campbell, è altamente improbabile che questi segni rappresentino giorni di calendario, come alcuni hanno suggerito. In quanto tali, questi segni non dovrebbero essere letti lateralmente (dall’ alto verso il basso) ma verticalmente (da destra a sinistra). E poiché era improbabile che gli antichi scribi egiziani scrivessero il numero cardinale ∩ in posizione verticale con i valori unitari inferiori posti a destra, allora i segni numerici in questa camera sono chiaramente anomali. Ciò a cui stiamo assistendo, secondo me, è il lavoro di qualcuno che non capiva che l’ antica scrittura ieratica egiziana, a differenza dei geroglifici, può essere letta solo da destra a sinistra.

2) Il simbolo mancante

Un altro elemento che indica la presenza di un inganno riguarda un piccolo gruppo di segni su un muro nella camera di Lady Arbuthnot. In questo caso, per comprendere bene il problema, é necessario spendere qualche minuto per legere il resoconto dello stesso Vyse. Scrivendo dell’ apertura della stanza, egli annotta:

“[…] La camera sopra quella di Nelson fu aperta, e nel corso del pomeriggio entrai con il signor Raven […] La Camera di Lady Arbuthnot fu esaminata minuziosamente e trovammo che conteneva un gran numero di segni. Nonostante i caratteri in queste camere fossero stati esaminati da Mr. Perring su scala ridotta, consideravo che avere facsimili nella loro dimensione originale fosse più che desiderabile, poiché erano di grande importanza e probabilmente le iscrizioni più antiche esistenti. Chiesi dunque a Mr. Hill di copiarli.[…]”

Nel corso della sua indagine sulla Camera di Lady Arbuthnot, Perring copiò i seguenti marchi da uno dei blocchi di muro:

Come spiegato in precedenza, ogni singolo segno all’ interno di un gruppo di segni su un particolare muro all’ interno delle camere ha lo stesso orientamento, indipendentemente che sia verticale, capovolto o laterale. Tuttavia, il simbolo incluso nella figura qui sopra mostra qualcosa di assolutamente unico… tutti i simboli sulle due righe della scritta su questo blocco sono verticali ad eccezione di uno: l’ultimo simbolo sulla seconda riga è, stranamente, al contrario. E’ a dir poco assurdo presumere di poter trovare una cosa simile in una scritta genuinamente prodotta da un antico scriba egizio, specialmente a causa del fatto che questo segno a testa in giù su questo muro non è effettivamente necessario per questa particolare iscrizione. Si ritiene che i primi cinque segni rappresentino il nome di una banda di lavoro: “La banda, I Puri [di] Horus Medjedu”. Il segno per “banda”, in questa iscrizione, è scritto in modo grossolano sulla seconda fila (estrema sinistra). Ciò significa che il segno capovolto sulla stessa riga (a destra), anche lui col significato di “banda”, è anomalo e superfluo in questo specifico caso. Ma ciò che è ancora più strano dell’ iscrizione su questo particolare blocco è il suo disegno in scala 1: 1 di Hill, un disegno che Hill avrebbe realizzato in un giorno o addirittura a poche ore di distanza dal disegno di Perring degli stessi marchi. Vediamo qui sotto il disegno in scala 1:1 autenticato prodotto da Hill:

La differenza più importante tra le due versioni è che il segno bizzarro capovolto che osserviamo nel disegno di Perring è completamente assente dal disegno di Hill e al suo posto ci sono le cinque firme dei testimoni! Cosa è successo?!

Questo particolare simbolo è un famoso segno ieratico egiziano ben noto e ben documentato, ed è prodotto con lo stesso orientamento capovolto un certo numero di volte altrove nelle camere. In primo luogo, stando a quanto testimoniano i fatti, ci si aspetta che la gente creda che Perring abbia copiato un segno capovolto sul blocco, che è superfluo per l’ iscrizione, e del tutto fuori luogo tra gli altri segni verticali sul blocco. Secondariamente ci si chiede di non avanzare domande e che accettiamo che, quando Hill andò a copiare i segni, il simbolo anomalo fosse – non si sa come – svanito.

Ma c’ é di più. Il 19 maggio 1837 (2 settimane dopo i fatti), Vyse si organizzò in modo da avere non meno di cinque testimoni che attestassero la corretta riproduzione facsimile fatta da Hill. Stranamente, Perring non era tra questi cinque testimoni! Perchè proprio lui, che poche ore prima di Hill era stato il primo a riprodurre i segni, non era presente alla autentica? E chiediamoci: quali sono le probabilità che il simbolo anomalo dipinto in queste camere sia anche l’ unico simbolo misteriosamente scomparso dall’ iscrizione? Cosa potrebbe averlo fatto sparire in questo modo? Se accettiamo che Perring abbia fatto una copia accurata di ciò che ha osservato nella camera di Lady Arbuthnot, allora la scomparsa del simbolo anomalo deve fare suonare dei campanelli d’ allarme. Non esiste modo razionale per spiegare questa sparizione, se non suggerendo che questo simbolo, riconosciuto come sbagliato e/o fuori luogo, sia stato appositamente rimosso dal blocco. Ma, sfortunatamente per i falsari, non prima che Perring avesse fatto la sua copia della scritta ove esso compariva. Questo spiegherebbe anche perché Perring non fosse stato invitato ad autenticare i disegni di Hill.

Parte 4: i papiri di Merer

Nel passato recente gli archeologi hanno scoperto un vasto complesso portuale – il più antico porto mai trovato in Egitto – che avrebbe contribuito ad estendere il dominio di Khufu spedendo rame e altri minerali dall’ Egitto al resto del mondo mediterraneo. Con una età di circa 4.500 anni, il porto precede di oltre 1.000 anni qualsiasi altra struttura portuale conosciuta nel mondo, secondo quanto raccontato a Discovery News da Pierre Tallet, egittologo dell’Università di Parigi-Sorbona e direttore della missione archeologica, responsabile della pubblicazione del 2013 sul porto. Il porto fu costruito sulle rive del Mar Rosso nella regione di Wadi al-Jarf, a circa 180 km a sud di Suez; la scoperta è stata fatta da un gruppo franco-egiziano dell’ Istituto Francese di Studi Archeologici. Oltre alle strutture portuali, gli archeologi hanno trovato diverse ancore scolpite nella pietra, oltre a vasetti di stoccaggio, frammenti di corda e pezzi di ceramica.

Ma ciò che ha davvero entusiasmato gli archeologi è stata la scoperta di alcuni documenti di papiro splendidamente conservati. Si tratterebbe dei “papiri più antichi mai trovati in Egitto”, ha dichiarato Mohamed Ibrahim, Ministro di Stato per le Antichità. I 40 papiri pare descrivano in dettaglio la vita quotidiana degli antichi egizi durante il 27° anno di regno del re Khufu. Una delle rivelazioni più intriganti è il diario di un ufficiale portuale di nome Merer, che avrebbe contribuito a organizzare e realizzare la costruzione della Grande Piramide. In sostanza, il cosiddetto Papiro di Merer (o Diario di Merer) conterrebbe il racconto dei suoi numerosi viaggi nella cava di calcare di Tura per recuperare i blocchi usati per la costruzione della piramide. Secondo Tallet, interpellato da BBC News in una intervista riassunta da LiveScience, “[…] […] Questo diario fornisce per la prima volta una visione approfondita della questione” (“World’s Oldest Harbor Discovered in Egypt”, 16 aprile 2013). Altri papiri descrivono invece la burocrazia creata dal faraone Khufu ed il suo controllo sul cibo – principalmente pane e birra – distribuito ai lavoratori portuali durante tutto il periodo di lavorazione.

Ma, c’ é un problema. In nessun punto dei papiri é affermato che gli operai stavano lavorando alla COSTRUZIONE della piramide di Giza. L’ analisi del testo integrale dei papiri mostra che si parla solo di ‘lavori sulla piramide’ e in particolare del rifacimento di parte della copertura con blocchi di alcare prvenienti da Tura. I papiri di Merer dunque potrebbero parlare di un qualsisi lavoro di restauro o correzione di uan struttura già esistente. Questo é anche in linea col fatto che il numero di operai citato é sostanzialmente meno di 1/20 di quelli stimati dagli egittologi, ed anche Hawass nel 1997 ammise di aver trovato, a Giza, soltanto 600 scheletri e sepolture.

Abbiamo trovato 600 scheletri. E abbiamo scoperto che quelle persone, numero uno, erano egiziane, le stesse che vedi in ogni cimitero in Egitto. Numero due, abbiamo trovato prove che quelle persone avevano un trattamento di emergenza. Hanno avuto incidenti durante la costruzione delle Piramidi. Abbiamo trovato 12 scheletri che hanno avuto incidenti con le loro mani e hanno supportato i due lati della mano con il legno.

Parte 5: le piramidi e la Sfinge erano già conosciute all’ epoca di Narmer (XXXI secolo a.C.) e probabilmente risalgono ad almeno il 3800 a.C.

Alcune raffigurazioni del periodo del faraone Narmer / Menes (3050 a.C. circa), ben 5 secoli prima di Cheope, mostrano chiaramente il profilo della Sfinge. Siccome si sostiene che la sfinge fu costruita DOPO la piramide di Cheope, ciò implica che al periodo di Narmer le piramidi esistevano già. Alune di queste raffigurazioni furono mostrate da Sitchin nei suoi libri:

La sfinge raffigurata in questi reperti ha la testa leonina, non umana, esattamente come gli archeologi sostengono fosse in origine; nel XXV secolo a.C., probabilmente la Sfinge fu ‘rielaborata’ modificando il volto perchè mostrasse quello di un reggente.

Di fatto, la migliore stima di datazione del complesso piramidale di Giza tende a dimostrare che queste furono costruite nel XII millennio a.C. (come ipotizzato da Sitchin nel 1980, e da Bauval nel 1989) anche se recenti ricerche dell’ italiano Armando Mei suggeriscono una possibile datazione addirittura del XXXVII millennio a.C. (intorno al 36429 a.C. – nota: io NON concordo con questa datazione). Secondo Mei ed altri studiosi le piramidi di Giza furono parte di un “Progetto Unitario” che comprendeva anche altri monumenti presenti nella pian di Giza e nelle vicinanze.

Ma cosa pensereste se vi dicessi che perfino gli archeologi specializzati sul tema hanno stabilito che le piramidi NON risalgono al periodo di Cheope ma a diversi secoli prima? Ebbene nel 1984 Mark Lehner, il braccio destro di Hawass, fece prelevare 30 campioni da diverse zone della Grande Piramide e li fece analizzare. Questo il risultato:

LE PIRAMIDI DI GIZA SONO PARTE DI UN PROGETTO GLOBALE A VASTA SCALA

Si legge comunemente, da autori accademici ed alternativi, che le piramidi di Giza sono orientate per dipingere sul terreno la costellazione di Orione, tanto cara agli egizi antichi e legata sia ad Osiride sia al viaggio nel Duat (si veda la descrizione del viaggio mortuario del faraone Pepi).

La cosa più interessante però è che al mondo esistono almeno altri due casi noti di tale allineamento in zone del globo distanti tra loro, e poste in linea retta tra loro: si tratta del complesso piramidale di Teotihuacan (Mexico) e del complesso piramidale principale di Xi’an (Cina).

Alllineamento:

Giza – Orione – Teotihuacan

Giza – Teotihuacan

Orione – Giza – Teotihuacan

Complesso di Xi’an

Particolarmente interessante é il legame mitologico – religioso che accomuna questi tre luoghi: tutti erano legati alla figura di una divinità serpentina:

  • Thot in Egitto
  • Quetzalcoatl/Kukulkan in Mexico
  • Fu’xi in Cina

In Mexico Quetzalcoatl era un Serpente Piumato, unione del serpente con l’ uccello Quetzal, ed era raffigurato come Kukulkan con un caduceo (bastone con serpenti intrecciati)

In Egitto Thoth aveva la testa di uccello (Ibis) e bastoni con serpenti intrecciati

In Cina Fu’xi veniva rappresentato avvinghiato a sua moglie Nu’wa entrambi con code di serpente, come a creare un caduceo

Non abbiamo datazioni ufficiali attendibili del complesso di Xi’an, che si stima essere stato realizzato in almeno 6 distinte fasi a partire dal periodo mitico dei Sān Huáng Wǔ Dì (I tre augusti e i cinque imperatori mitici) i quali sarebbero vissuti a cavallo del 2800–2300 a.C. fino al periodo in cui visse Qín Shǐhuánglíng, il primo imperatore Qin, nel III secolo a.C.

Le datazioni ufficiali del complesso di Teotihuacan ci danno un datazione tra il 200 ed il 450 d.C., ma queste datazioni sono sempre state controverse e basate su metodiche non adeguate (Cloro36, Carbonio 14 etc) a costruzioni litiche più volte riparate e modificate. L’ allineamento particolare delle 3 piramidi (18° di discostamento sulla linea retta immaginaria) rispetto ad Orione, sembra indicare un periodo di allineamento nel III millennio a.C. proprio come l’ allineamento di Giza (13° sulla retta immaginaria) sembra indicare una datazione intorno al XII millennio a.C.

Se qualcuno sta storcendo il muso perchè si trova davanti l’ idea di una congiunzione tra Mexico, Egitto e Cina, dovrebbe tenere conto che questi contatti erano ben studiati e noti nel XIX secolo da svariati esponenti della corrente del Diffusionismo, basata su studi archeologici, linguistici, storici, ed etnografici. Numerosi reperti sembrano indicare la relazione di contatto (o dipendenza) tra Mexico ed Egitto, come per esempio le statue chiamate Olmec Twins ritrovate al sito di El Azuzull e conservate al museo di Xalapa; le due statue riproducono dei personaggi seduti e protesi in avanti, con in testa un copricapo a scanalature orizzontali esattamente uguale a quelli utilizzati dai faraoni egiziani.

Un altro potenziale indicatore di questo legame può essere fornito dalla raffigurazione di personaggi con due mani sinistre.

Muoviamoci ora alla terza tematica.

LE PIRAMIDI DI GIZA NON POTEVANO ESSERE COSTRUITE CON LE TECNOLOGIE DELL’ EPOCA

Le piramidi di Giza – nella loro interezza – non sono replicabili nemmeno con le tecnologie moderne. Questo é stato ormai dimostrato dal fallimento di un progetto chiamato NOVA Pyramid Project. Sono stati fatti tentativi in scala di riprodurre una delle piramidi di Giza, ma tutti incompleti, perchè ognuno tendeva a mostrare come determinate pratiche o parti della piramide (ma non tutte) fossero imitabili o realizzabili. Il più famoso di questi tentativi fu il progetto NOVA (1991), la replica in scala di una piramide (importante: senza camere), e fu un fallimento tale che i video e il report non furono nemmeno inseriti nel sito del progetto, che ora rimane solo informativo. Il tutto fu mostrato nel 1992 in un documentario della PBS (This Old Pyramid) che doveva mostrare come le ‘eccellenti tecniche costruttive’ degli egizi potevano permettere di costruire le piramidi.

Purtroppo, però, degli insider di PBS resero noto che per il tentativo di costruzione e per il trasporto gli operai si erano serviti di camion, leve di metallo, e scalpelli e cazzuole di acciaio.

Siete curiosi di vedere il risultato?

Inoltre in un articolo del 1997 lo stesso Hawass ammetteva che, per il progetto di replica,

Le nostre pietre venivano consegnate da un camion a pianale anziché da chiatte […] Una delle cose che mi ha colpito di più, però, è stato il fatto che in 21 giorni, 12 uomini a piedi nudi, che vivevano nel deserto orientale, hanno aperto una nuova cava nel periodo in cui avevamo bisogno di pietra per la nostra piramide NOVA, e in 21 giorni hanno estratto 186 pietre. Ora, lo fecero con un cavo di ferro e un argano che staccò la pietra dal muro della cava e tutti i loro strumenti erano di ferro.

Come puoi leggere dalle parole di Hawass, il tentativo di replica, durato settimane, utilizzò tecniche, mezzi e materiali moderni non in uso in Egitto nell’ antichità. Eppure riuscì solo a realizzare una brutta piramide di pochi metri senza camere interne nè condotti di alcun genere.

Il progetto constava di 186 pietre. La grande piramide si stima essere composta da circa 2.300.000 blocchi, e ammettendo che sia stata costruita in 25 anni avendo tutte le pietre già pronte li vicino solo da allineare a forma di piramide, ogni blocco doveva essere posizionato in una media di 342 secondi (poco meno di 6 minuti) lavorando 24 ore su 24 senza pause 365 giorni all’ anno. E, ripeto, tutto questo senza contare la realizzazione delle camere e dei condotti interni.

A questo calcolo viene spesso obiettato che mentre alcuni operai lavoravano da un lato, altri operai operavano da altri lati, usando rampe, leve, slitte e carrucole riducendo notevolmente i tempi. Questa spiegazione va bene per i piani più bassi, a base larga e vicini al suolo, dove lo spazio é molto e si potevano agilmente usare leve e uomini a volontà. Ma salendo in quota, c’ é sempre meno spazio orizzontale da usare, sempre meno tempo per portare le pietre in alto, maggiore energia potenziale nelle pietre che richiedeva leve più resistenti, e non solo bisognava portare in alto le pietre ma pure le macchine (gru, leve, slitte, etc).

Come venivano tagliate queste pietre? L’ unico genere di strumento di taglio nell’ antico Egitto era costituito da seghe di rame o da bastoni impregnati di pece ai quali venivano fatti aderire grumi di sabbia silicea che ‘graffiava’. Esistono numerosi video su Youtube che mostrano questo esperimento, ma analizzandoli attentamente proprio questi video mostrano come fosse impossibile operare nei tempi stimati ufficialmente.

Il video qui sopra per esempio utilizza materiali dell’ epoca, una sega di rame che veniva fatta scorrere su sabbia… ma gli operai qui hanno ottenuto lo ‘staordinario risultato’ di tagliare a 4 mm per ogni ora di lavoro (!!). Ad un certo punto l’ ingegnere mostra che hanno penetrato (usando anche acqua per facilitare lo scorrimento) circa 10 centimetri “in pochi giorni” (!!). Nell’ esperimento di trapanatura e produzione di un buco perfettamente rotondo, il risultato é lo stesso: in “pochi giorni” si è prodotto un buco di 5–6 cm (!!).

A questo punto c’ è da fare una considerazione di tipo cronologico.

Se accettassimo la spiegazione accademica sulla costruzione delle piramidi, dovremmo affrontare il fatto che la tecnologia costruttiva a partire dal 2900 a.C. fino al 2700 a.C. rimase la stessa e produsse lo stesso tipo di piramidi elementari, quasi sempre senza stanze e senza corridoi, il 90% delle quali crollò in pochi decenni… poi improvvisamente tra il 2600 ed il 2400 vennero costruite 3 piramidi enormi e perfette con stanze e condotti che sono rimaste in piedi per 4500 anni, e dopo di esse a partire dal 2300 in poi la tecnologia e l’ abilità costruttiva regreditono di nuovo producendo piramidi più elementari molte delle quali crollarono in pochi decenni. Questo sarebbe un caso unico ed assurdo di tecnologia che non progredisce ma regredisce proprio nel periodo di maggior sviluppo di una civiltà (a partire dal 2300 a.C.).

Ma non solo! Cronologicamete tra la piramide di Cheope e quella di Chefrem, entrambe mastodontiche, perfette e ancora sane, venne costruita ad Abu Rowash quella di Djedefra, molto più piccola, elementare (aveva solo un corridoio interno), che é andata completamente distrutta.

Mai prima della piramide di Cheope é stato prodotto un edificio simile, e mai dopo la piramide di Micerino é stato prodotto un edificio simile. Una sequenza di regressione tecnologica ed organizzativa simile non é accettabile, ed indica che le piramidi di Giza sono edifici del tutto ‘alieni’ alle capacità costruttive egizie. Tutto indica che queste piramidi fossero un modello a cui gli egizi si ispiravano e che cercavano – inutilmente – di replicare. Questo sarebbe validato proprio dal fatto che queste costruzioni erano già conosciute al tempo di Narmer, precedente TUTTE le piramidi egizie.

LE PIRAMIDI ERANO GIA’ CONOSCIUTE NEL TERZO MILLENNIO a.C. IN MESOPOTAMIA

Il mito sumero “Le conquiste di Ninurta” (Ninurta Exploits, o “A shir-sud to Ninurta”) descrive una guerra tra il dio Ninurta (di fazione Enlilita, figlio cioè del dio Enlil) ed il temibile Azag. Azag, il cui nome é tradotto in maniere diverse, é descritto come un mostro serpentino, ed il nome stesso Azag compare nel mito babilonese Enuma Elish come epiteto del dio Marduk (di fazione Enkita, figlio quindi del dio Enki). La VII tavoletta infatti, nell’ elencare i 50 nomi divini assegnati a Marduk, recita:

“Tutu as Zi-Azag thirdly they named,

the Bringer of Purification

[…]

Tutu as Aga-Azag may mankind fourthly magnify!

The Lord of the Pure Incantation”

Nell’ iconografia mesopotamica, Ninurta é raffigurato da un’ aquila, Marduk da un serpente (chiamato Mushushu o Bashmu). La guerra tra questi dei sembra svolgersi parzialmente in volo, e ad un certo punto il mostro Azag (Marduk, quindi), é costretto a ritirarsi nella sua “Casa come una montagna” dalla quale, con armi potentissime, quasi uccide Ninurta. Ninurta ha però poi la meglio, e riesce a penetrare la ‘montagna’ e catturare Azag /Marduk.

Un sigillo commemorativo di questa battaglia mostra chiaramente l’ aquila di Ninurta che sovrasta 2 ‘montagne’ fatte di mattoni :

Ora, il testo descrive questa rocaforte come una montagna con diverse stanze e passaggi, e diverse nicchie dalle quali Ninurta porta via le ‘pietre’ che aiutavano Azag/Marduk nella battaglia. Analizzando i nomi di queste pietre si scoprono cose interessanti:

Il nome della NA4-SHU-U significa “Pietra che controlla”

Il nome della NA4-GUL-GUL é abbastanza evidente: GUL significa ‘distruggere, demolire, far cadere a pezzi, ostruire’. Il fatto che la desinenza sia raddoppiata significa un rafforzativo o l’ uso del termine in due significati. Gul.gul quindi é la ‘pietra che ostruisce e che distrugge’.

La NA4-ESI é la ‘pietra forte’, con ESI derivante da ESIG che significa ‘forte, resistente, buona’.

La NA4-GISH-NU-GAL ha un nome composto da GISH che significa ‘manufatto, attrezzo’, NU che significa ‘immagine, somiglianza, luce, fuoco’, e GAL che significa ‘grande, abbondante, potente’. Può essere quindi la ‘pietra della grande luce, del grande/potente fuoco’.

In questo testo e nel sigillo relativo, sia l’ aspetto delle ‘montagne’ sia la descrizione ricordano molto le 2 grandi piramidi di Giza. Ma c’ é di più.

Esiste un altro testo – precedente di 2 secoli (XXV secolo a.C.) – scritto da Enheduanna, la prima ‘poetessa’ della storia. Nel suo lungo testo chiamato “Inno alle case degli dei” ella descrive i templi di alcune divinità. Ebbene ad un certo punto descrive il tempio chiamato E2.Gish.Banda dedicato a Ningishzidda, che era fratello di Marduk, e quindi sempre di fazione Enkita e rappresentato dai serpenti. Ningishzidda, per intenderci, era la versione mesopotamica dell’ egizio Thoth. Leggiamo la descrizione di questo tempio nella versione traslitterata originale, e poi confrontiamo la traduzione ‘ortodossa’ interpretativa con quella ‘letterale’:

Originale sumero:

187. ki ul kur sig galam-e jar-ra

188. itima ki huc cag4-tum2-ma ri-a

189. su zig3 a-ra2 mah lu2 nu-pad3-de3

190. jic-ban3-daki si-jar igi-te-en gana2 ki gal jiri3 nu-ed3

191. bar gi4-a nim-ma jices2-ad-gin7 rib-ba

192. cag4-zu ki ud e3 nam-he2 dajal cum2-mu

193. nun-zu nun cu sikil gid2 kug an-na-ke4

194. siki ul he-nun bar-ra jal2-la en dnin-jic-zid-da

195. dnin-jic-zid-da-ke4 jic-ban3-daki

196. muc3-za e2 bi2-in-gub barag-za dur2 bi2-in-jar

Traduzione interpretata:

187-196. O primeval place, deep mountain founded in an artful fashion, shrine, terrifying place lying in a pasture, a dread whose lofty ways none can fathom, Jicbanda, neck-stock, meshed net, shackles of the great underworld from which none can escape, your exterior is raised up, prominent like a snare, your interior is where the sun rises, endowed with wide-spreading plenty. Your prince is the prince who stretches out his pure hand, the holy one of heaven, with luxuriant and abundant hair hanging at his back, Lord Ninjiczida. Ninjiczida has erected a house in your precinct, O Jicbanda, and taken his seat upon your dais.

Traduzione letterale:

187-196. Oh luogo innalzato (piazzato) in antichi tempi, costruito in sapiente maniera, dalla camera silente (itima = camera silenziosa, cella) che dirige/proietta il rossastro, giaci in una radura (huc cag4-tum2-ma ri-a = da un prato dirigi il rossastro), innalzi le tue vie meravigliose che nessuno può scorgere (trovare), Gishbanda, da dove ti erigi in alto da una maglia che controlla e connette (stabilisce), da cui fuoriesce e ritorna nel tuo cuore la luce del giorno (luce del sole), il tuo principe ha le mani splendenti e pure come il cielo (verso il cielo), i suoi capelli giaciono abbondanti sulla schiena: Ningishzidda di Gishbanda. Il fondo (della struttura) giace in una piattaforma rialzata (muc3-za e2 bi2-in-gub barag-za dur2 bi2-in-jar = la casa giace in groppa a una pedana piatta).

Come ci aiuta questo testo?

Si tratta del testo che maggiormente lega la Grande Piramide con Sumer. Ne viene infatti descritta una struttura altissima, costruita in tempi antichi su una piattaforma rialzata, nei pressi di una radura, contenente almeno una stanza nascosta o chiusa. Sono tutte caratteristiche della grande piramide (il particolare della radura non deve stupire, infatti é scientificamente mostrato che fino a circa 8.000 anni fa l’ Egitto non era desertico come é attualmente, e Sitchin – supportato da scienziati – fa risalire la costruzione della piramide a 12.000 anni fa). Questo testo ci informa anche della funzionalità di questa costruzione: emetteva un raggio rossastro, ed era capace di ‘controllare e connettere’. Sono questi particolari che si collegano alla guerra della piramide appena esaminata, infatti la pietra NA4-SHU-U, come visto, é la ‘pietra controllata’ o la ‘pietra che controlla’.

Ma andiamo ancora oltre… esistono numerosi sigilli mesopotamici di ogni periodo che mostrano ‘montagne’ quasi sempre raggruppate a 2 o a 3, stranamente sempre raffigurate come fossero in mattoni:

D’ altronde le somigliaze stilistiche tra Sumer e l’ Egitto del III millennio sono tantissime, ad esempio diamo uno sguardo a questa immagine comparativa:

E’ illustrata l’ incredibile somiglianza tra un sigillo ritraente il dio solare sumero Utu/Shamash (a destra) e un dipinto del Libro dei Morti egiziano (a sinistra) rappresentante Osiride. In entrambi i reperti il dio é seduto su un trono che giace su un piedistallo, con sopra un ‘tetto’ o ‘baldacchino’. Sotto il trono c’ é un riquadro con delle figure minuscole (animali o umane). In entrambi i casi il dio é barbuto e tiene in mano un bastone o una verga (i segni distintivi delle divinità).
Di fronte al dio ci sono dei sudditi in atteggiamento reverenziale con le mani alzate, e tra questi e il dio ci sono dei doni o un simbolo associato al dio.
Anche le righe di testo (geroglifico o cuneiforme) sono nelle stesse posizioni.

Ciò nonostante ognuna delle due culture aveva i suoi stili distintivi, ad esempio ecco le differenze tra i ‘dischi alati’ egizio e mesopotamico/iranico:

Chiusa questa parentesi sugli stili e sulle somiglianze, abbiamo la testimonianza che probabilmente le piramidi sono descritte in testi e raffigurazioni mesopotamiche del III millennio a.C.

Siamo quindi arrivati alla quinta ed ultima argomentazione.

LE PIRAMIDI ERANO ASSOCIATE A PERSONAGGI CHE SONO TECNICAMENTE EXTRATERRESTRI

Parliamo chiaro: potrei tranquillamente dire che le piramidi sono associate ai Neteru, le divinità egizie, e quindi personaggi ‘non terreni’. Il problema in esame però sembra essere: da chi furono costruite?. Ebbene, a parte il ragionamento fatto fino ad ora che ha mostrato come le diverse spiegazioni per una origine costruttiva egizia non stiano in piedi dal punto di vista storico, lingustico, cronologico e tecnico, abbiamo due possibilità:

  • le piramidi furono costruite da una diversa civiltà terrestre più evoluta di quelle egizia e mesopotamica
  • le piramidi furono costruite da una civiltà non terrestre

Vi sembrerà strano ma l’ unico scoglio nell’accettare la seconda possibilità é il fatto che, ufficialmente, ancora non siamo mai entrati in contatto con civiltà estraterrestri o non ne reputiamo possibile l’ esistenza. Qui quindi bisogna per forza di cose fare un salto di qualità e un discorso di ‘fede’, non nel senso religioso ma razionale.

Quel che sappiamo fino ad ora, riassumendo, ci dice che:

  • le piramidi NON sono egizie,
  • erano conosciute dai mesopotamici,
  • diverse datazioni le hanno inquadrate in un periodo di tempo di almeno 1300 precedente la datazione ufficiale,
  • l’ attribuzione della piramide di Cheope é falsa
  • ogni tentativo di replica di una versione elementare di una delle piramidi di Giza é fallito
  • nella storia d’ Egitto, prima e dopo le piramidi di Giza, non si é mai riusciti a replicare queste opere
  • le piramidi di Giza trovano corrispondenze perfette in altri 2 luoghi del globo non abitati da egizi
  • ovunque nel globo queste piramidi sono associate a ‘divinità’ venute dal cielo

Bene, adesso veniamo a concludere.

L’ unico autore che ha dato una spiegazione completa e ha identificato gli ideatori e costruttori delle 3 piramidi di Giza é stato Zecharia Sitchin. Nessun altro autore, accademico o alternativo, ha fornito altre spiegazioni o altre identificazioni con altri costruttori. Dunque, o crediamo ad Erodoto ed a Hawass, o crediamo a Sitchin, o dobbiamo tirare fuori uan terza alternativa.

Secondo Sitchin le piramidi furono progettate da Ningishzidda – lo ricorderete, è quel dio a cui é dedicanto un tempio la cui costruzione ricorda molto la grande piramide – dopo il diluvio, nel XII millennio a.C., e costruite da lui e da altri Anunnaki (gli dei mesopotamici). Loro lo fecero con l’ ausilio di manovalanza umana, certamente, ma con tecnologia non disponibile agli umani in quel periodo e partecipando in prima persona ai lavori. Del resto la mitologia mesopotamica é piena di riferimenti agli dei che lavorano e costruiscono edifici, o lavorano in miniera, etc. Non é quindi nuova o assurda l’ idea di divinità che lavorano. E nemmeno quella di divinità che progettano: nel 2130 a.C. circa, re Gudea di Lagash costruì per il suo dio tutelare – Ninurta – un grande tempio chiamato Eninnu ed un recinto chiamato Girsu. Ebbene, il lungo mito del Sogno di Gudea ci dice che i progetti gli furono mostrati in ‘sogno’ (o una visione) da tre divinità. Nella foto qui sotto il ‘progetto’ dell’ Eninnu scolpito da Gudea dopo il sogno:

Ora veniamo al punto. Perchè furono costruite le Piramidi di Giza? Erano parte di un progetto di ‘corridoio di volo’ e di controllo per dirigere i moviment delle navicelle degli Anunnaki. Si, perchè nei testi mesopotamici gli dei hanno delle MA AN-NA = barche del cielo, esattamente come alcuni dei egiziani (es: la barca del milione di anni di Ra)

Questo lo schema disegnato da Sitchin nel suo libro “The Stairway to Haven” (1980):

Ma come sappiamo che gli Anunnaki sono alieni, e non sono terrestri?

Le genealogie degli Anunnaki iniziano in cielo… il ‘dio supremo’ in mesopotamia era chiamato Anu, ed in giovinezza fu, secondo la tradizione, il coppiere del re Alalu che poi spodestò. Alalu era, secondo Sitchin, il re su un pianeta chiamato nei testi mesopotamici Nibiru (ed associato dai babilonesi al dio Marduk) che sarebbe un pianeta aggiuntivo nel nostro sistema solare, con una orbita ellitica di 3600 anni.

La detronizzazione di Alalu, e la sua conseguente fuga dal Cielo sulla Terra, vengono narrati nelle prime righe di un testo urrita chiamato “La regalità dal Cielo” (rinvenuto ad Hattusa in una copia ittita datata al XIV secolo a.C. e catalogata CTH344, trattato in “KingShip in Heaven, – Hittite Myths” da H.A.Hoffner, 1998) che recita:

“Nei tempi antichi Alalus regnava sui cieli; finchè Alalus regnava sui cieli, Anu, il primo tra gli dei, stava davanti a lui. Inginocchiandosi riempiva la coppa tra le sue mani. Nove furono gli anni in cui Alalus fu re, al nono anno Anu diede battaglia e sconfisse Alalus. Egli fuggì e si rifugiò nella terra bruna”.

Formalmente dunque abbiamo una fonte originale, analizzata e pubblicata da accademici, che ci parla di un certo Alalu che regnava nei cieli, che fu detronizzato da Anu, e che si rifugiò sulla Terra.

Non stento ad ammettere che nella mia ricerca durata oltre 15 anni non ho mai trovato nei testi mesopotamici una frase che asserisse testualmente “Gli dei Anunnaki venivano da un pianeta chiamato Nibiru”, ma con un semplice lavoro di deduzione si può arrivare a stabilire chiaramente che questa associazione tra gli Anunnaki ed un corpo celeste chiamato Nibiru / Marduk era ben nota ai popoli della Mesopotamia. C’ è infatti nel mito dell’ Enuma Elish un riferimento in cui si dice che Nibiru é un pianeta proveniente dal Sistema Solare esterno. Nelle tavola I viene detto che Marduk viene “dal profondo” e che si tratta di un “Invasore”; nella tavola VII si afferma chiaramente che: “Lui è Nibiru” (rigo 110: “shumshu lu ilu Neberu”). A questo punto é semplice fare 2+2: Nibiru è – secondo il testo – un pianeta proveniente dalle profondità per invadere il Sistema Solare. Per quanto riguarda la provenienza degli Annunaki, si dice nell’ Enuma Elish che essi provenivano dal cielo, e mentre alcuni vi rimasero, alcuni di loro vennero sulla Terra. In altri testi si fa inoltre riferimento a Nibiru come la “Stella di Anu”, e se non fosse abbastanza, il rigo 37 del MUL.APIN, un importante documento astrologico mesopotamico, riporta testualmente che “una grande stella di luce soffusa divide i cieli: la stella di Marduk, Nibiru”. Il termine accadico usato in ambo le ricorrenze per indicare la stella é Kakkab (sumerico: MUL, da cui il nome MUL.APIN del testo), che indica però un generico oggetto celeste, anche i pianeti: in questo senso il verso ci sta letteralmente dicendo che Nibiru é il pianeta del dio Marduk.

Gli dei Anunnaki erano a seconda delle fonti 600 o 900. Nel mito babilonese Enuma Elish – tavola VI, versi 39-44 – il dio supremo Marduk pone 300 Anunnaki in cielo (babilonese: šame) e 300 in terra (babilonese: eršetu), mentre in un altro passaggio dello stesso testo – tavola VI verso 69 – sono menzionati 300 Igigi (una frazione degli Anunnaki) in cielo (babilonese: šame) e 600 in terra (babilonese: apsu).

Ora abbiamo tutti i puntini da unire.

Abbiamo due sole versioni:

  • la accademica, avvalorata da niente e smentita da tutto, che sostiene che le piramidi siano state costruite da operai egizi nel XXVI secolo a.C.
  • la ‘alternativa’, avvalorata da raffigurazioni e testi, che sostiene che le piramidi siano legate ad entità ‘divine’ provenienti ad un altro pianeta.

Scegliete voi cosa credere.

Grazie per la pazienza che avrete avuto nel leggere fino a qui.

Articolo d Alessandro Demontis

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