EGITTO, Sardegna

Shardana

Gli Shardana (o Sherden) erano una delle popolazioni, citate dalle fonti egizie del II millennio a.C., facenti parte della coalizione dei popoli del mare; la loro presumibile identificazione con gli antichi Sardi è, al momento, oggetto di dibattito archeologico.

Guerrieri Shardana rappresentati nel tempio di Medinet Habu

La più antica menzione del popolo chiamato Šrdn/Srdn-w, più comunemente detto Shardana o Sherden, si trova nelle lettere di Amarna, corrispondenze fra Rib-Hadda di Biblo e il faraone Akhenaton, databili al 1350 a.C. circa. In questo periodo appaiono già come pirati e mercenari, pronti ad offrire i loro servizi ai signori locali. Nel 1278 a.C., Ramses II sconfisse gli Shardana che avevano tentato di saccheggiare le coste egiziane assieme ai Lukka (L’kkw, forse identificabili in seguito con i Lici) e i Shekelesh (Šqrsšw), in uno scontro navale lungo le coste del Mediterraneo (nei pressi del Delta Egiziano). Il faraone successivamente arruolò questi guerrieri nella sua guardia personale.
Un’iscrizione di Ramses II incisa in una stele ritrovata a Tanis, descrive le loro incursioni e il pericolo costante che la loro presenza portava alle coste egiziane:

« I ribelli Shardana che nessuno ha mai saputo come combattere, arrivarono dal centro del mare navigando arditamente con le loro navi da guerra, nessuno è mai riuscito a resistergli»

Gli Shardana sono poi citati nell’iscrizione di Qadesh, dove è riportato che 520 Shardana fecero parte della guardia personale del faraone nella battaglia di Qadesh fra Egizi ed Ittiti. Gli Shardana facenti parte della guardia reale sono rappresentati con il tipico elmo cornuto sul quale è presente nel mezzo una sorta di sfera o palla, lo scudo è tondo mentre le spade in dotazione sono del tipo Naue II.
Anni dopo, una seconda ondata di popoli del mare, e tra essi anche gli Shardana, venne respinta dal figlio di Ramses II, Merenptah. In seguito Ramses III venne impegnato in un’importante battaglia con gli stessi il cui resoconto è raffigurato presso il tempio di Medinet Habu a Tebe. Gli Shardana sconfitti vennero quindi catturati e arruolati nell’esercito del faraone:

« I Shardana e i Wešeš del mare fu come se non esistessero, catturati tutti insieme e condotti prigionieri in Egitto, come la sabbia della spiaggia. Io li ho insediati in fortezze, legati al mio nome. Le loro classi militari erano numerose come centinaia di migliaia. Io ho assegnato a tutti loro razioni con vestiario e provvigioni dai magazzini e dai granai per ogni anno »

Un’opera egiziana redatta intorno al 1100 a.C., l’onomastico di Amenemope, documenta la presenza degli Shardana nella Palestina. Dopo la sconfitta subita dal faraone Ramses III, infatti, quest’ultimi, insieme ad altri Popoli del mare, sarebbero stati autorizzati a stanziarsi in tale territorio, comunque sottoposto al dominio egiziano. In particolare, il territorio occupato dagli Shardana sarebbe sostanzialmente quello indicato dalla Bibbia come appartenente alla tribù israelitica di Zabulon, dove compare anche un centro abitato denominato Sarid (Giosuè, 10 e 12); secondo un’altra interpretazione i loro domini nell’area erano invece ben più ampi.
La presenza degli Shardana in Medio e Alto Egitto in varie colonie è attestata in alcune fonti papiracee del regno di Ramses V e di Ramses XI. È ipotizzabile che alla fine dell’età ramesside gli Shardana si siano gradualmente amalgamati alla popolazione egiziana con conseguente perdita del loro status di mercenari alla fine dell’età libica.

Guardia Shardana al servizio del faraone

Il problema dell’area di origine o di eventuale destinazione del popolo degli Shardana sorse a partire dal XIX secolo. Nessuna menzione degli Shardana è mai stata rinvenuta in documenti greci o ittiti fatto che complica il lavoro degli studiosi. Nel corso dei decenni sono state proposte varie ipotesi, fra queste due sono quelle più ricorrenti:

  • Gli Shardana provenivano dal mediterraneo occidentale e sarebbero identificabili con le popolazioni nuragiche della Sardegna
  • Gli Shardana, provenienti dal mediterraneo orientale, si insediarono in Sardegna a seguito della tentata invasione dell’Egitto

Tuttavia l’Egittologo Giacomo Cavillier (a capo del progetto Shardana del Centro Studi Champollion) sulla base dei dati raccolti in Egitto ritiene che allo stato attuale delle ricerche (2008) non sia possibile teorizzare origine e destinazione delle genti Shardana, stante la loro caratteristica di interagire con alcune delle principali aree culturali del Vicino Oriente Antico (Egitto, Siria, Palestina, Fenicia, Egeo) e, gradualmente, di assimilarne le peculiarità per poter sopravvivere.

Tesi della provenienza sarda

L’archeologo australiano Vere Gordon Childe, rifacendosi anche alle ricerche di Antonio Taramelli, sostenitore della provenienza occidentale degli Shardana, nella sua opera The Bronze Age (1930) notò che

«Nei santuari nuragici e nei ripostigli troviamo una straordinaria varietà di statuette votive e modelli in bronzo. Figure di guerrieri, crude e barbariche nella loro esecuzione ma piene di vita, sono particolarmente comuni. Il guerriero era armato con un pugnale e con arco e frecce o con una spada, coperto da un elmo con due corna e uno scudo circolare. L’abbigliamento e l’equipaggiamento non lasciano dubbi sulla sostanziale identità tra i fanti sardi e i corsari e mercenari rappresentati nei monumenti egiziani come “Shardana”. Allo stesso tempo numerose barchette votive, anch’esse in bronzo, dimostrano l’importanza del mare nella vita della Sardegna. »

L’italiano Massimo Pallottino, a proposito dell’accostamento fra Shardana e Sardi nuragici scrive:

« Un’eventuale partecipazione dei Sardi ai sommovimenti etnico-politici dello scorcio del millennio, onde ebbero fine il sistema dei grandi regni orientali e la civiltà egea, quale sarebbe indicata dalla possibile ma tuttavia incerta testimonianza dei documenti relativi ai Sherdani (ed anche dalla leggenda riecheggiante in Simonide circa una guerra tra i Sardani e i Cretesi), potrebbe almeno inizialmente inquadrarsi nell’ambito dei rapporti tra gli abitatori dell’isola e i Libici, che sappiamo nel XIII secolo coalizzati con i popoli dell’Egeo contro l’Egitto. »

e ancora circa l’ipotesi di una colonizzazione dell’isola da parte di popolazioni orientali nella tarda età del bronzo:

« Benché tale ipotesi sia stata più volte affacciata, mancano assolutamente le prove. Il quadro delle conoscenze attuali ci orienterebbe anzi ad escluderla in maniera piuttosto recisa»

Giovanni Lilliu, pur non addentrandosi in profondità sull’argomento constatò che:

« I secoli nei quali si svolgono le vicende dei Sherdanw e dei confederati, che vogliono espandersi per contrastare l’egemonia della potenza faraonica, sono quelli che vedono le comunità nuragiche guidate dai loro principi toccare il massimo splendore nell’architettura e sviluppare un consistente e organizzato vivere civile, economicamente prospero »

Bronzetto sardo raffigurante un guerriero equipaggiato con scudo tondo, elmo cornuto e gonnellino

Più recentemente (2005) l’archeologo Giovanni Ugas ha riproposto identificazione degli Shardana con le popolazioni sardo-nuragiche, in particolare con la tribù degli Iliensi dimoranti nel centro-sud dell’isola, secondo uno scenario suggerito anche da Fulvia Lo Schiavo. Ugas diresse gli scavi della cosiddetta “Tomba dei guerrieri” di Decimoputzu (CA) dove furono rinvenute 13 spade in rame arsenicale a lama triangolare, analoghe a quelle raffigurate nei bassorilievi egizi e da lui datate al 1600 a.C. circa, cioè a un’epoca precedente all’apparizione degli Shardana in oriente. Ugas ha inoltre collaborato con l’archeologo Adam Zertal il quale sostiene che il sito israeliano di El-Ahwat, che presenterebbe alcuni parallelismi con i nuraghi, sia stato edificato dai Sardi. Più recenti interpretazioni e verifiche (una fra tutte quella di Israel Finkelstein), tuttavia, hanno messo in dubbio l’attribuzione del sito di El-Ahwat agli Shardana e persino la sua datazione, ritenendolo un complesso di epoca tarda; inoltre le tracce Shardana su questa “guarnigione” faraonica apparirebbero piuttosto esigue né riscontrabili in altri siti della Valle del Nilo. Un altro apparente esempio di architettura nuragica al di fuori della Sardegna sarebbe il pozzo sacro di Gârlo scoperto nei pressi di Sofia (anticamente Sardica) in Bulgaria, secondo Ugas ricollegabile agli Shardana. Altri elementi a favore della tesi che propugna la provenienza occidentale degli Shardana sono costituiti dal rinvenimento di ceramiche di produzione sarda nell’Egeo, in particolare nei siti di Tirinto, Kommos e Pyla-Kokkinokremnos. La navigazione dei Sardi verso quell’area del mediterraneo, in particolare verso Creta, sarebbe inoltre citata in talune antiche fonti greche (la guerra portata dai Sardi contro Creta e il mito di Talos, contenente riferimenti alla Sardegna).

Spade tipo “Sant’Iroxi” rinvenute a Decimoputzu (CA), analoghe a quelle raffigurate nei bassorilievi egizi

Tesi della provenienza orientale

« (Gli Shardana)… originariamente provenivano dalla Siria settentrionale, e dopo l’attacco all’Egitto di Ramses III sono rimasti per un certo tempo a Cipro, ivi probabilmente giunti con i profughi di Ugarit. Da Cipro essi, o parte di essi, si diressero verso la Sardegna, alla quale isola diedero il nome. »

L’orientalista Giovanni Garbini, infatti, sottolinea il rinvenimento di ceramica micenea del tipo III C (submicenea) nei siti tradizionalmente distrutti dai Popoli del Mare nel corridoio siro-palestinese. Ciò gli fa ritenere che questi popoli, compresi gli Shardana, pur non essendo tutti originari della Grecia facessero parte di un Commonwealth greco-miceneo, condividendone la tipologia della ceramica. Tale circostanza – secondo Garbini – costituirebbe un consistente indizio archeologico, per individuare l’espansione dei Popoli del mare nel bacino del Mediterraneo, in particolare quando i ritrovamenti della ceramica del tipo miceneo III C, all’analisi neutronica, si rivela non importata ma prodotta sul posto. L’orientalista italiano ritiene che, successivamente al loro insediamento in Palestina, almeno una parte degli Shardana, insieme a gruppi di Filistei si sia stanziato in Sardegna, soprattutto nel litorale sud-occidentale, dove sono emersi un consistente numero di reperti di ceramica submicenea (XI-XII secolo a.C.). Risalirebbe quindi a tale epoca la denominazione attuale dell’isola, derivante dal nome degli Shardana.
L’archeoastronomo Mauro Peppino Zedda, condivide il parere di Giovanni Garbini, escludendo un’identificazione degli Shardana con i costruttori dei nuraghi, in quanto nel 1200 a.C. molti nuraghi furono abbandonati e attorno ad altri si edificarono villaggi, utilizzando parte di essi come materiale da costruzione. Secondo Zedda, gli Shardana (e i Filistei) giunti in Sardegna dall’area egeo-anatolica, si sarebbero insediati in particolare a Caralis, Nora, Bithia e Sulci, ed in seguito a Neapolis, Tharros e Bosa, lasciando il resto dell’isola agli Iliensi, ai Corsi e ai Balari. Effettivamente, uno studio particolareggiato condotto su 632 esemplari dei bronzetti sardi cui faceva riferimento il Childe, ha individuato attorno al XII-XI sec. a.C. l’epoca della apparizione di tali oggetti nell’isola, cioè successivamente al periodo che Zedda definisce più propriamente “nuragico”.

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