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Vymaanika Shastra (Vimana)

Il Vymaanika-Shashtra è un manoscritto che fu dettato dal filosofo Indiano Pandit Subbaraya Sastry nel 1918. Questo incredibile documento, tra l’altro scritto interamente in Sanscrito (lingua degli Dei) e non in Hindi, tradotto successivamente in inglese, già dal titolo esprime la voglia di addentrarsi in un modo lontano 15000 anni dove sembrerebbe essere esistita una realtà tecnologica ai limiti dell’immaginazione.

La traduzione letterale di Vymaanika-Shashtra significa “Pratiche Aeronautiche” od “Astronautiche”, questo stupefacente manoscritto racchiude la tecnologia dei Vimana e a differenza del Ramayana in questo caso non si trattano più poemi e racconti di battaglie tra Dei o leggende varie, questo testo risulta proprio essere un “manuale di costruzione, manutenzione e pilotaggio” di questi antichi velivoli.

Le esposizioni che seguiranno hanno lo scopo di mettere un po’ d’ordine in queste complesse tematiche e di fornire, per quanto è possibile, una chiave di lettura moderna agli antichi testi indiani. Per fare ciò iniziamo ad analizzare il contenuto del manoscritto Vymaanika-Shashtra, lo scopo di questa ricerca è quello di scovare gli elementi di una tecnologia scomparsa e quindi passiamo ad analizzare in linea di massima il contenuto di questo manoscritto.

Alcuni dati tecnici molto dettagliati e interessanti riguardano il sistema di propulsione dei Vimana che pare avvenga per mezzo di motori a combustione interna (nei testi si parla di caldaie) in alcuni casi in altri invece, la propulsione doveva avvenire per mezzo di un propulsore che utilizzava come combustibile il mercurio.

Questo è un dato che forse va interpretato non proprio letteralmente, poiché probabilmente il mercurio veniva utilizzato come accumulatore d’energia. In altri passi del manoscritto si parla di sistemi antigravitazionali controllabili con la forza della mente mediante tecniche di meditazione.

Una parentesi è d’obbligo a questo punto per sottolineare il fatto che soltanto oggi, si stanno compiendo studi in questa direzione. Le Air Force mondiali hanno compreso che per ottimizzare ulteriormente i comandi dei velivoli caccia, riducendo così ulteriormente i tempi che intercorrono tra comando del cervello ed azione meccanica per esempio del braccio, è necessario sviluppare una tecnologia che abbandoni i leveraggi meccanici.

Sono già in fase sperimentale infatti dispositivi di guida dei caccia basati sullo spostamento degli occhi del pilota. I primi velivoli sperimentali dotati di tali apparecchiature elettroniche che leggono la posizione e la forma della pupilla del pilota stanno già volando nei nostri cieli, ma con essi si apre il capitolo che i nuovi piloti dovranno essere addestrati anche per il controllo delle emozioni. Anche se l’uomo “moderno” è arrivato solo nel terzo millennio a sviluppare tecniche di volo basate sulle emozioni nei testi riguardanti i Vimana vi era già traccia.In altri passi del manoscritto indiano viene descritto anche l’interno della cabina di pilotaggio dove si trovano 3 sedili 3 leve e 3 anelli ruotanti questi servivano rispettivamente il primo a sollevare il veicolo, il seconda per dare la direzione, ed il terzo ad accelerarlo.

Probabilmente però uno dei passaggi più interessanti del testo Indiano è quello che descrive le varie leghe che venivano utilizzate per la costruzione dei Vimana nonchè il procedimento impiegato per ottenerle. In proposito proponiamo alcuni passi del manoscritto.

”Shounaka dice che ci sono tre tipi di metalli detti Somaka, Soundaalika e Mourthwika che, opportunamente miscelati, danno origine a sedici tipi di leghe che assorbono molto bene il calore. Manibhadra dice che i metalli che sono luminosi sono adatti per produrre aeroplani e questi metalli sono sedici. Saambara dice ancora che sedici metalli formati da leghe di metalli del gruppo Soma, Soundaala e Mourthwika non sono conduttori di calore e sono utili per costruire vymaana.”.

Il testo continua così:

“Nel settimo strato della terra, nella terza miniera si trovano i metalli della serie Soma. Essi sono di trentotto tipi. Nel Lohatantra o Scienza dei Metalli viene detto anche che nella terza sezione del settimo livello della terra i metalli Soma possiedono cinque speciali qualità e sono detti beejalohas o metalli base” e segue ancora “

Nel settimo livello i metalli sono di ventisette specie. Il terzo tipo di metalli sono detti metalli base ed hanno cinque qualità”. Per interpretare al meglio questa parte del Vymaanika-Shaastra è utile conoscere le regole con cui gli elettroni si distribuiscono attorno ad un nucleo e quindi utilizzare un sistema di classificazione degli elementi come quella della “tabella degli elementi” di Mendeleev.

In chimica si sa che ci sono proprio 7 livelli energetici distinti che possono essere occupati dagli elettroni. Si potrebbe quindi ipotizzare che gli indiani di 15000 anni fa conoscessero i 7 livelli energetici degli elettroni e che evidentemente conoscessero anche le regole con cui gli elettroni si dispongono nello spazio attorno al nucleo. Infatti noi conosciamo 8 modi possibili di sistemare gli elettroni attorno al nucleo di un atomo e per questo abbiamo diviso la tabella di Mendeleev in 8 gruppi.

Ecco un altro passo significativo del Vymaanika-Shaastra:

“La gravità del centro della terra, la gravità della terra globale, il flusso solare, la forza dell’aria, la forza emanante dai pianeti e dalle stelle, le forze gravitazionali del Sole e della Luna e le forze gravitazionali dell’Universo producono i livelli della terra nelle proporzioni 3, 8, 11, 5, 2, 6, 4, 9 e causano l’origine dei metalli”.

La traduzione più plausibile di queste parole del testo, se teniamo come punto di riferimento la chimica e la fisica odierna sarebbe questa:

“Tutte le forze e le interazioni dell’Universo, espresse da leggi fisiche ben precise, hanno formato i diversi metalli che si dividono in otto tipi fondamentali descritti da otto numeri. Ciascun numero sembra descrivere la configurazione elettronica del primo elemento di ciascun gruppo, il 3 è il litio, l’ 8 è l’ossigeno, il 5 è il boro, il 2 è l’elio, il 6 è il carbonio, il 4 è il berillio, il 9 è il fluoro mentre l’11 è il sodio ma al suo posto ci dovrebbe essere l’azoto (N = Nitrogeno)”.

Quest’ultima è l’unica discrepanza che si trova in questo paragrafo del manoscritto. Forse il numero 11 è stato mal ricordato e quindi mal riportato nel libro. Oppure semplicemente mal tradotto. In fondo dopo 15000 anni ci si può anche permettere un piccolo errore. È quindi molto plausibile che 15000 anni fa gli indiani conoscessero molto bene la chimica e la fisica tanto da riuscire a miscelare bene i vari metalli per creare leghe particolari adatte alla costruzione dei Vimana.

Nella letteratura Vedica, sono molte le descrizioni di macchine volanti chiamate Vimana. Il poema epico nazionale indiano, il Mahabharata è un’opera lunga e complessa. Non sono rimaste prove (archeologiche) della tecnologia aerospaziale indiana antica, ma i riferimenti a macchine volanti sono comuni negli antichi testi vedici.

Molte di queste opere descrivono la cronaca di un conflitto con armi potentissime ed avanzate, ed il loro uso in guerra. La scuola europea considera la civiltà umana come qualcosa di recente cominciata ieri da qualche parte in Africa, e finita oggi con la scoperta dell’atomo, concependo la cultura antica come primitiva e selvaggia. è una “superstizione moderna” quella di pensare che l’avanzare verso la conoscenza sia qualcosa di lineare. La nostra visione “della preistoria” è inadeguata. La menzione di aeroplani, ricorre molte volte in tutta la letteratura Vedica. Il verso che segue (tratto dallo Yajur-Veda), descrive il movimento di una di tali macchine:

“Yajur Veda, 10.19 “O ingegnere specializzato, tu che progetti navi oceaniche, spinte da motori ad acqua come quelli usati nei nostri aeroplani, che danno la capacità di alzarsi in verticale oltre le nubi e viaggiare in tutta la regione. Sii tu, prosperoso in questo mondo e vola attraverso l’aria e attraverso la luce”

Il Rig Veda, il documento più antico della storia descrive alcuni di questi mezzi di trasporto:

‘Jalayan‘ è un veicolo progettato per muoversi sia in aria che in acqua. (Rig Veda 6.58.3)

‘Kaara‘ è un veicolo progettato per muoversi sia sulla terra che in acqua. (Rig Veda 9.14.1)

‘Tritala‘ è un veicolo progettato per muoversi nei tre elementi… (Rig Veda 3.14.1)

‘Trichakra Ratha‘ è un veicolo a tre motori progettato per muoversi nell’aria.(Rig Veda 4.36.1)

‘Vaayu Ratha‘ è una veicolo sospinto da un motore ad aria. (Rig Veda 5.41.6)

‘Vidyut Ratha‘ è un veicolo sospinto da un motore potentissimo. (Rig Veda 3.14.1).

Il termine Kathasaritsagara indica operai altamente specializzati, questi potevano essere dei Rajyadhara, esperti in meccanica e in grado di costruire navi oceaniche o dei Pranadhara, esperti nel fabbricare macchine volanti capaci di trasportare oltre 1000 passeggeri. I testi affermano che queste macchine erano capaci di coprire in pochi istanti lunghissime distanze.

“il Ramayana racconta molte storie di astronavi celestiali, dotate di due motori e molte finestre che rombano nel cielo e che sono cosí veloci che sembrano comete. Il Mahabharata e altri libri in sanscrito descrivono dettagliatamente queste astronavi come dotate di motori a fotoni che sfruttando la luce, potevano librarsi nell’aria e raggiungere altri pianeti del sistema solare e andare oltre verso le stelle…”

Dott. Vyacheslav Zaitsev

Appunti puranici sulle antiche macchine volanti

L’Arthasastra di Kautilya (III secolo a.C.) menziona fra gli uomini d’affari e tecnocrati, i Saubhikas o piloti che conducono gli aeroplani in cielo. Saubha era il nome della città aeroportuale del Re Harishchandra e la radice di “Saubika” indica una persona in grado di volare o che sa come pilotare un velivolo. Il saggio Kautilya usa un’altra parola significativa “Akasa Yodhinah” la cui traduzione è: persone addestrate per il combattimento aereo. L’esistenza di carri aerei, di qualsiasi forma, era così nota che trovò posto fra gli editti reali dell’Imperatore Asoka che fu giustiziato durante il suo regno da 256 a.C.

Il Vymaanika Shastra, fa riferimento ad altre 97 autorevoli opere di cui almeno 20 di questi libri, spiegavano i meccanismi delle macchine volanti, purtroppo questi testi sembrano andati irrimediabilmente perduti. Lo Yuktikalpataru di Bhoja, include un appunto sulle macchine volanti nei versi 48-50.

Questo confermato da un commento all’opera datato 1870 D.C., che appartiene all’Università di sanscrito di Calcutta. Siamo quindi in possesso di materiale manoscritto che testimonia l’esistenza di Vimana o aerei nell’India antica i quali seguivano la rotta occidentale, verso il Mare Arabico, l’Africa, Oceano Atlantico, l’America Latina, ecc., e queste erano solo le rotte più brevi. è probabile che delle navi avessero seguito la stessa rotta via mare, ma la maggior parte delle navi da carico, comunque dovevano seguire rotta più lunga attraverso l’Oceano pacifico, Indonesia, Polynesia, America Latina a causa dei venti e delle correnti equatoriali che rendevano più facile la navigazione. 

E se gli antichi indiani potevano vantarsi di una forma di viaggio attraverso il cielo, questo fa si che le linee di Nazca in Peru acquisiscano un altro significato. Quindi non solo referenze scritturali di aerei e le loro rotte di navigazione, ma anche i luoghi di atterraggio sarebbero stati segnalati nei contorni aggrovigliati delle figure della Pampa di Nazca. Maria Reiche, una scienziata tedesca, studiò con dedizione e a fondo questi disegni, li preservò dalla distruzione e li pubblicò di fronte al mondo. è probabile che le figure enormi che sono visibili dal cielo avrebbero aiutato gli antichi piloti (Saubhikas) dell’India ad atterrare in Peru. Le linee di Nazca in Peru sembrano dei segnali di atterraggio per aerei o Vimana.

Ci sono molti indizi nei testi in lingua sanscrita sul Vimana indiano che porta re e dignitari a Pataldesa. Il Ramayana descrive il volo di Ravana da Varunalaya (Borneo) a Rasatala (Perú). Il Professor D. K. Kanjilal descrive la storia del Matsya Purana (capitolo 129) e dei Vimana dell’India Antica con le seguenti parole: “Dietro al velo di leggenda esce la verità scientifica che tre basi aeroportuali furono costruite ed usate da strani esseri. Una in un’orbita stazionaria, un altra mobile nel cielo e la terza collocata permanentemente sulla superficie terrestre.

Queste erano simili alle moderne stazioni spaziali raggiungibili ad una particolare ora da una latitudine e longitudine prefissata. La freccia di Shiva (di cui parla il testo), si riferisce ad un missile ardente lanciato da un satellite in orbita che va a colpire una nave spaziale facendola cadere nell’oceano indiano. Le vestigia di un’antica civiltà prosperosa, distrutta in battaglie, affiora attraverso queste antiche storie”. Questi appunti confermano l’uso di qualche genere di veicolo volante noto come Vimana di invenzioni meccaniche, carri armati, missili, ecc.

Questi mezzi che sembravano strani e non-scientifici, in un recente passato sono stati eguagliati dalla tecnologia umana tramite l’innovazione di armi estremamente sofisticate e di satelliti spaziali come il Mariner, Vostok, Soyuz, Aryabhatta, ecc. Questi fatti richiedono più di un semplice e passeggero pensiero. Le macchine volanti furono designate nel Rig Veda col nome di Ratha (veicolo). Ecco come viene generalmente descritto. La sua forma è triangolare ed è pilotato da almeno tre persone (Tribandhura).

Possiede tre ruote (che probabilmente rientrano durante il volo). Il carrello possiede tre supporti, uno per ruota. Il materiale di costruzione è composto da una lega di oro, argento e ferro. La carrozzeria e tenuta insieme da speciali ribattini. Usa tre tipi di combustibile, viaggia molto veloce sfrecciando come un uccello nel cielo volando alto verso il Sole e la Luna e al suo atterraggio emette un grande frastuono. I testi vedici, affermano che il suo colore è simile a quello dell’oro e bello da vedersi.

Riferimenti dalla letteratura antica

“oltre al Vymaanika Shashtra, il Samarangana Sutradhara e lo Yuktikalpataru di Bhoja, ci sono circa 150 versi nel Rigveda, nello Yajurveda e nell’Atharvaveda, molti passaggi letterari che appartengono al Ramayana, al Mahabharata, ai Purana, al Bhagavata ed al Raghuvamsa e degli spunti nel Darma Abhijnanasakuntalam di Kalidasa, nell’Abimaraka di Bhasa, nel Jatalas, nella Letteratura di Avadhana, nel Kathasaritsagara e in molte di queste opere sono contenuti grafici di macchine volanti, spiegazioni riguardo al loro funzionamento e descrizioni delle rotte di volo…”

Professor Dileep Kumar Kanjilal nel suo libro, “Vimana nell’India Antica

Il Ramayana usa entrambi i termini di “Vimana” e “Ratha”:

“Egli Sali a bordo del Khara (aeroplano) che era decorato con gioielli e visi oscuri e si allontanò con un rumore che assomiglia al tuono delle nubi durante un temporale… Lei potrà andare dove vuole, dopo che io e Sita attraverso un volo aereo avremo raggiunto l’isola di Lanka’ Quindi Ravana e Maricha salirono a bordo del loro aereo (Vimana), grande quanto un palazzo e lasciarono quel luogo. Poi quegli esseri, fecero salire Sita sull’aereo e si diressero verso la foresta di Ashoka e dall’alto le fu mostrato il campo di battaglia. Quell’aereo, con grande frastuono si era innalzato nel cielo.”

Dal Ramayana (Kamagam ratham asthaya… nadanadipatim

Riferimenti ad aerei e ad astronavi, li possiamo trovare anche nel Mahabharata. Il libro parla di queste macchine volanti, descrivendo circa 41 avvistamenti in luoghi diversi e in modo particolare parla dell’attacco di Salva all’antica capitale indiana (Dwaraka).

“Il re Salva aveva possedeva una aereo noto come Saubha-pura, con il quale bombardò Dwaraka con una pioggia di bombe e missili. Krishna l’inseguiva, Salva si diresse verso l’Oceano, poi con una virata raggiunse di nuovo la terra ferma. Fu una lotta difficile, una battaglia ad un Krosa (approssimativamente 12000 metri) di altezza sopra del livello del mare. Krishna lanciò un potente missile che colpì l’aereo, il quale si frantumò e precipitò in mare”

Dal MahabharataQuesta vivida descrizione dell’attacco aereo all’antica capitale indiana è descritto anche nel Bhagavata Maha Purana. Dove troviamo dei riferimenti a missili, sofisticate macchine da guerra e invenzioni meccaniche, molto simili ai Vimana descritti nel Mahabharata.

Disegno del Sundara Vimana (sezione verticale)

La civiltà indiana:

I manoscritti dell’imperatore Asoka, sono gli archivi piú interessanti per istaurare una ricerca sull’esistenza di aerei e astronavi che gli indiani chiamavano Vimana. L’esistenza di macchine volanti (di qualsiasi forma), era cosí nota agli antichi indiani, tanto che queste trovarono posto tra gli editti reali dell’Imperatore Asoka, scritti durante il suo regno 256 – 237 a.C. Perfino nel Kama Sutra di Vatsyana, troviamo riferimenti ad invenzioni meccaniche originate dalle 64 scienze ausiliarie.

L’Arthasastra di Kautilya (III° secolo A.C.), è un opera che tratta principalmente di economia e politica, ma in esso sono contenute anche informazioni di carattere scientifico e spesso fa riferimento agli ingegneri meccanici e piloti noti come Saubhika… Una discussione riguardo all’esistenza e all’uso di macchine volanti nell’India antica, deve essere supportata da una profonda conoscenza della cosmogonia indiana.

Uno studio accurato della letteratura vedica, mostrerà che questa non era solo una raccolta di poesie primordiali, ma una letteratura varia appartenente ad una società potente e dinamica dove le persone avevano la conoscenza del vapore, delle nubi, delle stagioni, dei diversi tipi di vento, della forza del vento che soffia a diverse altezze, della distesa del cielo e così via.

Nel Rigveda 1.101.4, troviamo riferimenti a tre tipi di nuvole, composte da fumi e vapori, abbiamo l’esempio dell’acqua che attraverso il calore evapora trasformandosi in nubi. Molti concetti meteorologici indiani sono stati ripresi da versi contenuti nel Rigveda. Dileep Kumar Kanjilal conclude la sua ricerca dicendo:

Vimana nell’India Antica “Col passare del tempo ed a causa di eventi storici e calamità naturali, le macchine volanti andarono perdute insieme ai segreti della loro costruzione”.

La discontinuità della conoscenza tecnica di una scienza particolare, in un noto periodo storico, non è un fatto impossibile, ció è stato dimostrato dall’incapacità di esaminare la natura del ferro del pilastro di Chandraketu che tutti possiamo vedere nell’odierna Delhi. Hiuentzang, un pellegrino cinese del VII secolo d.C. fece precisi riferimenti a 7 palazzi storici, dei quali non rimane piú nessuna traccia. 

Sir P. C. Roy, aveva mostrato che durante il periodo che va dal 1509 alla fine del III secolo a.C., si conoscevano metodi di lavorazione su vasta scala di metalli come oro, argento, rame, ferro, latta, piombo, mercurio e la lavorazione di leghe come ottone, bronzo, e altre che come base avevano oro ed argento mischiati a materiali più vili. Grandi varietà di minerali, gemme e pietre preziose sono state descritte dettagliatamente da Kautilya.

Anche la conoscenza del processo di fermentazione giunse ad un livello molto avanzato. Con uno stato estremamente sviluppato di civiltà che fiorisce nell’arte, nella letteratura, nella storia, nella medicina, nell’alchimia, nella chimica, nella fisica, nella matematica, nell’astronomia, nell’astrologia, nella geologia, nel commercio, nell’agricoltura e nelle costruzioni navali, è naturale pensare che il genere di macchine volanti, descritte dalla letteratura sanscrita, con tutta probabilità erano conosciute. Dai tempi di Panini ai tempi di Bhoja, abbiamo visto fiorire grandi università come quelle di Taxila, Valabhi, Dhar, Ujjain, Visala, ecc.. Gli annali di storia c’informano che i saccheggi da parte delle tribú straniere cominciarono solo dopo il II secolo d.C.

Due secoli dopo cominciarono ad ondate, gli attacchi da parte di orde straniere, quali: arabi, turchi, afgani, ecc.. Tutte le università conosciute e i centri del sapere come: i Templi, i Viharas ed i Bhandaras che contenevano libri e tesori inestimabili dell’eredità indiana dovettero sostenere il fuoco e la furia dei predatori. In questo oscuro firmamento di devastazione e incertezza, ci furono gli sforzi del re Bhoja che nel 12mo secolo, tentò la compilazione di numerosi testi. Molte scoperte attribuite ad afgani, turchi, arabi ecc., sono state ereditate dalle opere letterarie dell’antica India. Un esempio lo abbiamo in quello che noi chiamiamo i “numeri arabi”, che di fatto sono “indiani”, ma che sono giunti a noi a attraverso gli arabi.

Gli aerei chiamati Puspaka-vimanaLa designazione originale della macchina volante era “Ratha”, che cedette il posto al termine “Vimana”. Il Samarangana Sutradhara suggerisce che il disegno dell’aereo fu imitato per costruire palazzi e soprattutto templi. Come indicato da Sayana gli aerei venivano costruiti per gli Dei (esseri alieni provenienti dallo spazio esterno).

La conclusione ovvia è che Esseri Celesti provenienti da altri mondi visitarono la Terra lasciandoci in eredità la loro tecnologia. Il testo del Rigveda che va dal primo al decimo Manadal, chiama le macchine volanti Ratha. Lo Yajurveda che è considerato posteriore al Riveda, chiama le macchine volanti Vimana. Tali veicoli erano multiformi. A questi, il modello triangolare e quello quadrangolare sopravvissero, a causa della loro praticità d’uso. I Puspaka erano gli aerei più usati per la loro manovrabilità. Nei testi vedici la forma di questi aerei viene descritta come triangolare. Con un area interna molto vasta e che potevano trasportare fino a 8 persone d’equipaggio.

Un tipo di ala triangolare, che spuntava da una superficie conica, lo rendeva stabile e facilmente manovrabile. Nel Mahabharata, le descrizioni delle città aeroportuali sembrano indicare un grado altissimo di tecnologia erano abilissimi nel far decollare gli aerei sopra le nubi e molto probabilmente fino alla zona dell’esosfera. Sopra il sigillo del re Husbika, troviamo l’effige del tempio di Harmika-sira, fatto costruire nel primo secolo avanti Cristo nella città di Buddha-gaya, una costruzione conica su base rettangolare.

Il Tempio di Virupaksa a Pattakada, costruito nel 740 D.C. possiede una base rettangolare allungata, che si sviluppa in una forma affusolata e ottagonale. La somiglianza strutturale dei templi con un elicottero moderno da ragione al Samarangana Sutradhara che tali templi furono progettati su modelli di macchine volanti. Anche il gigantesco tempio di Konaraka, di base rettangolare che si innalza formando un ottagono, sembra l’astronave di Surya (il Dio del Sole) descritta dai Purana (libri storici).

Articolo di Redazione AG

Fonte Vymaanika-Shastra (traduzione a cura della redazione terralab)

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